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Barriere antirumore, a quale distanza dalle case? La Cassazione

Barriere antirumore, a quale distanza dalle case? La Cassazione
Le distanze legali tra costruzioni, previste dall’art. 873 c.c., si applicano anche ai pannelli antirumore? La Suprema Corte fa chiarezza sulla nozione di “costruzione”
La Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza depositata il 25/07/2025, n. 21283, ha meglio precisato l’ambito applicativo della disciplina codicistica delle distanze legali.
La pronuncia dei giudici di legittimità trae origine dal ricorso del proprietario di un immobile, il quale sia nel primo che nel secondo grado del giudizio di merito si era visto rigettare la domanda proposta nei confronti del Comune di Padova.

Nello specifico, l’azione introdotta dal privato era volta ad ottenere la condanna dell'ente convenuto alla rimozione di pannelli antirumore ubicati davanti al fabbricato dell’attore, in quanto posizionati - secondo la tesi di quest’ultimo - a distanza inferiore a quella prescritta, sia con riferimento al confine della sua proprietà, sia con riferimento alla propria costruzione. In via subordinata, aveva chiesto la condanna del Comune al pagamento dell'indennità prevista dall'art. 44 del T.U. espropri (D.P.R. n. 327 del 2001).

Queste, in sintesi, le ragioni del diniego da parte della Corte d'Appello di Venezia:
  1. secondo i giudici di secondo grado, i pannelli antirumore, in considerazione della loro funzione e delle loro caratteristiche costruttive, non avrebbero integrato la nozione di costruzione rilevante ai fini dell'applicazione delle norme sulle distanze;
  2. inoltre, la Corte territoriale confermava altresì il rigetto della domanda subordinata, sul presupposto della mancata prova dei pregiudizi giustificativi del diritto all'indennità.

L’attore allora ricorreva in Cassazione, articolando ben dieci motivi di impugnazione. Il Comune resisteva con controricorso in cui, tra l’altro, si sosteneva l’inapplicabilità alle barriere antirumore degli artt. 872 e 873 c.c., dovendosi invece rinviare (secondo la tesi difensiva dell'ente) alla disciplina di cui all’art. 879 del c.c..

Vediamo ora come la Suprema Corte ha sciolto il nodo controverso.

Per quanto qui specificamente interessa, secondo la Corte d’Appello veneta i pannelli antirumore non potevano ritenersi "rilevanti ai fini dell'applicazione della normativa locale", perché tale normativa riguarderebbe solo i fabbricati. In particolare, l'intervento per cui è causa non avrebbe "comportato la creazione di alcun nuovo volume, né la modificazione della destinazione d'uso della res, né il consumo di suolo inedificato. I pannelli, infatti, non racchiudono né delimitano alcun volume potenzialmente destinabile ad un qualsivoglia uso umano, non hanno alcun effetto in ordine alla concreta destinazione del bene cui afferiscono e, infine, sono stati realizzati nella colonna d'aria sovrastante il sedime stradale o, comunque, ubicata nella relativa area di rispetto e già in precedenza interessata da attività edilizia. Dalla espletata c.t.u. e in particolare dai rilievi fotografici (...) i pannelli, alti m. 3,95 complessivamente, per la maggior parte sono costituiti da materiale trasparente. L'intervento, dunque, non priva il prospicente edificio né della luce, né dell'aria".

La Cassazione ha respinto tali argomentazioni.

In primis, il Supremo Collegio ricorda come non esista alcuna specifica disciplina applicabile alle barriere antirumore, se non quella stabilita per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare e per la protezione di nuclei abitati dal rumore del traffico stradale o ferroviario; tuttavia (sottolinea la Corte) tale normativa speciale riguarda soltanto le caratteristiche che tali elementi devono rispettare per poter assolvere al proprio compito, mentre - in mancanza di strumenti urbanistici o regolamenti edilizi - devono ritenersi valide le norme generali applicabili in tema di distanze tra costruzioni.

Inoltre, la Corte richiama principi già espressi, secondo cui "in tema di distanze legali tra fabbricati, l'art. 873 c.c., nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di "costruzione" comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo e che, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà" (Cass. n. 23189/2012; n. 5735/2014).

Per la Cassazione, dunque, l'art. 873 c.c. si riferisce, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, non necessariamente a un edificio, ma a un qualsiasi manufatto, avente caratteristiche di consistenza e stabilità o che emerga in modo sensibile dal suolo e che, inoltre, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà, idoneità il cui accertamento è rimesso al giudice di merito (Cass. n. 3199/2002).

Pertanto, conclude la S.C., la Corte d’Appello è incorsa in un palese errore, laddove - al fine di stabilire se i pannelli fossero soggetti o no alla normativa locale sulle distanze - ha utilizzato parametri diversi da quelli risultanti dai principi sopra richiamati.

Infine, la sentenza in esame puntualizza anche, per completezza, la questione dell’applicabilità dell’art. 879 c.c., invocato dal Comune controricorrente, rilevandone la non pertinenza, in quanto il secondo comma dell'art 879 c.c. (in base al quale alle costruzioni in confine con le piazze o le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano) si riferisce esclusivamente allo spazio di isolamento fra edifici opposti, fra cui si frappongono le vie o piazze pubbliche (Cass. n. 2923/1973; n. 1013/1992; n. 16117/2000).

La sentenza impugnata è stata quindi cassata, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia per il prosieguo.


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