Varie, infatti, sono le situazioni in cui i condomini devono partecipare alle spese, come ad esempio per l’illuminazione delle scale, la pulizia delle aree comuni o, nei casi più impegnativi, la sostituzione delle caldaia oppure il rifacimento del tetto. A tal proposito, il comma 3 dell’art. 1118 del c.c. dispone che “il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali”.
Ebbene, a questo punto è necessario fare una precisazione. Infatti, non sempre le spese deliberate dall’amministratore o dall’assemblea sono legittime. La normativa, infatti, prevede alcune situazioni in cui il condomino ha il diritto di non pagare e di contestare gli addebiti, senza per questo violare i propri doveri.
Quando le spese non sono vincolanti
Pensiamo, ad esempio, al caso in cui il bilancio condominiale non sia stato approvato regolarmente. Senza una delibera valida, nessuna spesa può essere imposta ai proprietari e chi riceve una richiesta di pagamento in presenza di tali presupposti può legittimamente rifiutarsi di corrisponderlo.
Lo stesso accade quando vengono messe a carico dei condomini spese eccessive o voluttuarie, come la costruzione di una piscina o l’installazione di impianti di lusso: in questi casi, chi non intende usufruirne non è obbligato a contribuire, purché l’opera resti utilizzabile dagli altri.
Un altro terreno delicato riguarda le spese decise senza il necessario passaggio assembleare. L’amministratore, infatti, non ha poteri illimitati: solo l’assemblea può approvare gli interventi che diventano vincolanti per tutti. Se una decisione non passa da questo organo, la richiesta di pagamento non ha alcun fondamento giuridico. Analogamente, una delibera assembleare che ripartisca i costi in modo scorretto, violando i criteri fissati dalla legge o dal regolamento condominiale, può essere impugnata. È il caso, ad esempio, di quote sproporzionate o di esoneri concessi a un condomino senza il consenso unanime degli altri.
Non bisogna poi dimenticare i cosiddetti vizi procedurali: convocazioni inviate in ritardo o non ricevute, quorum assembleari non rispettati, errori formali che – all’apparenza innocui – possono incidere sulla validità stessa della delibera.
Se il vizio è procedurale, la delibera non è automaticamente nulla, ma può essere annullata, a condizione che la contestazione arrivi entro 30 giorni.
Diverso è il caso della nullità vera e propria, che riguarda decisioni radicalmente illegittime e prive di effetti fin dall’origine, come quelle che incidono sui diritti fondamentali dei condomini: in queste situazioni, non esiste un termine di decadenza per far valere la propria opposizione.
Ancora, un condomino può essere esonerato dal pagamento di alcune spese direttamente dall’assemblea, che deve deliberare all’unanimità.
Altro caso di esenzione riguarda le spese relative solo ad alcuni condomini. Si pensi, ad esempio, a condomini con più scale e con spazi indipendenti rispetto alle altre. In questo caso, i proprietari parteciperanno esclusivamente alle spese relative agli spazi della propria scala.
Sul piano pratico, chi ritiene ingiusta una richiesta di pagamento deve, anzitutto, controllare con attenzione i documenti contabili, le tabelle millesimali e la corretta attribuzione degli oneri tra proprietario e inquilino. Solo dopo questa verifica è possibile inviare un reclamo formale all’amministratore. Non basta una telefonata o una comunicazione informale: occorre una lettera scritta, inviata con strumenti che diano certezza della ricezione, come una raccomandata o una PEC.
Se il problema non si risolve, la questione può essere portata dinanzi all’assemblea, che ha il potere di confermare o modificare la decisione contestata.
Qualora però l’assemblea ribadisca la propria posizione, l’unica alternativa è quella di ricorrere al giudice.
Tuttavia, la legge prevede un passaggio obbligatorio, ossia quello della mediazione, che ha lo scopo di tentare una soluzione condivisa e meno onerosa. Solo in caso di fallimento di questo tentativo, il condomino può rivolgersi al giudice civile, che ha il potere di annullare la delibera se rileva violazioni della legge, dello statuto condominiale o delle tabelle millesimali.