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Articolo 429 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Decreto che dispone il giudizio

Dispositivo dell'art. 429 Codice di procedura penale

1. Il decreto che dispone il giudizio contiene:

  1. a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;
  2. b) l'indicazione della persona offesa [90] dal reato qualora risulti identificata;
  3. c) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge [417, 423, 516, 517, 518, 520, 521];
  4. d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono [187];
  5. d-bis) l’avviso all’imputato e alla persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa(4);
  6. e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice competente per il giudizio(1);
  7. f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora dell’udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento con l'avvertimento all'imputato che potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede(5);
  8. g) la data e la sottoscrizione del giudice [110, 111] e dell'ausiliario [126] che l'assiste.

2. Il decreto è nullo [178 1 lett. c), 179] se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lettere c) e f)(2).

2-bis. [Se si procede per delitto punito con la pena dell'ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell'articolo 458](6).

3. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni [174].

3-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all'articolo 589, secondo comma, e 589 bis del codice penale, il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni(3).

4. [Il decreto è notificato all'imputato contumace nonché all'imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio](7).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


1. Il decreto che dispone il giudizio contiene:
[omissis]
d-bis) l’avviso all’imputato e alla persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
[omissis]
f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora dell’udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento;
[omissis]
2-bis. Se si procede per delitto punito con la pena dell’ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell’articolo 458.
[omissis]
4. Il decreto è notificato all’imputato contumace nonché all’imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio.

__________________

(1) Nonché dell'eventuale sezione di tribunale o corte d'assise, quando la corte di assise o il tribunale è diviso in sezioni, ex art. 132, comma 1, disp. att. del presente codice.
(2) L'art. 181, comma 3 c.p.p. stabilisce che le questioni di nullità concernenti l'udienza preliminare ed il decreto che dispone il giudizio devono essere eccepite e trattate come questioni preliminari in dibattimento, subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti ai sensi del comma 1 dell'art. 491 del c.p.p..
(3) Tale comma è stato inserito dall'art. 4, comma 3, della l. 21 febbraio 2006, n. 102 e successivamente modificato dall'art. 1, comma 5, lett. e) L. 23 marzo 2016, n. 41.
(4) Lettera aggiunta dall'art. 23, co. 1, lett. n) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia").
(5) Lettera così modificata dall'art. 23, co. 1, lett. n) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia") e, da ultimo, dall’art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 203, a decorrere dal 6 gennaio 2024.
Il D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 203 ha disposto (con l'art. 7, comma 2) che "Le disposizioni di cui all'articolo 4 non si applicano nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli avvisi di fissazione di udienza preliminare e i decreti che dispongono il giudizio o che citano l'imputato a giudizio sono stati già emessi".
(6) Comma abrogato dall'art. 98, co. 1, lett. a) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia").
(7) Comma abrogato dall'art. 98, co. 1, lett. a) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia").

Ratio Legis

All’esito dell’udienza preliminare, il g.u.p. è posto innanzi ad un’alternativa secca: infatti, egli può pronunciare sentenza di non luogo a procedere (art. 425 del c.p.p.) oppure può emettere il decreto che dispone il giudizio (art. 429 del c.p.p.).

Spiegazione dell'art. 429 Codice di procedura penale

L’art. 429 c.p.p. regolamenta il contenuto del decreto che dispone il giudizio.

Come precisato dal comma 1 (come modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022), il decreto che dispone il giudizio deve contenere i seguenti elementi:
  • le generalità dell’imputato (con altre indicazioni personali per identificarlo), le generalità delle altre parti private, con l’indicazione dei difensori; ancora, l’indicazione della persona offesa, se risulta identificata;
  • l’imputazione (ossia, l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione delle norme di legge che si ritengono violate) e l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti ai quali esse si riferiscono;
  • l’avviso all’imputato e all’offeso che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
  • il dispositivo, con l’indicazione del giudice competente per il giudizio; l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora dell’udienza davanti al giudice del dibattimento con l'avvertimento all'imputato che potranno essere disposte, ove ci siano le condizioni, le sanzioni e le misure (anche di confisca) previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede;
  • la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che l’assiste.

Il comma 2 stabilisce che il decreto è nullo nelle seguenti ipotesi:
  1. quando l’imputato non è identificato in modo certo;
  2. quando manca o non è sufficientemente chiara e precisa l’enunciazione del capo di imputazione (requisito previsto dalla lett. c del comma 1);
  3. quando manca o è insufficiente l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora dell’udienza davanti al giudice del dibattimento (requisito previsto dalla lett. f del comma 1).
Mentre negli altri casi ci sarà una mera irregolarità, in queste ipotesi sarà necessario emanare un nuovo decreto, senza alcuna preclusione per l’attività precedentemente espletata.

Poi, ai sensi del comma 3, tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni. Lo scopo di questo termine è permettere all’imputato e al suo difensore di preparare adeguatamente la propria linea difensiva.
Però, il comma 3-bis stabilisce che il termine non deve essere superiore a sessanta giorni quando si procede per il reato di omicidio colposo se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (comma 2 dell'art. 589 del c.p.) e per il reato di omicidio stradale (art. 589 bis del c.p.).

