Gran parte dei problemi nasce dalla convinzione, invero piuttosto radicata, per cui, al momento della successione (art. 456 del c.c.), a ciascun figlio spetti automaticamente la stessa quota dell’abitazione. In realtà la normativa sulla successione è molto più articolata e non sempre la casa è destinata a diventare proprietà di tutti i fratelli.
La legge tutela i diritti dei figli garantendo a ciascuno una parte minima del patrimonio, la cosiddetta “legittima”. Oltre a questa quota esiste una porzione dell’eredità che il genitore può assegnare liberamente, anche favorendo uno dei figli rispetto all’altro.
Questo può avvenire attraverso disposizioni testamentarie oppure tramite donazioni effettuate quando il genitore è ancora in vita.
Quando si parla di legittimari ci si riferisce a quelle persone che la legge tutela in modo particolare nel momento in cui si apre la successione. Si tratta dei soggetti che, in virtù del rapporto familiare con il defunto, non possono essere esclusi dalla successione neppure se il testamento abbia disposto diversamente. La normativa italiana individua come legittimari il coniuge e i figli e, soltanto quando questi manchino, gli ascendenti. Questa categoria, proprio perché protetta, ha la possibilità di reagire nel caso in cui la quota che la legge riserva loro venga compromessa da donazioni fatte in vita dal de cuius, oppure da disposizioni testamentarie eccessivamente sbilanciate.
Il sistema delle successioni offre, infatti, diversi strumenti per difendere la cosiddetta quota di legittima. Se un figlio o un altro legittimario ritiene che il patrimonio sia stato distribuito in modo da ledere questo diritto, può rivolgersi al giudice attraverso l’azione di riduzione e, quando necessario, ottenere anche la restituzione dei beni da parte di chi ne sia divenuto titolare. È fondamentale, inoltre, calcolare con precisione il valore della quota di legittima. Si parte dal patrimonio rimasto al momento della morte – il cosiddetto relictum – e da questo valore si sottraggono tutti i debiti lasciati dal defunto. Al totale così ottenuto vanno aggiunte le donazioni compiute in vita, formando quella che tecnicamente viene definita “riunione fittizia”. Le donazioni devono poi essere riunite al patrimonio netto, indipendentemente dal fatto che il defunto abbia dispensato o meno i beneficiari dall’obbligo di collazione.
Ad ogni modo, all’apertura della successione e in presenza di un immobile da ripartire tra i vari fratelli, le situazioni più frequenti sono sostanzialmente quattro, accomunate però da un unico risultato, ovvero l’assegnazione della casa familiare ad uno solo dei fratelli, mentre gli altri ottengono altri beni o diritti alternativi.
Capita, talvolta, che il valore della casa corrisponda alla quota ereditaria di uno dei fratelli. In questo caso, l’immobile può essere attribuito interamente a lui, mentre l’altro riceve altri beni o liquidità. Normalmente ciò richiede una divisione formale, che può essere stabilita nel testamento oppure, in mancanza di accordo, davanti al giudice.
Un caso molto comune riguarda le donazioni fatte dal genitore prima della morte. Se uno dei figli ha già ottenuto beni di valore equivalente alla sua quota ereditaria, l’abitazione può essere assegnata all’altro senza particolari complicazioni. È, però, importante valutare come le donazioni incidano sulla collazione e come vadano calcolate nel patrimonio complessivo.
Anche quando la proprietà è condivisa, è possibile che solo un erede abbia diritto ad abitare l’immobile. Succede ad esempio quando, nel testamento, viene attribuito l’usufrutto a uno dei figli, oppure quando l’erede è già inquilino con contratto regolare. In questo caso il canone dovrà essere ripartito tra tutti i comproprietari.
Non è raro che uno dei fratelli sia già titolare di una quota dell’immobile. Potrà, dunque, ottenere l’intera proprietà compensando l’altro fratello con ulteriori beni o acquistando la restante parte. In caso di giudizio, spesso il giudice assegna l’immobile proprio al comproprietario, purché risultino rispettati anche i diritti successori dell’altro.