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Affitto di un bene produttivo: la disciplina sulle spese di manutenzione puņ essere derogata dalle parti

Affitto di un bene produttivo: la disciplina sulle spese di manutenzione puņ essere derogata dalle parti
Le parti possono convenzionalmente stabilire una ripartizione delle spese di riparazione diversa da quella prevista dal codice.
La vicenda ha preso avvio dal ricorso monitorio proposto dal proprietario di un'azienda alberghiera nei confronti dell’affittuaria dell’azienda, a seguito del quale il tribunale di Trento aveva emesso un decreto ingiuntivo con cui ordinava a quest’ultima di pagare i canoni d’affitto maturati dal 2008 al 2014.
L’affittuaria aveva così proposto opposizione, eccependo l’inadempimento della controparte ai sensi dell’art. 1460 c.c., in quanto la struttura si era rivelata inadeguata allo scopo da lei perseguito, ed opponendo in compensazione i costi per le riparazioni da lei effettuate.
L’opposizione era stata accolta dal Tribunale, che aveva revocato il decreto, portando l’affittante a proporre appello. La Corte d’appello di Trento ha accolto il gravame, confermando il decreto ingiuntivo e condannando l’affittuaria alle spese di entrambi i gradi di giudizio. L’affittuaria ha proposto allora ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte si è espressa con l’ordinanza n. 7574/2020, accogliendo il ricorso e cassando la sentenza impugnata.
L’art. 1621 c.c., in tema di affitto di un bene produttivo, stabilisce che le riparazioni straordinarie sono a carico del locatore, mentre le altre sono a carico dell’affittuario. Una regola analoga è stabilita, in via più generale, anche dall’art. 1576 c.c., in materia di locazione.
La previsione di cui all’art. 1621 c.c. ha carattere dispositivo, pertanto può essere convenzionalmente derogata dalle parti, le quali possono stabilire espressamente una diversa ripartizione delle spese. L’art. 1322 c.c. prevede che le parti possano liberamente determinare il contenuto del contratto, entro i limiti imposti dalla legge: si tratta di limiti volti a tutelare pubblici interessi, che assumono un carattere eccezionale.
Per una corretta interpretazione dell’art. 1621 c.c., è opportuno prendere in considerazione anche le analoghe norme in tema di locazione, e specialmente gli artt. 1575 n. 2 e 1576 c.c.: per quanto riguarda la locazione ad uso non abitativo, è ragionevole sostenere l’assoluta derogabilità di queste norme ai sensi dell’art. 1322 c.c., dal momento che non è possibile identificare alcun pubblico interesse che osti ad una deroga concordata della disciplina ivi prevista.
E lo stesso può dirsi valere per l’art. 1621 c.c., che è la norma corrispondente nel contratto d'affitto di cosa produttiva. La norma non può essere intesa come imperativa, in quanto la sua ratio è semplicemente quella di colmare eventuali carenze del contratto in ordine alle riparazioni, e pertanto può essere derogata.
La Cassazione ha affermato che, nel caso in esame, la Corte d’appello, nel suo ragionamento, aveva lasciato intendere di non ritenere legittima la possibilità di una clausola contrattuale che derogasse alla previsione di cui all'art. 1621 c.c. e questa erronea interpretazione aveva inficiato l’intera interpretazione delle clausole del contratto d’affitto concluso dalle parti.
Alla luce di ciò, la Suprema Corte ha cassato la sentenza, rinviando la causa alla Corte d’appello di Trento per una nuova valutazione.


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