Peraltro, prima della riforma Cartabia, in coordinamento con il comma 3, il comma 4 disponeva che il decreto doveva essere notificato all’imputato contumace e all’imputato e alla persona offesa non presenti alla lettura del provvedimento, almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio. Però, la riforma ha abrogato il comma 4 e, dunque, non è più necessario notificare il decreto che dispone il giudizio alle parti assenti.
La ratio di questa scelta è quella di rendere più snella la verifica della costituzione delle parti in dibattimento. Ecco perché, nella fase dell’udienza preliminare, sono state concentrate sia la dichiarazione di costituzione di parte civile (comma 1 dell'art. 79 del c.p.p.), sia la verifica della mancata partecipazione dell’imputato (artt. 420 bis e ss. c.p.p.).

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
La legge delega, che detta al legislatore delegato i criteri da rispettare nella previsione della disciplina relativa all’informazione rispetto ai programmi di giustizia riparativa nel procedimento penale. Al fine di dare attuazione al predetto criterio, sono state introdotte norme specifiche e coordinate nel codice di procedura penale, che prevedono, accanto all’informazione della facoltà, per la persona sottoposta alle indagini, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, di accedere ai programmi di giustizia riparativa, come disciplinati nel complesso normativo organico di nuova creazione, analoghi avvisi al medesimo, ormai divenuto imputato, ed alla persona offesa, nella specie in occasione della notifica del decreto che dispone il giudizio (articolo 429 c.p.p.).

Massime relative all'art. 429 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 49525/2017

Non è causa di nullità del decreto di citazione al giudizio di appello l'omesso avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia, ancora oggi previsto dall'art. 429, comma 1, lett. f), cod. proc. pen., atteso che l'istituto della contumacia è stato eliminato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 e la differenza tra lo stesso e l'istituto dell'assenza, quanto al procedimento di dichiarazione ed agli effetti, non consente la "riformulazione" dell'avviso che, comunque, avrebbe semplicemente la funzione di informare l'imputato che la sua assenza non incolpevole non preclude l'ordinario svolgimento del processo.

Cass. pen. n. 1382/2017

In caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell'art. 429, comma secondo, cod. proc. pen. (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'art. 552, comma secondo, dello stesso codice), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione, non essendo estensibile, alla fase dibattimentale, il meccanismo correttivo che consente al giudice dell'udienza preliminare di sollecitare il P.M. alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell'imputazione. (Nella specie, la Corte ha rigettato il ricorso del pubblico ministero che lamentava l'abnormità dell'ordinanza del giudice conforme al principio enunciato).

Cass. pen. n. 3868/2015

L'erronea indicazione della sezione dinanzi alla quale le parti devono comparire determina la nullità assoluta del procedimento, in quanto il riferimento alla sezione concorre ad individuare il luogo in cui si celebra il processo, che figura tra i requisiti del decreto di citazione indicati dall'art. 429, comma secondo, cod. proc. pen., a pena di nullità e la sua erronea indicazione, comportando la celebrazione del processo in un luogo diverso da quello stabilito per la comparizione, equivale a omessa citazione perché impedisce l'intervento dell'imputato e l'esercizio del diritto di difesa. (Nella specie il decreto di citazione per il giudizio di appello stabiliva che le parti dovevano comparire innanzi alla seconda sezione della Corte d'appello mentre il processo veniva celebrato in contumacia dell'imputato e in assenza del difensore dalla prima sezione della medesima Corte).

Cass. pen. n. 51252/2014

È legittima la contestazione nel decreto che dispone il giudizio di imputazioni alternative. (Fattispecie in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale in cui nell'imputazione si faceva riferimento al possesso da parte degli imputati di qualifiche formali rivestite nel tempo, con la precisazione, tuttavia, che la responsabilità prescindeva da dette qualifiche, avendo gli interessati operato di fatto, in nome e per conto della società).

Cass. pen. n. 42537/2014

In tema di requisiti del decreto che dispone il giudizio, la mancata enunciazione dell'ambito spaziale e temporale delle condotte e degli elementi specificatori dell'oggetto materiale del reato non costituisce vizio di "insufficiente motivazione" quando sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l'episodio criminoso contestato, anche attraverso il ricorso ad ulteriori elementi e richiami contenuti nel decreto o, eventualmente, anche in altri atti del processo, così da consentire all'imputato di conoscere i profili fondamentali del "fatto" che gli viene addebitato. (Fattispecie relativa a plurime condotte di spaccio di stupefacenti, in cui si lamentava l'omessa indicazione dei giorni esatti e dei luoghi specifici delle singole cessioni, elementi comunque desumibili dalle dichiarazioni eteroaccusatorie in atti).

Cass. pen. n. 11783/2011

La nullità del decreto che dispone il giudizio non comporta la nullità della costituzione di parte civile, posto che tra tali atti non sussiste quel rapporto di consecutività e dipendenza previsto dall'art. 185 c.p.p.

Cass. pen. n. 41281/2006

Non è atto irripetibile, e come tale non può essere acquisita al fascicolo per il dibattimento senza il consenso delle parti, la relazione di servizio che contenga soltanto la descrizione delle attività di indagine, esauritesi con la loro esecuzione e suscettibili di essere descritte in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, senza la perdita di alcuna informazione probatoria, per non essere modificabili con il decorso del tempo luoghi, persone o cose rappresentati.

Cass. pen. n. 8779/2004

È abnorme il provvedimento con il quale il tribunale dichiari la nullità del decreto che dispone il giudizio, sul presupposto dell'omesso deposito di alcuni atti delle indagini preliminari, da parte del pubblico ministero, in occasione dell'avviso di conclusione delle indagini stesse, posto che detta omissione comporta solo l'inutilizzabilità degli atti interessati, mentre il provvedimento dichiarativo della nullità comporta l'indebita regressione del procedimento.

