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Fratelli e sorelle senza soldi vanno mantenuti, sei obbligato a passargli gli alimenti: ecco cosa gli spetta

Fratelli e sorelle senza soldi vanno mantenuti, sei obbligato a passargli gli alimenti: ecco cosa gli spetta
Capita spesso di chiedersi: se mio fratello o mia sorella non hanno soldi, devo mantenerli io? La risposta non è così scontata, perché tra dovere morale e obbligo legale ci sono differenze importanti che vale la pena chiarire
La solidarietà familiare non è solo buon senso: l’art. 2 Cost. e il Codice Civile la trasformano in obbligo giuridico, quando una persona non riesce a provvedere da sé ai bisogni essenziali. Questo dovere si chiama obbligo alimentare e serve a coprire vitto, alloggio e cure mediche di base per chi è in stato di bisogno.
Ma attenzione alla regola cardine: l’obbligo è sussidiario e segue un ordine preciso, come previsto dall’art. 433 del c.c.. Vengono prima coniuge e figli, poi genitori, quindi generi e nuore, poi suoceri e suocere e, solo alla fine, i fratelli e le sorelle. In pratica, i fratelli intervengono solo se chi è obbligato prima è assente o non può pagare (per decesso o reale impossibilità economica).
Differenze tra alimenti e mantenimento
Si fa facilmente confusione, ma alimenti e mantenimento non sono la stessa cosa. Gli alimenti servono a garantire lo stretto necessario: mangiare, avere un tetto, curarsi. Non mirano a mantenere il tenore di vita precedente, ma a evitare la privazione delle necessità vitali. Il mantenimento, invece, è più ampio: copre anche esigenze non essenziali e riguarda in particolare figli e coniuge (ad esempio dopo la separazione).
Tra fratelli e sorelle, quindi, non si parla di mantenimento ma di alimenti. Questo significa che l’aiuto è limitato e calibrato sull’indispensabile, senza extra. Se poi il fratello bisognoso è minorenne, la legge consente che rientrino anche istruzione ed educazione, perché in quel caso sono considerate necessità primarie.
Quando scatta davvero l’obbligo tra fratelli e sorelle
Perché l’obbligo si attivi, non basta “avere pochi soldi”: serve dimostrare uno stato di bisogno effettivo, cioè l’impossibilità di coprire le spese minime di vita. Allo stesso tempo, deve risultare che nessun obbligato “prioritario” (coniuge, figli, genitori, generi/nuore, suoceri) sia in grado di intervenire: solo allora il cerchio si stringe sui fratelli.
In pratica, l’ordine degli obbligati è un filtro: se si ferma prima, l’obbligo tra fratelli non nasce. Anche quando nasce, però, la misura dell’aiuto è proporzionata sia ai bisogni reali del fratello in difficoltà, sia alle risorse di chi deve aiutare: nessuno può essere costretto a dare più di quanto possa permettersi. E non è obbligatorio aiutare in contanti: la legge ammette l’adempimento “in natura” (per esempio ospitare in casa, pagare spese alimentari o medicinali), purché si soddisfino le necessità essenziali.
Quanto, come e per quanto tempo: misura, modalità e revisione
In base all’art. 438 del c.c., la quantificazione degli alimenti è rimessa al giudice, che valuta i bisogni dell’alimentando e le possibilità economiche dell’obbligato. Tra fratelli, la regola è chiara: “stretto necessario”, come da art. 439 del c.c.. Se il beneficiario è minorenne, come dicevamo, l’importo può includere anche istruzione ed educazione.
Non si tratta, però, di una misura scolpita nella pietra: se cambiano le condizioni economiche dell’uno o dell’altro, in base all’art. 440 del c.c. si può chiedere un ricalcolo. C’è di più: se chi riceve sperpera, il giudice può ridurre l’importo. Il principio guida resta sempre lo stesso: tutela del bisogno vero, proporzione dell’aiuto e possibilità di adeguamento nel tempo.
In sintesi: i fratelli e le sorelle senza soldi possono avere diritto agli alimenti, ma solo quando scatta la sussidiarietà e solo entro il perimetro dello stretto necessario.


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