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Il regime dell'invaliditā delle delibere condominiali

Il regime dell'invaliditā delle delibere condominiali
Chiarito il rapporto tra le forme di invalidità che riguardano le delibere condominiali abbracciando, diversamente rispetto al contratto, l'annullabilità come paradigma generale.
Con la pronuncia n. 9838 del 2021, le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a districare un dibattito che da anni sollecita non pochi dubbi tra gli interpreti: l'invalidità delle delibere condominiali. Prima di esaminare nel merito l'approdo a cui è giunta la Suprema Corte, appare opportuno precisare che, come è noto , all'interno del Titolo II del Libro IV del c.c., la nullità ex art. 1418 del c.c. rappresenta il paradigma generale dell'invalidità; l'annullabilità, ex art. 1425 del c.c. e ss. è invece individuata in casi tipici e tassativi, non essendo ammessa una forma di annullabilità c.d. virtuale. Ciò tuttavia non deve portare, in omaggio ad un apodittico principio di simmetria giuridica, a pensare che il paradigma dell'invalidità contrattuale sia speculare ed assimilabile a quello di altri atti o negozi giuridici, dovendo l'interprete sempre tenere conto del contesto in cui operano i paciscienti e dei principi generali che governano quella particolare materia.

Ciò posto, il problema è stato affrontato proprio in materia di delibere condominiali perchè l'art. 1137 del c.c., nonostante faccia esplicito riferimento alla possibilità per i condomini dissenzienti di richiedere l'annullamento della delibera condominiale a decorrere da trenta giorni rispettivamente decorrenti dalla deliberazione o dalla comunicazione (se il condomino era dissenziente), non indica precisamente quali siano i motivi di annullamento ovvero quelli di nullità. Nel districare i dubbi sollevati dall'ambiguità normativa, le Sezioni Unite, enunciando un importantissimo principio di diritto, hanno affermato che sono affette da nullità le delibere condominiali che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali; che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o giuridico e da ultime quelle che posseggono un contenuto illecito in quanto contrastano con norme imperative, con l'ordine pubblico e con il buon costume. Al di fuori di questo preciso perimetro, si riespande il regime dell'annullabilità sicchè le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e la relativa azione deve essere esercitata nei modi e nei termini di cui all'art. 1137 del c.c..

Per l'effetto di tale pronuncia, le Sezioni Unite prendono dunque posizione nella materia de quo: a differenza del congegno contrattuale ex art. 1321 del c.c., è l'annullabilità a costituire il paradigma generale dell'invalidità mentre le ipotesi di nullità sono circoscritte a forme residuali in cui probabilmente ab origine è inconfigurabile il concetto fenomenico stesso di delibera. Partendo da tale principio di diritto, la Corte ha per l'effetto risolto la questione sottoposta al suo scrutinio avente ad oggetto un giudizio di opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali. Per l'effetto, si afferma che, in tali ipotesi, il giudice potrà sindacare la nullità della delibera assembleare sia ove la stessa sia stata dedotta dalla parte sia ove rilevata di ufficio e che, il relativo giudizio, potrà estendersi anche all'annullabilità purchè sia stata proposta in via di domanda riconvenzionale nell'atto di citazione di opposizione. Si segnala al lettore che tale pronunzia non solo è importante per l'indubbia portata definitoria del regime dell'invalidità delle delibere assembleari, ma risulta apprezzabile anche in punto di analisi economica del diritto. Segnatamente, la sentenza è espressione di tutela del principio di economia processuale, ritenendo ammissibile la domanda riconvenzionale di annullabilità ne medesimo giudizio, laddove un precedente indirizzo interpretativo della Corte di Cassazione aveva ritenuto possibile solo in un separato giudizio.


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