Cass. pen. n. 508/2004

La dichiarazione di nullità, pronunciata dal tribunale per indeterminatezza dell'accusa, del decreto di rinvio a giudizio emesso dal giudice di appello ai sensi dell'art. 428 c.p.p., comporta la regressione del procedimento alla fase dell'udienza preliminare. (Fattispecie relativa a conflitto, ritenuto ammissibile dalla Corte, sollevato dal giudice di appello al quale il tribunale, dichiarata la nullità del decreto che dispone il giudizio, aveva trasmesso gli atti per la rinnovazione).

Cass. pen. n. 47321/2003

L'inesatta indicazione della data di udienza nel decreto che dispone il giudizio, in relazione ad esempio all'anno, integra una nullità assoluta pari all'omessa citazione, determinando un'incertezza sulla data in cui l'imputato avrebbe dovuto presentarsi.

Cass. pen. n. 36771/2003

Non è abnorme, anzi è legittimo e corretto, il provvedimento del giudice del dibattimento il quale abbia dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio in quanto l'avviso di cui all'art. 415 bis c.p.p. era stato notificato solo all'imputato e non anche al difensore, previa nomina di uno d'ufficio in mancanza di quello di fiducia.

Cass. pen. n. 35547/2003

Non è abnorme, anzi è legittimo e doveroso, il provvedimento del giudice del dibattimento di correzione di un errore materiale, non produttivo di alcuna nullità, riscontrato nel decreto che disponeva il rinvio a giudizio. (Fattispecie in cui il Gup all'esito dell'udienza preliminare aveva disposto il rinvio a giudizio di alcuni imputati per una pluralità di reati, mentre nel decreto da notificare alle parti, non presenti in udienza, veniva erroneamente omessa una imputazione).

Cass. pen. n. 38501/2002

In virtù del principio di tassatività della nullità, la consegna all'interessato da parte dell'ufficiale giudiziario di fotocopia del decreto che dispone il giudizio priva dell'attestazione di conformità all'originale ma completa di tutti i requisiti di cui all'art. 429, comma 1, c.p.p. non determina la nullità del decreto.

Cass. pen. n. 35862/2002

È abnorme, perché determina una indebita regressione del procedimento, il provvedimento del giudice del dibattimento il quale, nel dichiarare la nullità del decreto di citazione a giudizio, abbia rimesso gli atti al P.M. per la riformulazione di alcuni capi di imputazione in seguito alla modifica delle disposizioni penali che avevano previsto per quel reato sanzioni più severe. Ed invero la sopravvenienza di nuove disposizioni di legge, modificative del trattamento penale del fatto contestato, è irrilevante ai fini della validità della contestazione contenuta nel decreto di citazione a giudizio, in quanto spetta al giudice, nei limiti della propria competenza, la corretta qualificazione giuridica del fatto contestato, applicando, se del caso, i principi di diritto penale intertemporale dettati dall'art. 2 c.p.

Cass. pen. n. 29821/2002

La nullità del giudizio (nella specie d'appello) dovuta alla nullità della notificazione del decreto di citazione all'imputato non può essere sanata dalla successiva presenza di quest'ultimo al dibattimento determinata dall'esecuzione di accompagnamento coattivo disposto nei suoi confronti.

Cass. pen. n. 17179/2002

La nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato, qualora incida direttamente sulla vocatio in iudicium, e quindi sulla regolare instaurazione del contraddittorio, deve essere equiparata all'omessa citazione dell'imputato medesimo, in quanto impedisce a quest'ultimo di conoscerne il contenuto e di apprestare la propria difesa, ed è, pertanto, assoluta e insanabile.

Cass. pen. n. 17/2000

In ipotesi di contestazione, in unico capo di accusa, di imputazione di associazione per delinquere o di singoli episodi di fatti di reato, alla cui realizzazione il sodalizio criminoso sia ritenuto finalizzato, il giudice del merito, qualora ritenga non provato il reato associativo, ben può affermare la responsabilità per uno o più tra i reati fine, purché il «fatto» sia compiutamente descritto, nelle sue componenti oggettive e soggettive, anche se sia stata omessa la specifica indicazione della disposizione che prevede e punisce il reato fine.

Cass. pen. n. 4075/2000

È abnorme l'ordinanza con la quale il tribunale, ritenuta la nullità del decreto dispositivo del giudizio per generica associazione del fatto, non si limiti a rilevare l'indeterminatezza del capo di imputazione, ma richieda al Gup di precisare adeguatamente l'accusa in sede di udienza preliminare, sulla base di indicazioni dettagliate e analitiche, da un lato ponendo in essere un'anomala censura dell'accusa e, dall'altro, lasciando trasparire una sorta di anticipazione della struttura del giudizio di merito e delle sue conclusioni, potenzialmente pregiudizievole dell'accusato. (Nella specie, relativa a denuncia di conflitto, ritenuto peraltro insussistente dalla S.C., si è censurato il provvedimento del tribunale che, chiamato a giudicare di falsi in bilancio, aveva disposto che il Gup precisasse i bilanci civilistici in contestazione, gli anni di riferimento, i fatti direttamente incidenti sulle condizioni economiche della società, le disponibilità sospette e la loro quantità, così dando al capo di imputazione una conformazione palesemente incidente sull'agere del P.M. e sui poteri di controllo del Gup, ledendo il potere esclusivo e autonomo dell'organo di accusa di modificare il fatto contestato e di procedere a nuova contestazione ed esorbitando dall'ambito delle sue attribuzioni, consistenti solo nel potere-dovere di valutare, alla conclusione del dibattimento, la consistenza dell'accusa e, in caso di negativa conclusione, assolvere l'imputato.

