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Il bene oggetto del contratto di compravendita immobiliare deve essere conforme alle norme attinenti alla regolarità urbanistica

Il bene oggetto del contratto di compravendita immobiliare deve essere conforme alle norme attinenti alla regolarità urbanistica
La mancanza dei requisiti di regolarità urbanistica del bene immobile genera la nullità testuale del contratto di compravendita.
La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, all’interno della pronuncia n. 30425 del 17 ottobre 2022, ha trattato del delicato tema della compravendita di bene immobiliare privo dei requisiti di regolarità urbanistica, così come richiesti dall’ art. 46 del T.U. edilizia. Il Supremo Consesso ha, in tal sede, confermato il precedente orientamento giurisprudenziale del 2019, (Cass. civ., sez. un., 22 marzo 2019, n. 8230), in base al quale qualora il bene immobile traslato attraverso il contratto di compravendita sia privo dei requisiti di regolarità urbanistica, il contratto è da definirsi nullo per violazione di legge, art. 1418 del c.c., comma 3: non si tratta, dunque, di nullità per violazione di norma imperativa, non essendo il d.p.r. n. 380 del 2001 portatore di interessi generali di natura inderogabile. La norma in esame, difatti, è espressione dell’interesse privato alla validità del bene oggetto della circolazione, ed ha il fine di evitare la traslazione di beni poi inutilizzabili, de facto, dai futuri acquirenti.

La pronunzia in esame può essere pienamente compresa attraverso una preliminare descrizione della disciplina in materia di regolarità urbanistica.
In generale, il comma 1 dell’art. 46 del d.P.R. n.380 del 2001 dispone che: “Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù”.
Dal disposto normativo, dunque, testualmente si evince l’assunto per cui il legislatore sanziona con la nullità i negozi di traslazione del bene immobile carenti degli estremi del permesso di costruire, ovvero del permesso in sanatoria: ratio della disposizione in esame consta nell’esigenza dell’ordinamento giuridico di garantire la certezza dei negozi di disposizione dei beni immobili, nonché la tutela della posizione dell’acquirente circa la validità della negoziazione effettuata. Per esigenze di solidarietà sociale (art. 2 Cost.), difatti, è indispensabile tutelare l’affidamento del compratore circa la validità del bene oggetto di traslazione, e pertanto garantire la presenza della documentazione amministrativa in materia immobiliare.
L’assenza del certificato inerente al permesso di costruire genera nullità della contrattazione: la giurisprudenza ha, tuttavia, chiarito che per mancanza della documentazione deve farsi riferimento alle situazioni di carenza genetica del permesso di costruire in esame, e non, invero, alla mera mancanza di allegazione della documentazione in esame, la quale non rileva ai fini della nullità del contratto di compravendita (Cass. civ., sez. un., 21 ottobre 2021, n. 29317).

Diversa è, invece, la situazione in cui la documentazione inerente il bene immobile oggetto del contratto è presente, ma tuttavia non rispecchia lo status giuridico della costruzione stessa (ad esempio, il permesso di costruire riguarda un bene immobile ad uso abitativo, ma il contratto di compravendita immobiliare ha ad oggetto un bene immobile ad uso commerciale): in tal caso, secondo la giurisprudenza prevalente, il contratto è nullo, in quanto vi è difformità tra il bene oggetto della compravendita ed il permesso di costruire a questo allegato; tuttavia, ne è ammessa la conversione (art. 1424 del c.c.), previa allegazione della corretta documentazione (la correzione della documentazione è onere dell’alienante).

Premesso ciò, in giurisprudenza ci si interrogò circa la tipologia di nullità in esame, ovvero se trattasi di nullità per violazione di norma imperativa, ovvero testuale, di derivazione legislativa.

Si escludeva, in giurisprudenza, la nullità per violazione di norma imperativa, essendo che l’art. 46 del d.p.r. n. 380/2001 non era da intendersi norma a sostegno di interessi generali ed inderogabili dell’ordinamento, bensì avvallante gli interessi privati dei contraenti, i quali avevano diritto a ricevere un bene immobile conforme alle indicazioni urbanistiche (tutela dell’acquirente).
La giurisprudenza maggioritaria sostiene ad oggi che la nullità comminata dal d.p.r. n. 380/2001 sia di natura testuale, essendo di diretta derivazione legislativa. In particolare, la II sezione della Corte di Cassazione ha di recente affermato che: “La nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 e della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell’ambito dell’art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile. Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato” (Cass. civ., sez. un., 21 ottobre 2021, n. 29317).
La sentenza in esame richiama la ricostruzione della giurisprudenza maggioritaria in materia. Ed in particolare, in tal sede la Corte di Cassazione ha precisato che i principi in esame risultano applicabili anche in caso di costruzione iniziata anteriormente al 1° settembre 1967, previa indicazione del proprietario del bene, nella forma dell’atto notorio, degli estremi di regolarità edilizia del bene immobile.


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