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Donna ferita dal cane altrui: paga il padrone

Donna ferita dal cane altrui: paga il padrone
Sentenza del Tribunale di Firenze sul risarcimento del danno causato da un cane: responsabilità del proprietario dell’animale
Il Tribunale del capoluogo toscano, con sentenza n. 2715 del 5 agosto 2025, si è espresso in merito alla domanda risarcitoria proposta da una donna nei confronti della padrona di un cane, in relazione alle lesioni - nello specifico, al braccio sinistro - riportate in conseguenza dell’urto con l’animale.

Ma procediamo con ordine.
La danneggiata citava in giudizio, appunto, la proprietaria del cane, esponendo di essere caduta per effetto dell’urto violento da parte del cane di proprietà della convenuta, il quale correva insieme ad altri cani in un’area apposita.
Per tali motivi chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare la responsabilità della proprietaria del cane ai sensi e per gli effetti dell’art. 2052 del c.c..

Quest’ultima, nel costituirsi in giudizio, non contestava la verificazione dell’evento, ma negava la propria responsabilità, nonché il quantum della pretesa, in considerazione del luogo in cui si era verificato il sinistro (uno spazio destinato proprio alla libertà di movimento di tali animali) e invocando il caso fortuito e/o il concorso della danneggiata nel verificarsi del medesimo. Concludeva, dunque, per il rigetto della domanda; in subordine, in ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda attorea, chiedeva valutarsi il concorso di colpa dell’attrice.

All’esito dell’istruttoria svolta (mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, espletamento di prova testimoniale, dell’interrogatorio libero delle parti e di CTU medico-legale), il Tribunale così motivava la propria decisione.

Secondo il giudice fiorentino, alla fattispecie in esame è pacificamente applicabile l’art. 2052 c.c. il quale, nel disciplinare il danno da animali, dispone che “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.

Prosegue il Tribunale affermando che la responsabilità del proprietario o custode dell’animale è presunta, in quanto fondata non sulla colpa, bensì sul rapporto di fatto con l’animale.
Si tratta, più precisamente, di un caso di responsabilità oggettiva, in cui il proprietario risponde dei danni causati dall'animale indipendentemente dal suo comportamento doloso o colposo, ma esclusivamente perché proprietario (o momentaneo possessore) dell’animale.
Per poter essere esente da responsabilità, il proprietario dell’animale sarà tenuto a provare che il danno è stato causato da un caso fortuito: cioè da un evento imprevedibile, inevitabile e assolutamente eccezionale (Cass. Sez. 3^ del 20.7.2011 nr. 15895 Rv 619452; nello stesso senso Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 10402 del 20/05/2016 Rv. 640035 - 01).


Pertanto, il proprietario e il custode dell’animale rispondono in ogni caso dei danni arrecati a terzi, a meno che non forniscano - appunto - la prova del caso fortuito, ossia dell’intervento di un fattore esterno idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo (laddove il “fortuito” può essere costituito anche dalla condotta inadeguata o imprudente del soggetto passivo).

Conseguenza dell’applicazione di tali principi è il seguente riparto dell’onere della prova:
  1. sull’attore incombe il compito di dimostrare l’esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo;
  2. sul convenuto grava l’onere di provare l’intervento di un fatto estraneo alla sfera soggettiva del responsabile, idoneo ad interrompere il nesso causale.

Dalla lettura della sentenza in esame si evince come la prova gravante sul danneggiato sia, comunque, piuttosto rigorosa.
Infatti, afferma il giudicante, “la dimostrazione del nesso tra comportamento dell’animale ed evento lesivo richiede sempre e comunque una adeguata e chiara deduzione assertiva, nel senso che la parte che invoca la responsabilità del proprietario del cane è tenuta a descrivere le specifiche modalità dell’accaduto e non limitarsi ad una descrizione dell’evento-aggressione generica ed appresa de relato”.

Facendo applicazione dei principi sopra enunciati, e analizzando le risultanze probatorie, il Tribunale ha ritenuto che la domanda dell’attrice fosse fondata, anche alla luce delle conclusioni raggiunte dal CTU nominato.
Il giudice ha considerato sussistente la natura colposa della condotta della convenuta, da ricondursi all’inosservanza di specifiche norme cautelari afferenti al governo e alla conduzione dei cani, volte a prevenire, neutralizzare o ridurre rischi per la pubblica incolumità.

Peraltro, in risposte alle difese della convenuta, il Tribunale osserva che “la circostanza che il cane fosse all’interno di un’area “dedicata” non esime, difatti, i proprietari dal mantenersi attenti sulla loro condotta così da essere pronti ad intervenire dal momento che la posizione di garanzia assunta dai medesimi impone comunque l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire fatti lesivi a terzi”.
Né la convenuta ha fornito, nel caso de quo, la prova liberatoria del caso fortuito.

Concludendo, il Tribunale di Firenze, in accoglimento della domanda introduttiva, ha condannato la proprietaria del cane al pagamento sia di un importo a titolo di danno patrimoniale sia di una somma a titolo di danno non patrimoniale, oltre al rimborso delle spese di lite.


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