Cass. pen. n. 3348/2000

Nell'ipotesi in cui il capo di imputazione contenuto nel decreto di rinvio a giudizio indichi esclusivamente la data di accertamento di un reato permanente senza nessun riferimento a quella di cessazione della permanenza, il giudice del dibattimento deve appurare, attraverso l'interpretazione di detto capo, considerato nel suo complesso, se esso riguardi una fattispecie concreta la quale, così come descritta, sia già esaurita prima o contestualmente all'accertamento medesimo, ovvero una condotta ancora in atto; in tal caso, poiché il capo di imputazione ascrive all'imputato una condotta che, lungi dall'essersi già esaurita, è ancora perdurante alla data in esso indicata, deve ritenersi che la contestazione comprenda anche l'eventuale protrazione della permanenza, di cui pertanto può tenere conto il giudice del dibattimento ad ogni effetto penale, senza che sia richiesta a tal fine un'ulteriore contestazione da parte del pubblico ministero.

Cass. pen. n. 14730/1999

Non integra nullità del decreto di citazione a giudizio l'erronea indicazione della sezione innanzi alla quale le parti devono comparire, tale indicazione, invero, è prevista dall'art. 132 att. c.p.p., la cui violazione non rientra tra quelle colpite da sanzione di nullità, ai sensi del comma 2 dell'art. 429 stesso codice.

Cass. pen. n. 6686/1999

La mancata indicazione, nel decreto di citazione a giudizio, dell'ora di convocazione integra nullità relativa che, se non tempestivamente dedotta, deve ritenersi sanata.

Cass. pen. n. 1700/1999

In virtù del coordinato disposto dell'art. 429, commi 1, lett. a) e 2), c.p.p., l'insufficiente indicazione nel decreto che dispone il giudizio, degli elementi atti ad identificare l'imputato, integra una nullità a regime intermedio che, in quanto tale, comporta un potere di intervento del giudice, suscettibile di essere esercitato indipendentemente dall'iniziativa delle parti.

Cass. pen. n. 1230/1999

Non sono autonomamente impugnabili né il decreto con cui il giudice dell'udienza preliminare dispone il giudizio a chiusura delle indagini preliminari né atti o provvedimenti propedeutici allo svolgimento dell'udienza preliminare. E ciò vale anche se si deduce una nullità assoluta ed insanabile in quanto la deducibilità in ogni stato e grado del procedimento concerne il momento della sua rilevabilità e non il mezzo attraverso il quale la nullità stessa va denunciata.

Cass. pen. n. 3559/1999

La omessa notifica del decreto che dispone il giudizio all'imputato non presente all'udienza preliminare determina un'ipotesi di nullità assoluta ed insanabile ex art. 179 c.p.p. attinendo alla mancata costituzione del contraddittorio. In proposito non può ritenersi, quando l'imputato sia domiciliato presso il difensore e questi sia presente, che la lettura del provvedimento equivalga alla notifica per le parti presenti ex art. 424, secondo comma, c.p.p. considerata la presenza del difensore domiciliatario equivalente alla notifica all'imputato assente. Infatti, proprio il nesso tra tale disposizione e quella di cui all'ultimo comma dell'art. 429 stesso codice, che stabilisce che il decreto è notificato all'imputato che non era presente all'udienza preliminare, esclude la estensibilità dell'art. 424 all'imputato assente, e ciò in quanto la notifica del decreto che dispone il giudizio attiene alla contestazione dell'accusa che richiede, a tutela del diritto di difesa, la diretta e personale conoscenza dell'imputazione contenuta nell'atto che costituisce il passaggio alla fase del giudizio.

Cass. pen. n. 13465/1998

L'indicazione dell'ora stabilita per la comparizione delle parti dinanzi al giudice del dibattimento è elemento integrativo del decreto che dispone il giudizio. La relativa omissione dà luogo ad una nullità di ordine generale di carattere intermedio, che, in quanto tale, è rilevabile se sollevata dalla parte interessata nella sua prima difesa

Cass. pen. n. 17/1998

Il provvedimento che dispone la trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari, in conseguenza della dichiarazione di nullità del decreto che ha disposto il giudizio, è inoppugnabile, poiché non assume natura decisoria e si concretizza in un atto di mero impulso processuale strumentale, non lesivo dei diritti delle parti, che bene potranno esplicarsi nelle sedi previste. (Nella specie la S.C., in applicazione di tale principio e dato atto che il provvedimento in questione non poteva qualificarsi come abnorme, ha dichiarato inammissibile il ricorso).

Cass. pen. n. 2758/1997

Nell'ipotesi in cui durante gli atti introduttivi venga accertato un difetto di notifica o il mancato rispetto dei termini di comparizione, non va ordinata la restituzione degli atti al Gip per un nuovo decreto di citazione, ma è sufficiente che venga notificato il precedente decreto con la specificazione della diversa data di udienza, o mediante annotazione a margine, o mediante allegazione dell'ordinanza dibattimentale. Ciò in quanto l'omessa notifica all'imputato del decreto che dispone il giudizio non costituisce nullità del provvedimento, dato che i vizi riguardanti la notifica di tale atto non influiscono affatto sulla sua validità. Consegue l'obbligo della rinnovazione della citazione, anche d'ufficio, da parte del giudice procedente. (Fattispecie in tema di conflitto negativo di competenza tra il tribunale e il giudice per l'udienza preliminare).

