Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4450 del 6 novembre 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

Deve considerarsi abnorme, e quindi immediatamente ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il tribunale, nella fase degli atti introduttivi al dibattimento, erroneamente valutando indeterminata ed insufficiente l'enunciazione del fatto contestato, dichiara la nullità del decreto che dispone il giudizio e restituisce gli atti per quanto di competenza al giudice che lo ha emesso; tale decisione, infatti, determina un'inammissibile regressione del processo ad una fase anteriore, creando una situazione di paralisi in quanto il giudice per le indagini preliminari cui gli atti sono rimessi non dispone dei poteri necessari per sanare la nullità predetta, dovendosi escludere che gli spetti un autonomo potere integrativo o correttivo, né tantomeno può ordinare a sua volta la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda all'eventuale integrazione dell'imputazione, in quanto anche tale provvedimento, determinando un'inammissibile regressione processuale, sarebbe abnorme.

(massima n. 2)

L'incompatibilità del giudice può essere eccepita esclusivamente con l'istanza di ricusazione di cui all'art. 38 c.p.p., e non direttamente con il ricorso per Cassazione: ciò in quanto le doglianze contro provvedimenti giurisdizionali, per essere ammissibili, debbono essere dedotte con i mezzi tassativamente indicati, nelle forme e nei termini prescritti dalla legge processuale. Ne consegue che anche una eventuale questione di legittimità costituzionale, diretta ad introdurre ed a far valere un motivo di incompatibilità del giudice, può essere esaminata solo nell'ambito di un procedimento di ricusazione correttamente introdotto. (Nella fattispecie la Suprema Corte, enunciando il principio di cui in massima, ha dichiarato irrilevante la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal ricorrente con i motivi di impugnazione, delle norme che regolano il giudizio direttissimo, nella parte in cui non prevedono che, a celebrare il giudizio, non sia un giudice diverso da quello che ha disposto la convalida dell'arresto dell'imputato).

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