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Negoziazione assistita con oggetto il trasferimento di un immobile: serve l'atto notarile

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Negoziazione assistita con oggetto il trasferimento di un immobile: serve l'atto notarile
Qualora un accordo di negoziazione assistita preveda il trasferimento di un bene immobile o di una sua quota, non basta la scrittura privata autenticata, ma è necessario che venga redatto un atto notarile.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1202/2020, si è pronunciata in merito alla forma con la quale deve essere redatto l’accordo di negoziazione assistita, precisando che lo stesso deve rivestire la forma dell’atto notarile nel caso in cui preveda il trasferimento della quota di un immobile da un coniuge all’altro.
Nel caso di specie, all’esito di una procedura di negoziazione assistita, due coniugi concludevano un accordo contenente, oltre alla regolamentazione degli aspetti personali della separazione, riguardanti i coniugi stessi e l’affidamento del figlio minorenne, anche il trasferimento in favore della moglie della proprietà di una quota pari alla metà della casa coniugale, dietro il corrispettivo della somma pari ad euro 12.000, con accollo dell’obbligo di pagamento del mutuo ipotecario.
Detto accordo veniva redatto con la forma della scrittura privata, recante la firma dei coniugi autenticata dai loro legali, in calce alla quale il notaio apponeva la propria autentica con una forma identica a quella prevista dall’art. 72 della legge notarile, tramite, quindi, lettura alle parti della scrittura stessa e dell’orario di sottoscrizione, ma senza indicarvi il numero di repertorio e il numero di raccolta.
Secondo il notaio, infatti, si trattava di un’autentica “minore”, la quale non richiedeva necessariamente il controllo di legalità dell’atto.
Tuttavia, in seguito all’autorizzazione rilasciata dal pubblico ministero, il conservatore rifiutava di trascrivere il verbale di accordo, dandone notizia al consiglio notarile che contestava al notaio l’illegittimità del suo operato.

Alla luce di ciò, si apriva, nei confronti del notaio, un procedimento disciplinare, avendo egli eseguito un’autentica del verbale dell’accordo di separazione senza rispettare le modalità delineate dall’art. 72 della legge notarile, e senza procedere all’iscrizione a repertorio, né alla conservazione dell’atto a raccolta, nonché senza curarne la trascrizione, ponendola espressamente a carico di uno dei coniugi. La medesima condotta integrava, peraltro, una violazione degli articoli 62, 72 e 138, lettera c), l.n., avendo, con la stessa, compromesso il decoro e il prestigio della professione notarile.
Il notaio proponeva reclamo dinanzi alla Corte d’Appello avverso la decisione emessa dalla competente Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina, la quale, previa concessione delle attenuanti prevista dall’art. 144 l. n., gli aveva irrogato più sanzioni pecuniarie.

La Corte d’Appello adita rigettava integralmente il suddetto reclamo, in quanto a suo parere, l’atto, vertendo su un trasferimento immobiliare, richiedeva l’autentica prevista dall’art. 72 della legge notarile, la quale impone al notaio di svolgere un controllo di legalità, essendogli vietato di ricevere e autenticare atti espressamente proibiti dalla legge, o contrari all’ordine pubblico e al buon costume ex art. 28 l. n.

Il notaio ricorreva, pertanto, in Cassazione, eccependo come l’accordo conclusivo di una procedura di negoziazione assistita, in materia di separazione personale dei coniugi, cessazione degli effetti civili del matrimonio o modifica delle condizioni di separazione e divorzio, non abbia natura negoziale. Secondo il ricorrente, infatti, essendo previsto l’intervento del pubblico ministero e producendo gli effetti di un provvedimento giudiziario, l’atto in questione non costituisce un atto notarile, con la conseguenza che al pubblico ufficiale sarebbe richiesta soltanto l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte sullo stesso.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso perché infondato.
Gli Ermellini hanno, infatti, evidenziato che, secondo l’art. 5, comma 3, D.L. n. 132/2014, qualora le parti concludano un contratto o compiano un atto soggetto ex lege a trascrizione, tra cui rientrano quelli aventi ad oggetto beni immobili, ai fini della sua trascrizione è necessario che la sottoscrizione del processo verbale di accordo venga autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Sulla base del combinato disposto della citata norma con l’art. 6 del medesimo D.L., non può, infatti, essere riconosciuto un analogo potere certificativo in capo agli avvocati delle parti, in ossequio, peraltro all’art. 2657 del c.c..

I giudici di legittimità, alla luce di tali circostanze, hanno affermato il principio di diritto per cui "ogni qualvolta l'accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui al Decreto Legge n. 132 del 2014, articolo 6, conv. in L. n. 162 del 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo Decreto Legge n. 132 del 2014, articolo 5, comma 3, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell'accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l'autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell'articolo 5, comma 3".


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