Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 2780 del 15 marzo 1996

(13 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della legge penale anche la Comunità economica europea (CEE), il cui strumento finanziario di attuazione della politica agricola è il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (Feoga), deve essere considerata come un ente pubblico del nostro ordinamento oltre che di quello comunitario. (Principio affermato con riferimento a fattispecie di truffa aggravata ai sensi dell'art. 640, comma 2, n. 1, c.p.).

(massima n. 2)

Anche nel vigente codice di procedura penale la rinnovazione del giudizio in appello è istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti.

(massima n. 3)

È configurabile la circostanza aggravante di cui all'art. 640, comma 2, n. 1, c.p., nella truffa consistita nel procurarsi elargizioni della CEE nel settore agricolo, in quanto il danno diretto e immediato viene subito dall'Aima, ente pubblico italiano preposto alle erogazioni di sua competenza a valere su fondi che, quantunque forniti dalla Comunità europea, sono iscritti nel suo bilancio.

(massima n. 4)

È legittima l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di prospetti riassuntivi di attività di polizia giudiziaria, elaborati da ufficiale di P.G. che, esaminato come testimone, ad essi abbia legittimamente fatto riferimento nel corso della deposizione, consultandoli in aiuto della memoria.

(massima n. 5)

In tema di applicazione dell'indulto a reati unificati con il vincolo della continuazione - sia nell'ipotesi in cui, in ragione del titolo, alcuni tra i reati unificati siano esclusi e altri compresi nel provvedimento di clemenza, sia nella diversa ipotesi in cui alcuni reati siano commessi prima e altri dopo il termine di efficacia previsto nel decreto di concessione del condono - il reato continuato va scisso al fine di applicare il beneficio a quei reati che vi rientrano, a meno che diverse disposizioni al riguardo siano dettate dal singolo provvedimento di clemenza.

(massima n. 6)

In tema di corruzione, il concetto di proporzione - da intendersi nel senso di mancanza di sproporzione manifesta tra la prestazione del privato e quella del pubblico ufficiale - riguarda soltanto la corruzione impropria prevista dall'art. 318 c.p., che si riferisce alla «retribuzione non dovuta» per il compimento di un atto dell'ufficio, e non pure la corruzione propria, prevista dall'art. 319 stesso codice, relativa al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio, in cui non si fa riferimento al concetto di «retribuzione», essendo sufficiente che la datio sia correlata all'atto contrario ai doveri di ufficio che il pubblico ufficiale, per l'accordo intervenuto, deve compiere o ha compiuto. (Fattispecie relativa al regalo di un'imbarcazione di lusso con relativo motore ricevuto da un pubblico ufficiale per una complessa attività di falsificazione finalizzata a truffe di privati in danno dell'Aima).

(massima n. 7)

In tema di procedimenti che proseguono con l'osservanza dell'abrogato codice di procedura penale, dopo la dichiarazione di nullità, per difetto di motivazione, dell'ordinanza di rinvio a giudizio, il procedimento rimane sempre lo stesso, ancorché regredito alla fase delle indagini preliminari, e pertanto conservano la loro efficacia gli atti di polizia giudiziaria e gli atti istruttori già compiuti, tra i quali va annoverata la comunicazione giudiziaria di cui all'art. 304 c.p.p. 1930. Ne consegue che non occorre inviare ex novo all'imputato l'informazione di garanzia di cui all'art. 369 c.p.p., peraltro superata dalla già intervenuta contestazione degli addebiti con l'ordinanza, poi annullata, del giudice istruttore.

(massima n. 8)

In tema di reato continuato, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione, ma il tempo necessario a prescrivere è quello previsto per i singoli reati in continuazione.

(massima n. 9)

La circostanza che secondo la normativa CEE-Aima il diritto al premio spettante agli utilizzatori acquirenti di tabacco direttamente dai produttori, per l'attività di trasformazione del prodotto greggio destinata all'esportazione, maturi quando il tabacco esce dal magazzino del trasformatore munito di tutta la documentazione degli organi di controllo Aima non esclude che il delitto di truffa (o quello ex art. 2, L. n. 898 del 1986) si consuma solo quando il premio viene effettivamente corrisposto, potendosi, prima di tale momento, parlare soltanto di tentativo. (Principio affermato con riferimento a una fattispecie di falso ex art. 490 c.p. strumentale alla truffa, in cui la difesa, al fine di sostenere la corrispondenza al vero delle attestazioni del controllore Aima, aveva dedotto che, poiché la normativa CEE-Aima stabilisce che il premio matura in un momento precedente i controlli doganali, e precisamente quando il tabacco esce dal magazzino con tutta la documentazione di riscontro redatta e vidimata dagli organi di controllo dell'Aima, i controlli doganali avverrebbero post delictum, e cioè dopo la consumazione del delitto di truffa).

