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La responsabilità del conducente di una imbarcazione rispetto al terzo trasportato

La responsabilità del conducente di una imbarcazione rispetto al terzo trasportato
La Cassazione conferma la presunzione di responsabilità del vettore per i danni cagionati al terzo trasportato anche in materia di trasporto marittimo.
All’interno dell’ordinanza n. 12063 del 13 aprile 2022, la sesta sezione della Corte di Cassazione è intervenuta in materia di trasporto nautico, al fine di valutare la responsabilità del conducente circa i danni arrecati al soggetto terzo trasportato in caso di sinistro via mare.
Trattasi, invero, di una pronuncia concernente un argomento molto delicato nella prassi, il quale di recente ha rinvenuto ampio spazio nelle vicende di cronaca giornalistica (si pensi, ad esempio, al naufragio della Concordia). Pertanto, le vicende fattuali degli ultimi anni hanno attenzionato la giurisprudenza recente, la quale si è sempre più occupata delle suddette forme di risarcimento del danno cagionato durante il trasporto nautico.
In materia di risarcimento del danno da circolazione nautica e navale, vi è apposita legislazione speciale, la quale rimanda alle regole generali del Codice civile in materia di trasporto e responsabilità civile per il danno cagionato al terzo trasportato.

In particolare, la materia era dapprima regolata dall’art. 47, L. 11 febbraio 1971, n. 50, il quale è poi successivamente transitato nella più recente disposizione normativa di cui al D.lgs 18 luglio 2005, n. 171, in base al quale la responsabilità civile verso terzi derivante dalla circolazione nautica è regolata dall' art. 2054 del c.c.., in base al quale “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.

Secondo la combinazione della normativa di stampo speciale e quella di natura generale, in materia di circolazione nautica l’onere della prova grava sul soggetto vettore, e non sul terzo trasportato: quest’ultimo, difatti, deve provare di aver fatto tutto ciò che era in suo potere al fine di evitare il perfezionamento del pregiudizio in capo al soggetto trasportato, attraverso le ordinarie regole di diligenza del buon padre di famiglia, ovvero di diligenza tecnica, in caso di trasportatore professionista (commi 1 e 2 ex art. 1176 del c.c.).
Così che, secondo l’interpretazione della giurisprudenza di legittimità, ad essere responsabile dei danni avverso il terzo trasportato via mare è il conducente di natanti, se quest’ultimo non riesce a dimostrare di aver fatto tutto quanto era in suo potere al fine di evitare il danno (Corte di Cass., sentenza 26 giugno 2015, n. 13324): trattasi, invero, di una forma di responsabilità civile presunta, derogatoria rispetto alle ordinarie regole della responsabilità di stampo aquiliano, in base alla quale è il sul danneggiato che cade l’onere della prova, e non sul danneggiante (art. 2043 del c.c.).
Non trova in materia applicazione la normativa del codice della navigazione, la quale prevede l’applicazione delle regole ordinarie in materia di responsabilità civile aquiliana in materia di circolazione nautica amichevole. In particolare, la norma di riferimento è l’art. 414 del Codice della navigazione, in base alla quale: “Chi assume il trasporto di persone o di bagagli a titolo amichevole è responsabile solo quando il danneggiato provi che il danno dipende da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti e preposti”.

Pertanto, anche in materia di navigazione il legislatore ha preferito conservare la presunzione di responsabilità del conducente vettore, in luogo di quella ordinaria di stampo aquiliano, in base al quale è invece da conferirsi l’onere della prova in capo al soggetto danneggiato: ciò in quanto, essendo il trasporto marittimo estremamente pericoloso, è necessario che il soggetto vettore, il quale si impegni a trasportare il terzo in via amichevole e/o professionale, adoperi tutte le cautele necessarie al trasporto. In mancanza, risulta responsabile, alla luce del comportamento omissivo circa la neutralizzazione del rischio che, sebbene consentito dall’ordinamento (in quanto trattasi di attività socialmente utile), resta comunque da gestire, al fine di impedire la causazione del danno (art. 1375 del c.c.).

Oltre alla normativa in materia di responsabilità aquiliana presunta (da applicarsi qualora il trasportato sia un soggetto terzo), restano comunque applicabili le ordinarie regole della responsabilità civile in materia di contratto di trasporto, di cui all’ art. 1681 del c.c., nel caso in cui ad essere trasportato è soggetto legato al vettore da vincolo contrattuale (ovvero, da contatto sociale qualificato, in base alla giurisprudenza di legittimità, cfr., sentenza 23 febbraio 2009, n. 4343). La normativa in esame afferma che: “Salva la responsabilità per il ritardo e per l'inadempimento nell'esecuzione del trasporto, il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell'avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”. La norma in esame riprende le ordinarie regole della responsabilità civile, in base al quale l’onere della prova in materia contrattuale grava sul debitore inadempiente, ovvero sul danneggiante (ex art. 1218 del c.c.). Tuttavia, al fine di imputare il danno, resta comunque necessario il previo accertamento del nesso causale.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la responsabilità del conducente di un'imbarcazione in presenza della c.d. onda anomala, essendo il fenomeno naturalistico oggettivamente prevedibile, e pertanto evitabile dal soggetto vettore: quest’ultimo, dunque, è responsabile, stante il fatto che non ha utilizzato ogni mezzo a disposizione per evitare il danno cagionato al soggetto trasportato.

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