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Perdono l’affido del figlio i genitori che si denigrano a vicenda

Famiglia - -
Perdono l’affido del figlio i genitori che si denigrano a vicenda
Niente affido condiviso del figlio per i genitori che siano in grande conflitto tra loro e che si denigrino vicendevolmente.
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5604/2020, si è pronunciata in merito all’adeguatezza dell’affido congiunto del figlio minore nei casi in cui, tra i genitori, vi sia una situazione di grave conflittualità.

La vicenda giudiziaria di cui si è occupata la Suprema Corte, vedeva come protagonisti una coppia di genitori che, essendo incapaci di elaborare in modo adeguato il fallimento della loro relazione e del loro progetto di vita comune, avevano dato origine ad una situazione di grande conflittualità, denigrandosi a vicenda, e senza rendersi conto della sofferenza psicologica che tale situazione provocava al figlio minore, il quale sperava sempre in una riappacificazione dei genitori.

Alla luce di tale situazione, il Tribunale rigettava la domanda di affido condiviso presentato dalla coppia, e sospendeva la loro responsabilità genitoriale, affidando il minore al Comune di residenza con collocazione prevalente presso la madre.
Tale decisione veniva, poi, confermata anche dalla Corte d’Appello, secondo cui, stante l’elevata conflittualità dei genitori, era da escludere l’affido condiviso del figlio.

Il padre decideva, pertanto, di ricorrere dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando come i giudici di secondo grado non avessero tenuto in considerazione il fatto che il conflitto con l’ex compagna fosse nato dalla decisione di questa di trasferirsi a Roma, il che avrebbe, di fatto, impedito l’esercizio della bigenitorialità. Secondo il ricorrente, pertanto, soltanto un affidamento condiviso del figlio avrebbe potuto evitare che tutte le scelte di vita relative allo stesso fossero demandate esclusivamente alla madre.
Si eccepiva, inoltre, la mancanza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla mancata ammissione, da parte del giudice d’appello, di una CTU psicologica sui genitori e sul minore, al fine di accertare il fatto che la madre, con le proprie condotte, volesse rendere marginale, per il figlio, la figura paterna.

La Suprema Corte ha, tuttavia, rigettato il ricorso, confermando quanto disposto dalla Corte d’Appello.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, quest’ultima ha fornito una motivazione molto ampia e dettagliata della propria decisione, descrivendo come i due genitori fossero incapaci di esercitare in modo idoneo la propria responsabilità genitoriale. Come deciso dai giudici di merito, dunque, la soluzione migliore per gli interessi del minore non può che consistere nel suo affidamento al Comune di residenza, considerato che gli stessi Servizi Sociali interpellati hanno evidenziato la sussistenza di un clima di assoluta conflittualità tra le parti, in cui entrambi i genitori cercano di screditare la figura dell’altro, senza dimostrare in alcun modo una seppur minima intenzione di affrontare un percorso di mediazione.

Gli Ermellini hanno, altresì, evidenziato come, in accordo con quanto ritenuto dalla Corte territoriale, non fosse necessario procedere ad una CTU psicologica sulle parti e sul figlio, risultando pienamente esaustivi, ai fini della decisione, i mezzi di prova forniti nel corso del giudizio.

Si è, infine, sottolineato come, anche la decisione di disporre la collocazione prevalente del minore presso la madre, non significasse affidarlo alla stessa, ma rispondesse al mero fine di tutelare il bambino, seppur nella consapevolezza che tale decisione non può che comportare delle conseguenze nel rapporto tra lo stesso e l’altro genitore.


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