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Separazione, non spetta la casa familiare se i figli vivono altrove, la condizione economica non conta: nuova sentenza

Separazione, non spetta la casa familiare se i figli vivono altrove, la condizione economica non conta: nuova sentenza
La Corte è tornata sull'argomento con due recenti provvedimenti, ribadendo il no all'assegnazione per esigenze economiche dell'ex coniuge richiedente
Con due recenti provvedimenti – le ordinanze n. 13138/2025 e 12249/2025 – la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema delicato e spesso oggetto di controversie nei procedimenti di separazione e divorzio: l’assegnazione della casa familiare.
L’orientamento è ormai consolidato e la regola è granitica: la casa familiare può essere assegnata solo se, alla base di tale assegnazione, vi sono le esigenze e gli interessi concreti dei figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti. Non è, invece, ammissibile che l’assegnazione venga disposta per motivazioni riconducibili alle esigenze economiche del coniuge meno abbiente.

L’assegnazione dell’abitazione familiare è disciplinata dall’art. 337 sexies del c.c., ove è statuito che il godimento della casa familiare viene attribuito tenendo conto dell’interesse prioritario dei figli. Non si tratta, dunque, di un’ambizione riconosciuta al coniuge economicamente più svantaggiato, ma di una misura che ha come unico obiettivo quello di garantire stabilità e continuità ai figli nel loro ambiente domestico.

Questo principio è stato ribadito recentemente dalla Cassazione, con due provvedimenti sulla stessa materia a distanza di poco tempo. Nella più recente ordinanza n. 13138 del 13 maggio 2025, la Corte ha stabilito che la casa familiare non può essere assegnata se i figli non vi abitano stabilmente, anche se il loro desiderio è quello di tornarvi in futuro, o se il genitore richiedente si trova in difficoltà economica. In quel caso specifico, infatti, a mancare era proprio il presupposto fondamentale, quale l’effettiva convivenza tra il genitore richiedente e i figli nell’immobile in questione.

Nello stesso senso è orientata l’ordinanza n. 12249 del 9 maggio 2025, nella quale la Cassazione ha confermato che l’assegnazione della casa familiare mira a tutelare esclusivamente l’interesse dei figli a conservare l’habitat domestico, evitando così di stravolgere le proprie abitudini di vita. La Corte ha inoltre aggiunto che qualunque altra esigenza, anche economica, del genitore richiedente resta estranea al giudizio sull’assegnazione della casa familiare.
In sostanza, la sola condizione economica del genitore non può mai essere di per sé sufficiente a giustificare l’assegnazione della casa familiare, se non è unita alla concreta esigenza di tutelare la stabilità abitativa dei figli.

Le due ordinanze tracciano con chiarezza i confini giuridici entro cui può muoversi il giudice quando deve decidere a chi assegnare l’abitazione familiare:
  • l’assegnazione è possibile solo se i figli vivono stabilmente nella casa o vi fanno ritorno con regolarità;
  • il genitore che convive con i figli può ottenerne l’assegnazione, purché la sua esigenza sia quella di tutelare la prole e mai esigenze personali;
  • se i figli hanno lasciato definitivamente quella casa, non sussiste più alcuna esigenza da tutelare attraverso l’assegnazione.
Inoltre, è bene sottolineare che, anche laddove vi sia un provvedimento che assegni la casa familiare all’ex coniuge richiedente, la situazione può mutare nel tempo. Invero, se i figli iniziano a vivere altrove o diventano economicamente autosufficienti, il genitore che ha beneficiato dell’assegnazione può essere tenuto a liberare l’immobile, su richiesta dell’altro coniuge.

Queste pronunce segnano un’ulteriore tappa nel consolidamento della giurisprudenza sull’assegnazione della casa familiare. Il messaggio è inequivocabile: l’assegnazione della casa familiare segue gli interessi dei figli, non dei genitori.

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