Negli ultimi tempi, la celebre rassegna canora del Festival di Sanremo è stata "scossa" dalla notizia secondo cui la Rai potrebbe perdere l'esclusiva dell'organizzazione. Il binomio con l'azienda radiotelevisiva è un classico fin dagli albori dell'evento, considerando che il Festival è stato trasmesso in diretta per la prima volta nel lontano 1955.
Ora, a fare definitiva chiarezza, è giunto il Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 5602 dello scorso giugno (che decide sul ricorso in appello della Rai contro la sentenza Tar Liguria 00843/2024), ha stabilito che - giuridicamente - il Festival non può essere oggetto di affidamento diretto alla TV pubblica. I giudici amministrativi hanno ricordato che il marchio del concorso musicale (registrato nel 2000) è di proprietà esclusiva dell'amministrazione locale e, conseguentemente, al Comune di Sanremo spetta il compito di affidarne la gestione, applicando le regole dell'evidenza pubblica.
Sostanzialmente, ciò significa che nessuno può utilizzare il marchio del "Festival della Canzone Italiana" senza l'autorizzazione dell'amministrazione locale, ma soprattutto che è necessaria una procedura pubblica per l'affidamento delle opere necessarie allo svolgimento dell'evento. In altre parole, il concorso musicale non può essere affidato arbitrariamente e "a chiamata" a un soggetto privato - anche se ciò corrisponde a una prassi consolidata - ma deve essere pubblicato uno specifico bando di gara con procedura comparativa, trasparente e aperta, nel pieno rispetto dei principi di imparzialità e concorrenza previsti dalla legge. Tanto meno, spiega la magistratura, il semplice gradimento per le passate edizioni o la volontà di affidare alla Rai non rappresentano causa idonea di deroga alle regole generali.
Pertanto, se l'uso continuativo del marchio non basta a giustificare l'assegnazione automatica dell'organizzazione e gestione dell'evento, il Comune dovrà sempre adoperarsi affinché detto uso - e la valorizzazione del marchio - avvengano solo a seguito dello svolgimento e dell'esito di una procedura apposita, tale da tutelare l'interesse pubblico ed escludere favoritismi o distorsioni del mercato.
Specifichiamo ulteriormente che, fino a oggi, il Comune di Sanremo ha concesso in uso esclusivo promozione, organizzazione e gestione dell'evento alla Rai, attraverso lo strumento della convenzione biennale. Alla TV pubblica è così spettato il diritto di sfruttamento economico e commerciale del marchio del Festival, inclusi merchandising, licensing e diritti media. Ma, proprio alla luce di questa sentenza del Consiglio di Stato, non ci sono più dubbi sul fatto che la convenzione in vigore, stipulata nel novembre 2023, sarà l'ultima. Il Comune dovrà indire una gara pubblica per l'affidamento dell'evento per il 2026.
Dal punto di vista strettamente giuridico, il giudice amministrativo ha chiarito - inoltre - che l'oggetto della concessione non è il programma televisivo in sé, ma l'uso esclusivo del marchio e l'organizzazione della manifestazione, ossia due fattori che impongono di rispettare un meccanismo di affidamento aderente ai principi dell'evidenza pubblica. Per questi motivi, il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile i principi di cui di cui agli artt. 1, 2 e 3 del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), in tema di procedure a evidenza pubblica.
Ora, a fare definitiva chiarezza, è giunto il Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 5602 dello scorso giugno (che decide sul ricorso in appello della Rai contro la sentenza Tar Liguria 00843/2024), ha stabilito che - giuridicamente - il Festival non può essere oggetto di affidamento diretto alla TV pubblica. I giudici amministrativi hanno ricordato che il marchio del concorso musicale (registrato nel 2000) è di proprietà esclusiva dell'amministrazione locale e, conseguentemente, al Comune di Sanremo spetta il compito di affidarne la gestione, applicando le regole dell'evidenza pubblica.
Sostanzialmente, ciò significa che nessuno può utilizzare il marchio del "Festival della Canzone Italiana" senza l'autorizzazione dell'amministrazione locale, ma soprattutto che è necessaria una procedura pubblica per l'affidamento delle opere necessarie allo svolgimento dell'evento. In altre parole, il concorso musicale non può essere affidato arbitrariamente e "a chiamata" a un soggetto privato - anche se ciò corrisponde a una prassi consolidata - ma deve essere pubblicato uno specifico bando di gara con procedura comparativa, trasparente e aperta, nel pieno rispetto dei principi di imparzialità e concorrenza previsti dalla legge. Tanto meno, spiega la magistratura, il semplice gradimento per le passate edizioni o la volontà di affidare alla Rai non rappresentano causa idonea di deroga alle regole generali.
Pertanto, se l'uso continuativo del marchio non basta a giustificare l'assegnazione automatica dell'organizzazione e gestione dell'evento, il Comune dovrà sempre adoperarsi affinché detto uso - e la valorizzazione del marchio - avvengano solo a seguito dello svolgimento e dell'esito di una procedura apposita, tale da tutelare l'interesse pubblico ed escludere favoritismi o distorsioni del mercato.
Specifichiamo ulteriormente che, fino a oggi, il Comune di Sanremo ha concesso in uso esclusivo promozione, organizzazione e gestione dell'evento alla Rai, attraverso lo strumento della convenzione biennale. Alla TV pubblica è così spettato il diritto di sfruttamento economico e commerciale del marchio del Festival, inclusi merchandising, licensing e diritti media. Ma, proprio alla luce di questa sentenza del Consiglio di Stato, non ci sono più dubbi sul fatto che la convenzione in vigore, stipulata nel novembre 2023, sarà l'ultima. Il Comune dovrà indire una gara pubblica per l'affidamento dell'evento per il 2026.
Dal punto di vista strettamente giuridico, il giudice amministrativo ha chiarito - inoltre - che l'oggetto della concessione non è il programma televisivo in sé, ma l'uso esclusivo del marchio e l'organizzazione della manifestazione, ossia due fattori che impongono di rispettare un meccanismo di affidamento aderente ai principi dell'evidenza pubblica. Per questi motivi, il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile i principi di cui di cui agli artt. 1, 2 e 3 del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), in tema di procedure a evidenza pubblica.