Cass. pen. n. 10825/1996

Non può dar luogo a nullità del decreto che dispone il giudizio l'inosservanza della disposizione di cui alla lettera d) dell'art. 429 c.p.p. — secondo cui il decreto stesso deve contenere l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono — non essendo, tale violazione, compresa fra quelle espressamente colpite da detta sanzione ai sensi dell'art. 429 c.p.p. secondo comma, né essendo, essa, riconducibile alle disposizioni in materia di nullità di ordine generale di cui all'art. 178 lettera c) c.p.p., giacché le fonti di prova ed i fatti cui esse si riferiscono sono agevolmente rilevabili dal fascicolo del P.M., già messo a disposizione delle altre parti dopo la richiesta di rinvio a giudizio.

Cass. pen. n. 5388/1996

Avverso il decreto che dispone il giudizio non è previsto alcun mezzo di impugnazione, di guisa che, per il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione, esso non è suscettibile di autonomo gravame ed ogni censura deve esser fatta valere nella successiva fase dibattimentale. Per contro, intanto il decreto che dispone il giudizio può dirsi immediamente impugnabile, in quanto esso presenti le caratteristiche dell'atto abnorme, per la cui sussistenza, tuttavia, non è sufficiente che il provvedimento sia inficiato da una qualsivoglia violazione di legge, ma è necessario che lo stesso, per la stranezza, la singolarità, la atipicità del contenuto si ponga fuori del sistema processuale, sicché, non essendo esso contemplato dall'ordinamento, l'unico rimedio esperibile per la sua rimozione è il ricorso in cassazione.

Cass. pen. n. 4450/1996

Deve considerarsi abnorme, e quindi immediatamente ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il tribunale, nella fase degli atti introduttivi al dibattimento, erroneamente valutando indeterminata ed insufficiente l'enunciazione del fatto contestato, dichiara la nullità del decreto che dispone il giudizio e restituisce gli atti per quanto di competenza al giudice che lo ha emesso; tale decisione, infatti, determina un'inammissibile regressione del processo ad una fase anteriore, creando una situazione di paralisi in quanto il giudice per le indagini preliminari cui gli atti sono rimessi non dispone dei poteri necessari per sanare la nullità predetta, dovendosi escludere che gli spetti un autonomo potere integrativo o correttivo, né tantomeno può ordinare a sua volta la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda all'eventuale integrazione dell'imputazione, in quanto anche tale provvedimento, determinando un'inammissibile regressione processuale, sarebbe abnorme.

Cass. pen. n. 6276/1996

In tema di requisiti del decreto di citazione a giudizio, la mancanza della data e del luogo del commesso reato può costituire vizio di «insufficiente motivazione», soltanto quando non sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l'episodio criminoso contestato, mentre è evidente che l'omissione è improduttiva di conseguenze giuridiche e non comporta, quindi, un obbligo di contestazione da parte del P.M. quando dagli altri elementi enunciati e dai richiami contenuti nel decreto eventualmente anche ad altri provvedimenti, risulti chiaramente in tutti i suoi termini il «fatto» per il quale il giudizio è stato disposto. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha escluso la nullità del decreto di citazione a giudizio - in cui non risultavano espressamente indicati la data ed il luogo del commesso reato - osservando che nel decreto stesso si faceva espresso richiamo al precedente decreto penale di condanna e che il fatto veniva contestato all'imputato quale esercente di un pubblico esercizio di cui risultava precisata la relativa denominazione: cosicché, tenuto conto del complesso delle informazioni portate a conoscenza dell'imputato, doveva escludersi la insufficienza della contestazione, non potendo sorgere dubbio almeno sull'episodio oggetto della imputazione).

Cass. pen. n. 2122/1996

La notifica all'imputato ai sensi dell'art. 157, comma 8, c.p.p. si effettua mediante il deposito dell'atto nella casa comunale, l'affissione dell'avviso alla porta dell'abitazione o del luogo ove quegli svolge la sua attività lavorativa e la comunicazione dell'avvenuto deposito a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. L'art. 7 della L. 20 novembre 1982, n. 890 (recante disposizioni circa le notificazioni a mezzo posta), poi, prevede che in mancanza del destinatario o di persona di famiglia convivente ovvero addetta al suo servizio, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario, persona di cui dev'essere specificata la qualità. La consegna del plico a persona qualificatasi come «delegato» del destinatario e la cui firma sia per giunta illeggibile, pertanto, comporta la nullità della notifica. (Fattispecie relativa alla notifica del decreto di citazione).

Cass. pen. n. 3757/1996

La nullità del decreto di citazione a giudizio per la mancata enunciazione del fatto oggetto dell'imputazione, prevista dall'art. 429, comma 2, c.p.p., deve ritenersi sanata qualora non sia stata dedotta entro il termine posto, a pena di decadenza, dall'art. 491, comma 1, dello stesso codice; poiché infatti la predetta omissione non attiene né all'intervento dell'imputato né alla sua assistenza o rappresentanza, la nullità che ne deriva non può ricomprendersi fra quelle di ordine generale di cui all'art. 178, lett. c), bensì tra quelle relative previste dall'art. 181 c.p.p., con la conseguenza che deve essere eccepita - a pena di preclusione - subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti.

