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Avvocato ricoverato prima di proporre appello: rimessione in termini?

Avvocato ricoverato prima di proporre appello: rimessione in termini?
La malattia del difensore che incide anche temporaneamente sulla sua capacità di intendere e di volere è causa di forza maggiore che impone la rimessione in termini.
L’art. 175 c.p.p. si occupa di disciplinare l’istituto della rimessione in termini nel processo penale, disponendo che il pubblico ministero, le parti private e i difensori siano restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. Si tratta quindi di un rimedio eccezionale in rapporto a situazioni in cui un impedimento abbia determinato l'estinzione di un potere essendo decorso il termine perentorio stabilito per il suo esercizio.
L'istituto, in particolare, trova la propria ratio nell'interesse pubblicistico a che le parti siano poste nelle condizioni di esercitare effettivamente i diritti loro attribuiti ex lege.

Per quanto riguarda i presupposti, va poi specificato che
  • la causa di forza maggiore consiste in un impedimento che renda vano ogni sforzo dell'uomo e che dipenda da cause a lui non imputabili;
  • il caso fortuito consiste in un evento talmente imprevedibile da non consentire di porvi rimedio.
Ma tale istituto può trovare applicazione anche nel caso in cui il difensore abbia un grave problema di salute durante la decorrenza del termine per proporre appello?
Ebbene, proprio di questo tema si è di recente occupata la Corte di cassazione, con la sentenza n. 8985 del 16 marzo 2022, optando per la soluzione favorevole all’applicabilità della rimessione in termini.

La Suprema Corte, a riguardo, ha infatti chiarito che “integra un’ipotesi di causa di forza maggiore che giustifica la restituzione in termini, ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., lo stato di malattia del difensore che sia di tale gravità da incidere sulla sua capacità di intendere e di volere, anche in modo temporaneo, ma tanto da impedirgli per tutta la sua durata qualsiasi attività”. Non è infatti esigibile – si legge nella motivazione – che il difensore, in condizioni di parziale incoscienza dovuta alla sua patologia, sia tenuto ad avvedersi del decorso del termine per impugnare.

Parimenti, precisa infine il Collegio, non è possibile valorizzare l’eventuale possibilità di impugnare che il difensore aveva prima dell’insorgere della patologia. Nessun rilievo può avere infatti il tempo “sprecato” dal difensore fino al momento in cui è insorta la patologia in modo del tutto inaspettato e imprevedibile. La decisione di impugnare un provvedimento penale è una scelta importante che spetta solo all’imputato e al suo avvocato e “non può ubbidire alla tempistica che il giudice si prefiguri come migliore o più opportuna per evitare imprevisti”.
Il fatto che il termine di decadenza sia già ampiamente decorso quando sopraggiunge la malattia del difensore, quindi, non può giustificare il rigetto dell’istanza di rimessione in termini.


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