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Se il vicino non rispetta le distanze legali fra costruzioni scatta in automatico il diritto al risarcimento del danno

Se il vicino non rispetta le distanze legali fra costruzioni scatta in automatico il diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 9654 dell’11 maggio 2016, è tornata sull’argomento delle distanze minime fra le costruzioni.

Va osservato che la legge detta delle disposizioni ben precise in tema di distanze, le quali, se non vengono rispettate, comportano la possibilità per l’interessato di agire in giudizio e chiedere il risarcimento del danno.

In particolare, per quanto riguarda le distanze tra le costruzioni, la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 873 c.c., il quale prevede che le costruzioni debbano essere erette ad almeno tre metri di distanza dal confine, salvo che vi siano dei regolamenti locali che prevedano delle distanze maggiori.

Quindi, si può affermare che la regola generale è quella dei tre metri dal confine, tuttavia, se vi è un regolamento del Comune che impone una distanza maggiore, dovrà essere fatto riferimento a quest’ultima norma.

Vi sono poi delle altre norme che stabiliscono altre distanze da rispettare, come ad esempio, l’art. 892, il quale stabilisce a che distanza dal confine possono essere piantati gli alberi e le siepi: in questo caso, infatti, occorre distinguere a seconda della tipologia di piantagione, in quanto, gli alberi ad alto fusto devono essere piantati ad almeno 3 metri dal confine, mentre gli alberi non ad alto fusto devono essere tenuti ad un metro e mezzo dal confine. Ancora, in base alla stessa norma, le viti, gli arbusti, le siepi vive e gli alberi da frutto che non siano alti più di un metro e mezzo, dovranno essere tenuti ad almeno mezzo metro dal confine.

Ebbene, per quanto riguarda, in particolare, le distanze dei fabbricati, nel caso in cui il nostro vicino non rispetti le distanze previste dalla legge, come detto, è possibile agire in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno subito.

Occorre chiedersi, tuttavia, se questo danno debba essere provato da chi lo richiede o se viene concesso in via automatica.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia sopra citata, ha fornito delle interessanti precisazioni in tema di risarcimento del danno e onere della prova.

In particolare, secondo la Cassazione, il fatto stesso che il vicino abbia realizzato la costruzione ad una distanza inferiore rispetto a quella prevista dalla legge o dal regolamento locale, comporta automaticamente la sussistenza di un danno.

Di conseguenza, tale danno dovrà essere risarcito in ogni caso e senza che sia necessario fornire ulteriori giustificazioni a sostegno della domanda.

In altri termini ciò sta a significare che, secondo il ragionamento seguito dalla Corte, il danno è insito nel fatto stesso della violazione della distanza minima dal confine imposta dalla legge.

Infatti, secondo la Corte, il fatto che la costruzione sia stata realizzata ad una distanza inferiore, comporta di per sé una limitazione alla possibilità di godimento della propria proprietà, con la conseguenza che non è necessario provare di aver subito ulteriori danni.

In questo caso, il giudice provvederà alla liquidazione del danno in via equitativa: vale a dire, sarà il giudice stesso a stabilire la misura del risarcimento, valutando le circostanze nel loro complesso e giungendo alla determinazione di una somma che possa apparire equa.

In conclusione, la domanda di risarcimento del danno proposta dal proprietario di un fondo che dimostri che la costruzione sul fondo del vicino è stata eretta ad una distanza dal confine inferiore a quella prevista dalla legge o dal regolamento locale, non può essere rigettata sulla base del fatto che egli non ha dato prova del danno concretamente subito, in quanto il danno è insito nella violazione della distanza minima, la quale comporta una limitazione alla possibilità di godere della propria area di proprietà.


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