Cass. pen. n. 3124/1995

Il decreto di rinvio a giudizio è provvedimento inoppugnabile né sussiste la possibilità di una sua censurabilità come atto abnorme neppure se emesso in presenza di eventuale precedente giudicato. Atto abnorme è invero non solo quello rispondente ad alcuno schema processuale, ma altresì quello che non può essere rimosso dalla realtà giuridica senza la denuncia della sua abnormità; l'ipotesi del bis in idem invece, pur nella sua patologia processuale, non può dunque considerarsi tale in quanto più volte considerata dal legislatore che ne ha previsto i rimedi nelle varie fasi processuali e, se del caso, addirittura in sede di esecuzione dettando una serie di norme che disciplinano la riproponibilità di un secondo giudizio, i casi di proscioglimento o di non luogo a procedere e quelli di revoca delle sentenze.

Cass. pen. n. 10218/1995

In tema di decreto che dispone il giudizio, l'art. 429, lettera f), c.p.p. stabilisce che esso deve contenere l'indicazione del luogo della comparizione e l'art. 132 att. c.p.p. precisa che, quando la corte d'assise o il tribunale (e per l'effetto del rinvio operato dall'art. 598 c.p.p. devono intendersi anche la corte d'appello e la corte d'assise d'appello) è diviso in sezioni, esso deve indicare anche la sezione davanti alla quale le parti devono comparire. La violazione di tali disposizioni nei confronti dell'imputato comporta nullità assoluta in quanto causa di incertezza e quindi il pregiudicato del diritto di intervento e di difesa.

Cass. pen. n. 327/1995

Qualora, con riferimento ad un reato permanente, nel capo di imputazione risulti indicata soltanto la data della denuncia e non ancora quella di cessazione della condotta illecita, deve ritenersi che la consumazione del reato si sia protratta sino alla data della pronuncia di primo grado. (Principio affermato in tema di prescrizione ai fini dell'accertamento della decorrenza del termine utile per il maturarsi della stessa).

Cass. pen. n. 11724/1994

L'omissione nel decreto di citazione a giudizio dell'avvertimento per l'imputato che ha facoltà d'intervenire e di essere eventualmente sentito, non è causa di nullità del decreto stesso. Ed invero, tra i requisiti del decreto di citazione a giudizio la legge non annovera il predetto avvertimento; sicché, in forza del principio di tassatività delle cause di nullità enunciato dall'art. 177 c.p.p., non è consentito ipotizzarne altre al di là di quelle normativamente previste che, per quel che concerne il suindicato atto, si trovano specificamente menzionate nel secondo comma dell'art. 429 c.p.p. (Nella fattispecie si trattava di giudizio di appello avverso sentenza pronunciata con il rito abbreviato, da svolgersi pertanto con la procedura camerale disciplinata dagli artt. 127 e 599 c.p.p. La Suprema Corte, nell'enunciare il principio di cui in massima, ha altresì osservato che la procedura camerale non richiede, come necessaria, la presenza fisica del P.M., del difensore e dell'imputato alla cui libera valutazione è rimessa quindi, senza alcuna necessità di invito o di avviso, la decisione di comparire o meno in udienza).

Cass. pen. n. 7491/1994

Non può dar luogo a nullità del decreto che dispone il giudizio l'inosservanza della disposizione di cui all'art. 429, comma 1, lett. d), c.p.p., secondo cui il detto decreto deve contenere anche l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono. Detta violazione, infatti, non rientra fra quelle espressamente sanzionate da nullità, ai sensi del comma 2 del citato art. 429, ed è anche da escludere una sua riconducibilità alle disposizioni in materia di nullità di ordine generale, ex art. 178 lett. c) c.p.p., dal momento che fonti di prova e i fatti a cui essi si riferiscono sono comunque agevolmente ricavabili dagli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero e già messi a disposizione delle altre parti, dopo la richiesta di rinvio a giudizio, per cui non può configurarsi alcuna concreta violazione dei diritti di intervento, assistenza e rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private, alla cui salvaguardia il citato art. 178, lett. c) è finalizzato.

Cass. pen. n. 842/1994

Tra i casi di nullità del decreto che dispone il giudizio, elencati in modo tassativo nell'art. 429, comma 2, c.p.p. vigente, non rientrano i vizi attinenti alla notificazione. Ne consegue che il giudice del dibattimento — collegiale o monocratico che sia, dovendo l'art. 143 att. c.p.p. trovare applicazione anche per il procedimento pretorile in virtù del principio generale di non regressione del procedimento — essendo rimasto valido il decreto di citazione a giudizio, pur dopo la declaratoria di nullità della notificazione, deve semplicemente limitarsi a rinnovare tale notificazione senza restituire gli atti al Gip il quale, invero, con l'emissione del decreto di citazione, non è più competente; ne consegue altresì l'abnormità del provvedimento di restituzione degli atti al Gip. (Nella fattispecie il pretore, dopo aver dichiarato la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio, aveva ordinato la restituzione degli atti al Gip il quale aveva quindi sollevato conflitto di competenza. La Suprema Corte ha risolto il conflitto dichiarando la competenza del pretore a disporre la rinnovazione della notificazione del decreto di citazione a giudizio ed ha enunciato il principio di cui in massima, evidenziando che diversa soluzione deve adottarsi allorquando il decreto di citazione abbia funzione propulsiva non solo verso il giudizio dibattimentale ma anche verso i cosiddetti riti alternativi, in quanto in questi casi vi è la competenza funzionale del Gip).

