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Proprietario dell'appartamento responsabile per l'avvelenamento da ossido di carbonio

Proprietario dell'appartamento responsabile per l'avvelenamento da ossido di carbonio
Il locatore è responsabile anche per i vizi preesistenti la consegna ma che si sono manifestati successivamente alla stessa.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19744 del 19 settembre 2014, si è occupata di un interessante caso in materia di locazione (art. 1571 cod. civ.) e di responsabilità del proprietario dell’immobile.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il proprietario di un appartamento era stato convenuto in giudizio dai genitori di un soggetto, che era deceduto per avvelenamento da ossido di carbonio mentre si trovava nel bagno dell'appartamento in cui abitava in affitto.

Secondo gli attori, la causa dell’evento mortale doveva ricondursi al fatto che lo scaldabagnocollocato nell'anno 1988 non era stato installato a regola d'arte per insufficienza tanto della capienza del locale quanto del sistema di scarico dei fumi, essendo il condotto di esalazione (…) risultato irregolare fin dall'origine, in quanto non collegato ad un apposito cavedio tecnico ma alla canna di deflusso dei fumi delle cucine e privo dello sfiato di riserva”.

Il Tribunale, pronunciatosi in primo grado, aveva assolto il proprietario dell’appartamento, evidenziando che il medesimo aveva, in effetti “installato il boiler non conformemente alla normativa di sicurezza allora in vigore ed aveva altresì omesso di dotare il bagno di una presa d'aria” ma, nonostante ciò, il decesso del figlio degli attori doveva ricondursi alla “avvenuta anomala e imprevedibile chiusura della canna fumaria” da parte di soggetti terzi.

Di conseguenza, secondo il Giudice, non era risultato provato che l’operato del proprietario dell’appartamento “fosse causalmente collegato al decesso del figlio degli attori”.

Ritenendo la sentenza ingiusta, i due genitori proponevano appello avverso la sentenza di primo grado, che veniva parzialmente accolto.

La Corte d’appello, infatti, dichiarava la responsabilità del proprietario dell’immobile nella misura di un terzo, condannando al risarcimento dei danni procurati agli attori, che venivano quantificati in oltre 25.000 euro per ciascuno.

Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione riteneva di dover accogliere il ricorso proposto dai genitori del deceduto, che ritenevano errata la pronuncia di responsabilità solo parziale del proprietario dell’appartamento.

Evidenziavano i ricorrenti, in proposito, che, nel caso di specie, era pacifico che lo scaldabagno fosse stato installato dal proprietario in violazione della normativa di sicurezza e che tale illegittima situazione era stata la causa dell’evento mortale, con la conseguenza che la Corte d’appello “ben avrebbe potuto ritenere operante in capo al proprietario-locatore la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., escludendo ogni responsabilità del conduttore”.

Osservavano i ricorrenti, inoltre, che il figlio “non aveva alcuna disponibilità sulle strutture e sugli apparati dell'immobile che hanno concorso alla causazione del sinistro” e che, pertanto, il medesimo non aveva il potere-dovere di intervenire sui medesimi.

Secondo i ricorrenti, inoltre, la Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito al figlio deceduto un concorso di colpa, nonostante gli artt. 1578 e 1580 cod. civ. prevedessero che il “locatore è tenuto alla garanzia di tutti i vizi che impediscono in modo apprezzabile l'idoneità della cosa locata all'uso pattuito”.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti, accogliendo il relativo ricorso.

Precisava la Cassazione, infatti, che “la responsabilità del locatore per i danni derivanti dall'esistenza dei vizi sussiste anche in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente ad essa nel caso in cui il locatore poteva conoscere, usando l'ordinaria diligenza, i vizi secondo la disciplina di cui all'art. 1578 c.c.”.

Rilevava la Cassazione, poi, che “il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell'immobile locato quand'anche tali condizioni fossero note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità”.

Poiché, nel caso in esame, i giudici di secondo grado non si erano attenuti a tali principi, la Corte di Cassazione riteneva di dover accogliere il ricorso proposto dai genitori del deceduto, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, “procedendo peraltro ad accertare le condizioni di abitabilità dell'immobile ed in particolare di utilizzabilità in sicurezza del bagno al momento della consegna del bene al conduttore”.


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