(massima n. 10)

La facoltà dell'ufficiale o dell'agente di polizia giudiziaria, esaminato come testimone, di servirsi dei verbali e degli altri atti di documentazione delle attività compiute dalla polizia giudiziaria, deve ritenersi estesa, dopo la sentenza n. 24 del 1992 della Corte costituzionale, ai verbali delle dichiarazioni acquisite da testimoni. (Fattispecie relativa all'utilizzazione di dichiarazioni rese da ufficiale di P.G. in ordine a prospetti, da lui redatti, contenenti dati numerici relativi a quantitativi di tabacco ceduti da singoli produttori a società commerciale, risultata destinataria di premi da parte dell'Aima. Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto che quelle dichiarazioni costituivano una forma di consultazione in aiuto della memoria, secondo quanto dispone l'art. 499, comma quinto, c.p.p. e non integravano violazione del divieto di lettura di cui all'art. 514 stesso codice, in quanto l'acquisizione al giudizio di elementi contenuti in quei prospetti avveniva per il tramite dell'esame e del controesame del testimone, con piena garanzia del contraddittorio e, quindi, dei diritti della difesa).

(massima n. 11)

Le bollette di accompagnamento emesse da funzionario Aima nell'esercizio delle funzioni demandategli ai fini del controllo previsto dal D.M. 31 marzo 1979 sono atti pubblici, in quanto attestano una personale attività di verifica e controllo da parte del pubblico ufficiale e fanno parte di un iter amministrativo che ha come esito finale l'erogazione dei premi Aima. Ne consegue che la loro distruzione integra il reato previsto dall'art. 490 c.p. (Fattispecie relativa a sparizione, dal bollettario ricevuto in consegna da funzionario Aima, di copie di bollette, relativamente alle quali la S.C. ha ritenuto infondato l'assunto difensivo della non punibilità — basato sul rilievo che la tutela penale avrebbe riguardato solo gli originali — osservando che le cosiddette «copie» delle bollette in questione nella realtà tali non sono, giacché esse sono emesse a norma dell'art. 1 del D.M. 29 novembre 1978, in più originali o duplicati, dei quali la copia che resta nel bollettario dell'ufficio ha la stessa natura giuridica dell'originale).

(massima n. 12)

Per fatti anteriori alla modifica introdotta con l'art. 73, L. 19 febbraio 1992, n. 142, il reato di frode comunitaria, previsto dall'art. 2, L. 23 dicembre 1986, n. 898, ha carattere sussidiario rispetto a quello di truffa aggravata. Ne consegue che esso è configurabile solo quando il soggetto si sia limitato semplicemente all'esportazione di dati e notizie falsi, e non anche quando alle false dichiarazioni si accompagnino artifici e/o raggiri di altra natura, che integrano, invece, il delitto di truffa aggravata. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la Suprema Corte ha affermato che la fattispecie di cui al citato art. 2, menzionando soltanto l'esposizione di dati falsi senza aggiungere «o altri artifizi o raggiri», rivela chiaramente che la norma, nel vastissimo ventaglio di possibili artifizi e raggiri, ha enucleato quello di gravità minore, rappresentato dalla semplice «esposizione di dati e notizie falsi» e soltanto a tale condotta, non accompagnata da ulteriori «malizie» dirette all'induzione in errore del soggetto passivo, ha inteso collegare conseguenze più favorevoli in termini sanzionatori di quelle previste per il delitto di truffa).

(massima n. 13)

Una volta operata la scissione del reato continuato al fine di procedere all'applicazione dell'indulto ai fatti commessi anteriormente al termine di efficacia previsto nel decreto di concessione, i fatti riacquistano la loro autonomia, onde è possibile che quelli commessi successivamente a quel termine integrino causa di revoca del condono applicato alle pene inflitte per quelli commessi in precedenza. (Fattispecie relativa all'applicazione del D.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865, in ordine alla quale la Suprema Corte, nell'enunciare il principio di cui in massima, ha ritenuto infondata la tesi difensiva, secondo la quale la revoca dell'indulto sarebbe stata ammissibile solo in caso di sua già avvenuta applicazione, anche perché essa creerebbe disparità di trattamento tra chi viene condannato con la stessa sentenza per tutti i fatti in continuazione e chi, invece, per altri fatti ritenuti in continuazione, viene condannato con sentenza successiva a quella che ha applicato il condono).

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