Cass. pen. n. 828/1994

Le parti non possono proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del Gip che dispone il giudizio, giacché, una volta che il giudice per le indagini preliminari si sia spogliato del procedimento, disponendo il giudizio e il rinvio dell'imputato davanti al giudice del dibattimento, sia pure dinanzi a un giudice asseritamente ritenuto incompetente per territorio, non è ammissibile che gli atti possano tornare dinanzi a lui, con non consentita regressione del processo. (Fattispecie relativa a rigetto, da parte del Gip presso pretura circondariale, di richiesta del P.M. intesa ad ottenere l'emissione — a seguito di opposizione a decreto penale di condanna — di nuovo decreto di citazione a giudizio dinanzi al pretore addetto alla sezione distaccata competente territorialmente; in motivazione, tra l'altro, la Suprema Corte ha precisato che una siffatta impugnazione del P.M. non può essere qualificata come denuncia di conflitto, neanche sub specie di caso analogo, per la mancanza della decisione di altro giudice, che abbia declinato la competenza).

Cass. pen. n. 2880/1994

Il decreto che dispone il giudizio in violazione del principio del ne bis in idem non è provvedimento abnorme e, conseguentemente, non è immediatamente ricorribile per cassazione. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha precisato che è il dibattimento la sede tipica per risolvere il problema - oggetto di un'eccezione formale, proponibile in ogni stato e grado del processo ex art. 649, secondo comma, c.p.p. - relativo agli effetti processuali ed ai limiti soggettivi del giudicato).

Cass. pen. n. 2140/1993

È abnorme, e pertanto ricorribile in cassazione in quanto contrastante con l'intero sistema processuale vigente, l'ordinanza con la quale il pretore dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio, per effetto della mancata notifica dello stesso alla persona offesa dal reato ed ordini la trasmissione degli atti al pubblico ministero, determinando così la regressione del processo ad una fase ormai ritualmente superata. Ed infatti la nullità derivante dalla mancata citazione a giudizio della persona offesa dal reato, prevista dall'art. 178, lett. c) c.p.p., non riguarda il decreto di citazione a giudizio, che è nullo soltanto nei casi diversi, previsti dagli artt. 555, secondo comma e 429, secondo comma c.p.p. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto che il pretore avrebbe dovuto provvedere ai sensi dell'art. 143, att. c.p.p., che stabilisce che negli atti preliminari, in tutti i casi in cui occorre rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notifica, vi provvede il presidente).

Cass. pen. n. 1077/1992

È nullo il decreto di citazione a giudizio, quando il pubblico ministero non rispetti l'obbligo di formulare la contestazione in modo chiaro, preciso e completo sotto il profilo materiale e soggettivo. Nel nuovo rito è più difficile integrare l'imputazione con le «risultanze» degli atti processuali proprio per il ridotto numero dei verbali contenuti nel fascicolo per il dibattimento. Ne deriva che non è più sufficiente la mera ripetizione della formulazione legislativa, senza alcun riferimento alla condotta concretamente ascrivibile all'imputato. La genericità o la semplice indeterminatezza dell'imputazione incidono infatti sul diritto di difesa, poiché non pongono l'interessato in grado di effettuare una scelta meditata sulla linea da assumere. (Nella specie l'imputato — ricorrente per saltum — era chiamato a rispondere di violazione della legge sullo smaltimento dei rifiuti per la mancata adozione delle misure necessarie, atte ad evitare il deterioramento della situazione ambientale preesistente. La Corte ha annullato la sentenza impugnata ed il decreto di citazione, rilevando che mancava qualsiasi richiamo alla individuazione delle misure predette ed ogni descrizione, sia pur minima, dello stato pregresso, essendosi il pubblico ministero limitato ad una mera trasposizione del dettato normativo nel capo di imputazione).

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Consulenze legali
relative all'articolo 429 Codice di procedura penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
sabato 27/11/2021 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
Sono a chiedere il seguente parere, in relazione ad una ipotesi di nullità assoluta del Decreto di citazione diretta a giudizio di cui al delitto previsto dall’art. 4 D.lgs. 74/2000, notificato all’amministratore di una SRL.
Il Decreto di citazione indica l’annualità della dichiarazione dei redditi contestata, e il calcolo del superamento della soglia di punibilità desunto dalla stessa dichiarazione annuale.

In sede di udienza dibattimentale, il P.M. presenta all’acquisizione del fascicolo per il dibattimento il Processo Verbale di Constatazione (PVC) dell’Agenzia delle Entrate (A.E.), ma non produce la contestata dichiarazione annuale che avrebbe dovuto dimostrare che il contribuente avrebbe effettivamente “indicato” nella dichiarazione costi fittizi (ora inestinti).

Giova sottolineare che la contestata dichiarazione annuale dei redditi, non è neanche nel fascicolo per le indagini preliminari del P.M. in quanto nella fattispecie è emerso che l’A.E. non l’ha trasmessa all’autorità giudiziaria, quindi il decreto di citazione a giudizio è stato fondato, non sulla base della dichiarazione annuale, come invece indicato nel decreto di citazione, ma di fatto sulla base di quanto riportato nel PVC.

