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Condominio, l'inquilino rumoroso può essere mandato via, basta anche un solo episodio: ecco la nuova sentenza

Condominio, l'inquilino rumoroso può essere mandato via, basta anche un solo episodio: ecco la nuova sentenza
Scopri quando un inquilino molesto può portare alla risoluzione del contratto di affitto. Una recente sentenza del tribunale di Bergamo apre la strada ai proprietari di appartamenti
Avere un immobile in affitto non significa automaticamente dormire sonni tranquilli. Tra inquilini morosi, spese impreviste e rendimenti non sempre all'altezza, il rischio di trasformare un'entrata passiva in una costante preoccupazione è concreto. Tuttavia, buone notizie arrivano dalla giurisprudenza, perché la sentenza 812/2025 del tribunale di Bergamo ha stabilito che il proprietario-locatore può ottenere dal giudice la risoluzione del contratto, in caso di molestie arrecate all'inquilino (e dalla sua famiglia) ai vicini di casa.

La decisione giudiziaria in oggetto non è la prima di questo tenore, considerato che - già in passato - la Corte di Cassazione (si pensi alla sentenza 22860/2020) era stata dello stesso avviso. In particolare, per molestia in condominio si intende qualsiasi azione di un inquilino che rechi fastidio e comporti disturbo alla tranquillità, alla proprietà o al godimento delle parti comuni o private altrui, superando il limite della normale tollerabilità di cui all'art. 844 del c.c. e di cui va fatta valutazione anche in base al contesto (urbano o rurale, orari, frequenza del disturbo ecc.).

Perciò rumori fastidiosi, odori, fumi, vibrazioni, urla, uso improprio degli spazi comuni, comportamenti invadenti, oppure azioni mirate a limitare illegittimamente l'uso di beni altrui sono tutti esempi di possibili molestie che - come ribadito dal tribunale di Bergamo - possono portare alla risoluzione del contratto di locazione, per grave inadempimento del conduttore. Come accertato nel corso del procedimento giudiziario che ha portato alla citata decisione, la locataria - insieme al partner convivente e al figlio - aveva disturbato la quiete del vicinato con plurimi schiamazzi e altre azioni di disturbo. La situazione era diventata insopportabile, tanto che altri condomini avevano scelto di andare a vivere altrove per ritrovare un clima di pacifica convivenza civile.

In questi casi, l'inquilino dà luogo a un inadempimento contrattuale per abuso della cosa locata nei confronti del proprietario-conduttore, ossia una condotta che non può restare senza conseguenze. Ebbene, i proprietari dell'appartamento chiesero al giudice di accertare la situazione e di dichiarare la risoluzione per l'acclarato inadempimento contrattuale, dovuto alla violazione - nello specifico - dell'art. 1587 del c.c. sugli obblighi principali del conduttore. Quest'ultimo, infatti, oltre a versare il corrispettivo nei termini convenuti, deve avere la diligenza del buon padre di famiglia nell'utilizzare la cosa locata per l'uso stabilito nel contratto o - in assenza - per quello presumibile in rapporto alle circostanze.

Il giudice diede ragione ai proprietari grazie alle varie testimonianze raccolte in corso di causa, le quali inchiodarono i locatari alle loro responsabilità civilistiche. In tribunale furono infatti accertati distinti abusi, ossia la manomissione di impianti comuni (caldaia, contatore del gas), i danneggiamenti (finestre, cassette postali), la violazione della privacy degli altri condomini (corrispondenza gettata via), l'occupazione abusiva degli spazi comuni e i comportamenti aggressivi verso il vicinato.

Peraltro, con la sentenza 22860/2020 la Cassazione aveva già spiegato che è sufficiente anche un solo episodio di particolare gravità, per integrare l'inadempimento contrattuale rilevante ai fini della risoluzione del contratto di locazione ai sensi dell'art. 1453 del c.c.. Ciò che ha rilievo è, infatti, l'effettiva idoneità della condotta, in sé considerata, a nuocere al rapporto di locazione.

Non a caso, quasi quarant'anni fa (sentenza 6751/1987) la Suprema Corte già spiegava che: "il comportamento del conduttore che, personalmente od a mezzo delle persone con lui conviventi, provoca molestie di fatto agli altri inquilini del fabbricato (nella specie, con rumori eccessivi, fastidi da parte dei figli, etc.) costituisce inadempimento contrattuale per abuso della cosa locata (art. 1587 c.c.) nei confronti del locatore, dovendo questo rispondere verso gli altri inquilini per fatto proprio, ove tolleri tali molestie".

Nel caso giunto all'attenzione del tribunale di Bergamo, si ribadisce inoltre il principio per cui spetta soltanto al giudice del merito valutare la gravità dell'inadempimento del contratto, al fine di pronunciarne la risoluzione. Concludendo, quanto abbiamo visto sopra suggerisce che i proprietari/locatori faranno sempre bene a includere - nel testo del contratto di locazione - una specifica clausola, per cui accertate molestie al condominio porteranno alla risoluzione contrattuale con conseguente liberazione dell'immobile.

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