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Il rapporto tra l’accesso civico generalizzato ed il mondo dei contratti pubblici

Il rapporto tra l’accesso civico generalizzato ed il mondo dei contratti pubblici
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato chiarisce finalmente che il mondo dell’esecuzione dei contratti pubblici non è “terra di nessuno” e conferma la possibilità di promuovere una istanza di accesso civico generalizzato volto a verificare le modalità esecutive del contratto.
Con una interessantissima pronuncia (n. 10 del 2 aprile 2020), la Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha fornito una interpretazione sul piano dei principi di diritto dirompente.

Nel dettaglio, la vicenda nella quale si è innestata la pronuncia muove da una istanza di accesso ex art. 22 della legge sul proc. amministrativo volta a verificare le modalità esecutive del contratto d’opera, presentata da un’impresa partecipante ad una gara pubblica e classificatasi seconda. La richiesta ostensiva in questione veniva però rigettata dalla Pubblica Amministrazione per due ragioni: in primis, veniva ritenuta veniva considerata carente dei requisiti richiesti dalla legge per l’ostensibilità dei documenti; in secundis, la richiesta esulava dal perimetro applicativo dell’accesso in quanto tradizionalmente, per esigenze di tutela di par condicio creditorum, è ritenuto non applicabile alla materia dei contratti pubblici.

Il supremo consesso di giustizia amministrativa ha dichiarato, con una netta inversione di tendenza, l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato anche alla materia dei contratti pubblici. Il principio in questione è stato affermato chiarendo, dapprima, il rapporto intercorrente tra accesso documentale ed accesso civico generalizzato. Secondo i giudici di Palazzo Spada il rapporto tra le diverse forme di accesso, generali e speciali, deve essere letto secondo un criterio di integrazione, e non secondo una logica di irriducibile separazione. Pertanto, non è escluso che la PA o il giudice amministrativo possano esaminare contestualmente la sussistenza dei presupposti tanto dell’accesso documentale quanto di quello civico, purché l’istanza del privato sia formulata senza specifico riferimento ad una disciplina. Successivamente, con riferimento agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico, il Collegio si sofferma sulla configurabilità di un interesse concreto, diretto ed attuale in capo all’istante, ex art. 22 l. n. 241/1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva del contratto, in vista della eventuale sollecitazione del potere della PA di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore, ed il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto. A tale uopo, la Adunanza Plenaria ha ritenuto ravvisabile il predetto interesse ed una conseguente legittimazione ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà esplorativa da parte del terzo.

Tale positiva affermazione si giustifica in considerazione del fatto che l’adempimento delle prestazioni dell’appaltatore devono essere lo specchio fedele di quanto risultato all’esito di un corretto confronto in sede di gara, altrimenti sarebbe facile aggirare, proprio in sede di esecuzione, le regole del buon andamento, della trasparenza e della concorrenza, formalmente seguite nella fase pubblicistica anteriore e prodromica all’aggiudicazione. Infine, l’A.P. ha affermato che, fermo restando i limiti specifici previsti dal Codice Appalti e dal Decreto Trasparenza, l’accesso civico generalizzato è applicabile agli atti delle procedure di appalto, anche con riferimento alla fase esecutiva del contratto, considerandolo uno strumento atto a garantire un controllo diffuso sull’azione amministrativa, in funzione anche dell’esigenza, particolarmente avvertita nella materia dei contratti pubblici, di scongiurare fenomeni di cattiva amministrazione o di corruttela.


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