In sostanza dacché la consumazione del reato ex art. 4 D.Lgs. 74/2000 si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione mendace e non al momento della registrazione in contabilità dei costi fittizi (ora inesistenti), (Circolare Ministero delle Finanza 154/2000; per tutte Cass. n. 52752/2014), vorrei sapere se ci sono gli elementi per chiedere al Giudice la declaratoria di nullità assoluta insanabile ex art. 179 comma 1 c.p.p. ( ex art. 178 comma 1 c.p.p.) del decreto di citazione diretta a giudizio, per l’impossibilità di conoscere gli elementi costitutivi del fatto a seguito della mancanza agli atti del processo dell’oggetto materiale del reato ovvero la dichiarazione infedele (Circolare Ministero delle Finanza 154/2000).

Per ciò, nella fattispecie si ritiene che, non si tratta di una descrizione eccessivamente generica dei fatti (181 c.p.p. violazione sanata se non eccepita prima dell’apertura del dibattimento ex art. 491 c.p.p.), ma di una “incertezza assoluta” dacché con la mancanza della dichiarazione contestata (assente anche nel fascicolo delle indagini preliminari del P.M.) l’imputato non è stato posto nella condizione di conoscere tutti gli elementi costituti del fatto e quindi di difendersi appropriatamente, infatti manca al fascicolo processuale il richiamato oggetto materiale del reato (dichiarazione infedele).

In definitiva, seppure il decreto di citazione contiene graficamente l’oggetto dell’imputazione con una adeguata specificità dei tratti essenziali del fatto di reato contestato, si ritiene che però la formulazione dell’accusa non è oggettivamente verificabile nella sua effettività, per l’omessa produzione agli atti del processo dell’oggetto materiale del reato, trattasi della ipotizzata dichiarazione infedele, espressamente indicata nel decreto di citazione su di cui è stato fondato il calcolo del superamento della soglia di punibilità ma omessa al fascicolo processuale, e tale omissione (onere della pubblica accusa produrre materialmente la dichiarazione contestata ) non ha consentito all’imputato un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del dritto di difesa, ovvero in primis non ha permesso di accertare se effettivamente sono stati indicati nella dichiarazione i costi fittizi (inesistenti), e se in ipotesi fossero indicati, non ha permesso il contraddittorio per contestare il calcolo della soglie di punibilità indicate nel decreto di citazione quale elemento costitutivo di natura oggettiva del reato contestato.

Cordiali Saluti.”
Consulenza legale i 29/11/2021
La richiesta di parere in esame denota una certa confusione tra quelli che sono due concetti contigui ma molto differenti tra loro: la determinatezza del capo d’imputazione e la fondatezza dell’accusa.

Il concetto di determinatezza del capo d’imputazione deriva dall’art. 429 comma 1 lettera c) c.p.p. il quale prevede, quale indispensabile requisito del decreto che dispone il giudizio, “l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge”.

Si tratta di un requisito molto importante in quanto consente al difensore, tramite apposita eccezione, di insistere per la declaratoria di nullità del decreto che dispone il giudizio/citazione diretta a giudizio laddove ve ne siano i presupposti.

Il concetto di “enunciazione in forma chiara e precisa”, tuttavia, va detto che assume una connotazione estremamente mutevole, che cambia da reato a reato.
A livello generale, comunque, può dirsi che il capo d’imputazione possiede i requisiti minimi di validità allorché sia dallo stesso chiaramente comprensibile l’oggetto del procedimento e siano concretamente tratteggiate le condotte integranti il reato contestato.

Ciò che va rilevato, dunque, è che non c’è alcuna connessione tra l’affermazione contenuta nel capo d’imputazione e quello che l’accusa ha – o non ha – raccolto nel corso delle indagini, in considerazione del fatto che tali ultime circostanze insistono sul merito del processo e fanno parte di quei temi connessi alla fondatezza dell’accusa.

Tornando al caso di specie, a nulla rileva che la dichiarazione dei redditti “infedele” non faccia parte del fascicolo delle indagini preliminari trattandosi, questa, di una circostanza che può essere utilizzata per la difesa non già per dedurre la genericità del capo d’imputazione, ma per difendersi meglio nel merito.

Si noti, peraltro, quanto segue.

Come anzidetto, il concetto di “forma chiara e precisa” varia a seconda del reato di cui trattasi.
La cosa importante, tuttavia, è che vengano quantomeno descritte le condotte che costituiscono il nocciolo duro del fatto e della fattispecie penale.
Nel caso dell’articolo 4 del d. lgs. 74/2000, dunque, sarà sufficiente:
- Indicare l’anno d’imposta oggetto di rilievo penale (ciò vale per tutti i reati fiscali);
- Le condotte che hanno consentito il superamento delle soglie di rilevanza penale variamente rappresentate dall’articolo in parola.

Tali incombenze sembrano essere state osservate nel caso di specie e sembrano, dunque, connotare un capo d’imputazione tutt’altro che generico, quantomeno alla stregua degli orientamenti giurisprudenziali in merito che, soprattutto in tema di reati fiscali, sono sempre molto restii ad affermare genericità di sorta.

Peraltro, nulla c’entra la produzione dell’accusa con il diritto di difesa.
Se l’accusa assume la violazione dell’articolo 4 sulla base di una dichiarazione “mai vista” sarà un problema dell’accusa non già dell’imputato che, anzi, avrà gioco facile nel dimostrare al giudice l’erroneità dell’imputazione mossagli e la correttezza della dichiarazione.

Si noti, però, che è molto difficile che un PM contesti l’articolo 4 senza neanche aver visto la dichiarazione.
Probabilmente, della sua infedeltà ne parlerà la GDF che ha proceduto alle indagini e se la dichiarazione non è allegata al PVC (sarebbe molto strano) il Pubblico Ministero può sempre produrla quale documento nel corso del dibattimento.