Cassazione penale Sez. I sentenza n. 6276 del 22 giugno 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

Avverso il provvedimento della corte d'appello di applicazione provvisoria di misura coercitiva in attesa di estradizione è proponibile ricorso per cassazione per violazione di legge. Detto vizio inerisce alla legittimità di tale provvedimento e non riguarda le incombenze successive alla sua emanazione ed esecuzione, di cui è cenno nell'art. 717 c.p.p. e la cui eventuale omissione va fatta valere innanzi alla corte d'appello in sede di richiesta di revoca della misura eseguita. (Fattispecie relativa all'omessa identificazione dell'arrestato, alla mancata richiesta del suo consenso all'estradizione e al mancato invito alla nomina di un difensore).

(massima n. 2)

In tema di requisiti del decreto di citazione a giudizio, la mancanza della data e del luogo del commesso reato può costituire vizio di «insufficiente motivazione», soltanto quando non sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l'episodio criminoso contestato, mentre è evidente che l'omissione è improduttiva di conseguenze giuridiche e non comporta, quindi, un obbligo di contestazione da parte del P.M. quando dagli altri elementi enunciati e dai richiami contenuti nel decreto eventualmente anche ad altri provvedimenti, risulti chiaramente in tutti i suoi termini il «fatto» per il quale il giudizio è stato disposto. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha escluso la nullità del decreto di citazione a giudizio - in cui non risultavano espressamente indicati la data ed il luogo del commesso reato - osservando che nel decreto stesso si faceva espresso richiamo al precedente decreto penale di condanna e che il fatto veniva contestato all'imputato quale esercente di un pubblico esercizio di cui risultava precisata la relativa denominazione: cosicché, tenuto conto del complesso delle informazioni portate a conoscenza dell'imputato, doveva escludersi la insufficienza della contestazione, non potendo sorgere dubbio almeno sull'episodio oggetto della imputazione).

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