Secondo gli ermellini, è infatti sufficiente che il comportamento del lavoratore sia potenzialmente idoneo a pregiudicare il percorso terapeutico: la valutazione va compiuta ex ante, sulla base del pericolo ipotetico e non dell’effettiva compromissione del recupero fisico.
Il caso concreto: gita al mare durante la malattia e licenziamento convalidato
La vicenda ha riguardato un operaio edile, in malattia per un problema al braccio occorsogli in cantiere. Durante il periodo di malattia, nonostante la prescrizione di riposo assoluto, l’uomo veniva immortalato da un investigatore privato mentre guidava uno scooter per raggiungere la spiaggia. Un comportamento, questo, ritenuto gravemente scorretto e incompatibile con le esigenze di riposo dal datore di lavoro, che ha deciso di risolvere il rapporto per giusta causa.
Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, la quale aveva considerato eccessiva la sanzione, sostenendo che spettasse al datore dimostrare un peggioramento concreto della patologia.
Comportamento scorretto e violazione del dovere di buona fede
Per la Suprema Corte, l’aspetto rilevante non è l’effettivo peggioramento della salute, ma il venir meno ai principi di correttezza, diligenza e buona fede previsti dal Codice Civile e, in particolare dagli artt. 1175, 1375, 2104 e 2105. Anche in malattia, dunque, il dipendente è tenuto a rispettare gli obblighi connessi al rapporto di lavoro.
Non tutte le attività extralavorative sono vietate
La Cassazione sottolinea che non esiste un divieto assoluto, per chi è in malattia, di dedicarsi ad altre occupazioni o passatempi. Tuttavia, è essenziale che tali attività non interferiscano con la cura o ritardino la guarigione. Emblematico, in tal senso, un altro caso (ordinanza n. 30722/2024) in cui è stato ritenuto lecito il comportamento di un lavoratore colpito da depressione che, durante la malattia, si era esibito cantando in un piano bar. I giudici hanno riconosciuto che quell'attività aveva effetti benefici sul percorso terapeutico.
Giurisprudenza consolidata: i precedenti che confermano il principio
La decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato, che comprende anche le sentenze n. 15621/2001, n. 6047/2018 e n. 13063/2022. In tutte si evidenzia come il lavoratore in malattia conservi l’obbligo di mantenere una condotta conforme ai doveri contrattuali, anche se non svolge la propria mansione. Inoltre, l’ordinanza n. 12152 del 6 maggio 2024 ha precisato che i lavoratori assenti per ragioni di salute possono svolgere attività alternative, purché queste non siano controindicate dal punto di vista clinico e non comportino ritardi nel rientro al lavoro.