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Annullabilità del contratto per minacce: l'azione si prescrive in 5 anni dalla cessazione della minaccia

Annullabilità del contratto per minacce: l'azione si prescrive in 5 anni dalla cessazione della minaccia
Il contraente che assuma di aver stipulato un contratto a seguito della minaccia di un male grave e ingiusto ha l'onere di esercitare l'azione di annullamento entro il termine di 5 anni, decorrente da quando la minaccia è cessata.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15780 del 2014, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di annullabilità del contratto.

Nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, la ex custode di uno stabile condominiale aveva agito in giudizio nei confronti del condominio, al fine di veder dichiarato invalido il contratto di locazione che la stessa aveva concluso con il condominio stesso, in quanto la sottoscrizione di tale contratto le sarebbe stata estortacon minaccia di un danno grave e ingiusto”.

La custode precisava di essere stata assunta nel 2000 e di aver svolto le sue mansioni fino al 2006, quando, nell’attività di custode, era subentrato il proprio marito, che aveva prestato, poi, servizio, fino al 2013.

Evidenziava la donna, inoltre, che, al momento dell’assunzione, era stato concordato verbalmente con il condominio che le sarebbe stato concesso “l’uso gratuito dell’appartamento posto di fronte alla portineria” ma che, successivamente, il condominio aveva cambiato idea, pretendendo la stipula di un contratto di locazione, al canone mensile di Euro 600,00, e minacciandola, in caso contrario, di licenziamento.

La ex custode, dunque, aveva chiesto l’annullamento del contratto di locazione, nonché la condanna del condominio alla restituzione dei canoni pagati e al risarcimento dei danni, “sia per la minaccia subita ai fini della conclusione e alla continuazione del contratto di locazione, sia per il continuo disturbo che avrebbe subito ad opera dei condomini con continue e inopportune richieste di favori o di intervento per le più disparate ragioni”.

Il Tribunale di Roma, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione alla donna, rigettando le relative domande, in quanto infondate.

Osservava il Tribunale, infatti, che il contratto relativo al servizio di custodia era stato stipulato per iscritto e non prevedeva la concessione dell’alloggio.

Secondo il Tribunale, inoltre, “la minaccia del licenziamento con cui l’attrice sarebbe stata costretta a sottoscrivere e a rispettare il contratto di locazione” appariva “oltre che del tutto inverosimile”, anche “irrilevante”, dal momento che, comunque, era ormai decorso il termine di prescrizione quinquennale per l’esercizio dell’azione di annullamento del contratto (art. 1442 c.c.).

Precisava il Tribunale, in proposito, che l’attrice non aveva in alcun modo dimostrato che le presunte minacce di licenziamento fossero state rivolte anche al marito, che era subentrato nel servizio di custodia a partire dal 2006.

Pertanto, secondo il Tribunale, doveva ritenersi che, almeno nel 2006, la minaccia fosse cessata, con la conseguenza che la donna avrebbe potuto e dovuto esercitare l’azione di annullamento, la quale, invece, era stato proposta solo nel 2014.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale rigettava le domande proposte dalla ex custode, condannando la stessa al pagamento delle spese processuali.


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