La Cassazione ha ribadito che, nel caso in cui la vittima di una violenza sessuale abbia
assunto volontariamente alcool o droghe, in quantità tali da determinare una condizione di
inferiorità psichica o fisica, si configura
sempre una aggressione connotata da modalità insidiose e subdole tipica della fattispecie descritta dall'art.
609 bis, comma 1, n. 2, c.p. Resta
fuori però l'applicazione della
circostanza aggravante ex art. 609 ter c.p.
L'art.
609 ter c.p., per l'appunto, prescrive un
aumento della pena in casi particolari, come quelli legati alla
modalità di lesione che vedano il coinvolgimento di
armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa, il travisamento o la simulazione della qualità di
pubblico ufficiale o di incaricato di
pubblico servizio.
Nella fattispecie in esame gli imputati erano stati condannati dalla Corte distrettuale a tre anni e due mesi di reclusione per i capi di accusa relativi ai reati di
violenza sessuale di gruppo ex art.
609 octies c.p. e lesioni personali dolose aggravate ai sensi del combinato disposto di cui agli artt.
582 e
585 c.p.
Con ricorso in Cassazione, si lamentava un vizio nella motivazione in quanto
contraddittoria e manifestatamente illogica nella parte in cui era stata
configurata la circostanza aggravante di cui all'art. 609 ter c.p. a carico degli imputati, contestati di aver commesso il reato con l'uso di sostanze alcoliche: la difesa sottolineava come la persona offesa non era in alcun modo stata indotta ad assumere alcolici o stupefacenti contro la sua volontà. Infatti, nel caso in cui più persone riunite partecipino alla dinamica lesiva, si integra il protocollo di tipicità strutturale del delitto a
concorso necessario nella
violenza sessuale di gruppo sanzionata all'art.
609 octies c.p.; ciononostante, anche se la stessa disposizione, al comma 3, rinvia direttamente alla suddetta circostanza aggravante, questa diventa operativa solo nel caso in cui le predette sostanze incapacitanti
siano somministrate dal soggetto attivo alla vittima al fine di procurare uno stato di incapacità o minorata difesa e, dunque, in vista di una più agevole commissione dell'azione delittuosa.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dopo aver richiamato il sedimentato orientamento giurisprudenziale (
ex multis Cass. pen. sez. III, n. 32462 del 2018, Cass. pen. sez. III, n. 10596 del 19/03/2020, Cass. pen. sez. III, n. 32462 del 19/01/2018), secondo il quale la circostanza aggravante speciale dell'art.
609 ter c.p.
non opera nel caso di
assunzione volontaria di sostanze alcoliche; ai fini della sua configurabilità è richiesto che l'assunzione di tali sostanze deficitanti sia stata
provocata od agevolata dall'
autore del reato e sia
funzionalmente diretta alla realizzazione degli
atti sessuali. Si deve, quindi, apprezzare in concreto la sussistenza di un
rapporto di strumentalità tra l'uso di sostanze alcoliche e il reato di violenza sessuale. La somministrazione al soggetto attivo alla vittima deve essere volto a
ingenerare uno stato di incapacità ed agevolare il reato.
Lo stato di incoscienza e di incapacità della vittima conseguente all'assunzione
spontanea di alcolici rientra nelle condizioni di inferiorità fisica e psichica prescritte dall'art.
609 bis c.p., comma 1, n. 2 c.p.,
ma non nella circostanza aggravante dell'art.
609 ter c.p. Proprio ai fini poi della sussistenza del
valido consenso al rapporto sessuale, lo stato di incapacità o incoscienza determinata da ubriachezza
rileva ex se a prescindere dal fatto che tale
condizione di
assetto psichico deficitato sia stata dolosamente provocata o
derivante da assunzione di alcol da parte della vittima, in quanto capace in incidere sul potere di autodeterminazione della persona.
In conclusione, la Corte annullava la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità della circostanza aggravante in ragione dell'assunzione volontaria di sostanze incapacitanti, ferma restando la piena configurabilità della violenza sessuale.