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Appalti pubblici e corruzione nell'ultima legge di bilancio

Appalti pubblici e corruzione nell'ultima legge di bilancio
Minori controlli e maggiori liberalizzazioni per alcuni affidamenti pubblici con la nuova legge di bilancio.
La legge di bilancio da pochi giorni approvata, oltre a far parlare di sé per i contenuti dedicati al noto “reddito di cittadinanza” o alla pensione a “quota 100”, reca delle modifiche al Codice dei Contratti pubblici, D.lgs n. 50/2016, nello specifico all'art. 36, comma 2, lett. a) e lett. b).

Facendo un breve riassunto, senza entrare nei dettagli tecnici, ci basta dire che, quando un’amministrazione pubblica deve eseguire un’opera o fornire una prestazione di servizi o di forniture, può chiedere l’ausilio di imprese private che, dietro un pagamento, eseguono i lavori per come richiesto dalla amministrazione (che è chiamata stazione appaltante).
Questa procedura, detta ad evidenza pubblica, comporta che l’amministrazione indica una gara pubblica per far valere la trasparenza della sua azione e, in base alle offerte ricevute dalle imprese candidate, scelga poi quella che può portare a termine il lavoro (dopo la stipula di un contratto di appalto di lavori o servizi) alle migliori condizioni di tempo, costi e qualità.
Esistono comunque delle eccezioni grazie alle quali possono essere concessi degli appalti senza indire una gara; cioè la amministrazione sceglie direttamente l’impresa che si occuperà di dare esecuzione all’appalto. Si parla, in tal caso di affidamento diretto.

Ma, nello specifico, perché la modifica dell’art 36 - valida per il solo periodo 01.01.2019 - 31.12.2019 - ha suscitato la reazione delle opposizioni?
Vediamo le modifiche introdotte:
  • A seguito della manovra, si potrà fare ricorso all'affidamento diretto per tutti i lavori fino ad un valore 150.000 euro, previa consultazione di tre operatori ove esistenti, mentre in precedenza la soglia per l’affidamento diretto era di 40.000 euro (art. 36, comma 2, lett. a);
  • Si potrà fare ricorso alla procedura negoziata per gare con importi fino a 350.000 euro, mentre prima la soglia era 150.000 euro (art. 36, comma 2, lett. b).
Tale modifica, giustificata al fine di semplificare la procedura di affidamento dei lavori rendendola più agile, dovrebbe permettere una rapida crescita dell’economia; tuttavia, un affidamento diretto per lavori superiori a 40.000 euro, potrebbe portare a molteplici manifestazioni di corruzione.

Innalzare la soglia degli affidamenti diretti potrebbe eliminare il simbolo della trasparenza e della bontà dell’affidamento dell’esecuzioni delle commesse pubbliche, vale a dire la gara (pubblica anch’essa) tra i soggetti che sono in possesso dei requisiti per poter partecipare all’appalto.
In linea esclusivamente teorica il problema non si pone affatto, dal momento che è lo stesso art. 4 del Codice dei contratti pubblici a garantire che l’affidamento deve comunque ispirarsi - sempre - ai principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica.
Ma si sa che la teoria è una cosa, e la pratica un'altra.

La modifica dell’articolo contenuta nella manovra determina un aumento netto della discrezionalità dell’azione del RUP (Responsabile unico del procedimento) o del Dirigente che affiderà tali lavori fino a 150.000 euro. Il rischio di corruzione maggiore ricadrà allora proprio sul RUP (o sul Dirigente).
Prima della modifica dell’art. 36 del Codice, era previsto che l’affidamento diretto fosse possibile soltanto per appalti di modico valore (40.000 euro è oggettivamente un modico valore), mentre adesso la posta in gioco si fa assai più alta.
Prima del "cambio di rotta", il RUP o il Dirigente dell’amministrazione interessata, con il fine di agire tempestivamente alla realizzazione di un’opera o di un servizio o di una fornitura, si affidava a delle piccole imprese “di fiducia” per venire incontro a delle impellenti necessità che il territorio manifestava. Da qui, la possibilità di risolvere il problema affidando direttamente l’esecuzione dell’appalto per importi non esorbitanti, senza gara, purché opportunamente documentati nel dettaglio dal Dirigente stesso. La cosa aveva senso, perché, come detto, l'importo massimo appaltabile era esiguo.

Innalzare la soglia fino a 150.000 euro (che di certo non potrà più dirsi di modico valore) potrebbe generare, come necessaria conseguenza, il manifestarsi di inevitabili episodi di corruzione, con evidenti ricadute sull’immagine e la credibilità dell’amministrazione e sulla qualità dell’esecuzione dell’appalto. E' indubbio, infatti, che il valore complessivo dell'appalto in gioco, ora nettamente superiore ai precedenti 40.000 euro, potrebbe creare pressioni sul Dirigente e sul RUP al fine di affidare le commesse a determinati soggetti senza aver previamente partecipato ad una gara pubblica.

Invero la norma, innalzando la soglia, avrebbe anche previsto "un correttivo", richiedendo che l'affidamento del lavoro avvenga “previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici”. L’inciso appena citato è pienamente condivisibile ma sarebbe stato opportuno rendere tale consultazione obbligatoria; invece, interpretando alla lettera, l’unica risposta che si può dare è che i tre operatori economici vanno consultati se “esistenti”, altrimenti si potrà procedere comunque all’affidamento diretto. Il problema è che "l'esistenza" dell'operatore (ritenuto idoneo) è un concetto opinabile.

La modifica della norma prevede anche l'innalzamento della soglia per il ricorso alla procedura negoziata di cui all'art. 36, comma 2, lett. b) che per tutto il 2019 potrà essere fino a 350.000 euro.
In questo caso la modifica non dovrebbe produrre cambiamenti sensibili rispetto alla normativa previgente, dal momento che in tal caso l’amministrazione dovrà comunque seguire la procedura prevista dalla legge e, dunque, porre in essere una procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture, di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti.


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