Specialmente nelle città d'arte, nei centri storici e nelle località con forte afflusso di turisti, B&B e affittacamere rappresentano una significativa fonte di guadagno per i proprietari. Consentono di monetizzare spazi inutilizzati e possono generare introiti maggiori rispetto all'affitto tradizionale. Tuttavia, vero è che tali attività non sono sempre gradite nei condomìni, perché possono causare rumori, determinare un uso intensivo delle parti comuni e dare luogo a un viavai di estranei, spesso percepito come insicuro. Ci sono altresì condomìni che temono una svalutazione degli immobili.
La sfida è - quindi - trovare un equilibrio tra redditività e rispetto delle regole dello stabile. Una recente decisione della Corte d'Appello di Roma - la sentenza n. 3419 del 2 giugno scorso - aiuta a fare chiarezza in materia ed è, quindi, di orientamento per questo tipo di strutture ricettive extralberghiere e per tutti coloro che vivono in condominio. Infatti, essa stabilisce che si possono bloccare B&B e affittacamere se il regolamento condominiale contrattuale, in linea generale, vieta attività produttive e locazioni brevi. In sostanza, con questa tipologia di documento si intende il complesso di norme fondamentali - a cui tutti i condomini si devono adeguare - in tema di gestione e utilizzo sia delle unità abitative private, che degli spazi comuni, incluse le destinazioni d'uso. Per legge si tratta di un testo accettato da ogni condomino (di solito perché allegato agli atti di acquisto degli appartamenti), vincolante per tutti e che, come ribadito dalla Corte d'Appello della Capitale, può anche limitare i diritti dei singoli proprietari sulle rispettive unità immobiliari.
Il caso concreto affrontato dalla sentenza riguardava un condominio, che aveva fatto causa ai condòmini locatori e alle imprese conduttrici di unità immobiliari, adibite ad affittacamere e B&B. La motivazione dell'iniziativa legale era che le attività violavano il regolamento contrattuale, il quale impediva attività produttive e locazioni di durata minore di sei mesi. Conseguentemente ne veniva chiesta l'immediata cessazione. Accogliendo la richiesta del condominio, il tribunale ordinò la chiusura immediata delle attività ricettive.
Ebbene, a seguito dell'impugnazione della decisione, l'esito non cambiò. In appello i giudici confermarono la correttezza di quanto sentenziato in primo grado, evidenziando in particolare che le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale - obbligatorie anche per gli eredi, aventi causa, inquilini e acquirenti successivi - possono sempre imporre divieti o limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulla loro esclusiva proprietà, a patto che siano:
La sfida è - quindi - trovare un equilibrio tra redditività e rispetto delle regole dello stabile. Una recente decisione della Corte d'Appello di Roma - la sentenza n. 3419 del 2 giugno scorso - aiuta a fare chiarezza in materia ed è, quindi, di orientamento per questo tipo di strutture ricettive extralberghiere e per tutti coloro che vivono in condominio. Infatti, essa stabilisce che si possono bloccare B&B e affittacamere se il regolamento condominiale contrattuale, in linea generale, vieta attività produttive e locazioni brevi. In sostanza, con questa tipologia di documento si intende il complesso di norme fondamentali - a cui tutti i condomini si devono adeguare - in tema di gestione e utilizzo sia delle unità abitative private, che degli spazi comuni, incluse le destinazioni d'uso. Per legge si tratta di un testo accettato da ogni condomino (di solito perché allegato agli atti di acquisto degli appartamenti), vincolante per tutti e che, come ribadito dalla Corte d'Appello della Capitale, può anche limitare i diritti dei singoli proprietari sulle rispettive unità immobiliari.
Il caso concreto affrontato dalla sentenza riguardava un condominio, che aveva fatto causa ai condòmini locatori e alle imprese conduttrici di unità immobiliari, adibite ad affittacamere e B&B. La motivazione dell'iniziativa legale era che le attività violavano il regolamento contrattuale, il quale impediva attività produttive e locazioni di durata minore di sei mesi. Conseguentemente ne veniva chiesta l'immediata cessazione. Accogliendo la richiesta del condominio, il tribunale ordinò la chiusura immediata delle attività ricettive.
Ebbene, a seguito dell'impugnazione della decisione, l'esito non cambiò. In appello i giudici confermarono la correttezza di quanto sentenziato in primo grado, evidenziando in particolare che le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale - obbligatorie anche per gli eredi, aventi causa, inquilini e acquirenti successivi - possono sempre imporre divieti o limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulla loro esclusiva proprietà, a patto che siano:
- redatte in modo chiaro ed esplicito;
- richiamate nella loro interezza negli atti di acquisto e nei contratti di locazione, non essendo sufficiente il mero rinvio al regolamento stesso (Cass. 24526/2022).
Il condominio può perciò citare in giudizio condomini locatori e imprese locatarie, laddove si palesi una violazione delle prescrizioni. Il giudice, con provvedimento motivato, disporrà la cessazione delle attività incompatibili. Più nel dettaglio, la Corte di Appello di Roma ha altresì specificato che è valida e va rispettata la citata clausola del regolamento condominiale che, oltre a vietare le attività produttive, impedisce locazioni degli appartamenti per periodi inferiori a sei mesi.
Secondo il giudice d'appello, nell'esercizio di affittacamere e B&B, c'è una connotazione produttiva e aderente al dettato di cui all'art. 2082 del c.c., in quanto si prevede l'offerta di servizi accessori come, ad esempio, il cambio biancheria o la pulizia dei locali. Per questo l'attività non è parificabile al mero godimento tipico della locazione.
Concludendo, con la citata sentenza 3419/2025 i giudici invitano a fare molta attenzione al contenuto di un regolamento contrattuale, perché se, tra le sue clausole, ve ne sono alcune che vietano l'uso degli appartamenti come affittacamere o bed & breakfast, anche se un singolo proprietario volesse aprirne uno, gli sarebbe impedito, perché ha accettato volontariamente quella limitazione della libertà.
Secondo il giudice d'appello, nell'esercizio di affittacamere e B&B, c'è una connotazione produttiva e aderente al dettato di cui all'art. 2082 del c.c., in quanto si prevede l'offerta di servizi accessori come, ad esempio, il cambio biancheria o la pulizia dei locali. Per questo l'attività non è parificabile al mero godimento tipico della locazione.
Concludendo, con la citata sentenza 3419/2025 i giudici invitano a fare molta attenzione al contenuto di un regolamento contrattuale, perché se, tra le sue clausole, ve ne sono alcune che vietano l'uso degli appartamenti come affittacamere o bed & breakfast, anche se un singolo proprietario volesse aprirne uno, gli sarebbe impedito, perché ha accettato volontariamente quella limitazione della libertà.