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Bollette del telefono sproporzionate: l’utente ha diritto a contestarle

Bollette del telefono sproporzionate: l’utente ha diritto a contestarle
Il cliente ha sempre diritto a contestare ed impugnare la fattura per l'utenza telefonica fornendo prova contraria anche se vige la presunzione di veridicità e autenticità di quanto attestato dal gestore.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17041 del 2 dicembre 2002, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di fatturazione delle utenze telefoniche.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un avvocato aveva agito in giudizio dinanzi al giudice di pace, nei confronti di Telecom Italia S.p.a, al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza dei crediti di cui ad alcune fatture emesse dalla società medesima.

Il giudice di pace riteneva di dover accogliere la domanda, condannando Telecom al ripristino dell’utenza (sospesa in ragione dell’asserito mancato pagamento delle fatture), oltre che al pagamento delle spese di giudizio.

Tale sentenza, tuttavia, veniva riformata in sede di appello; pertanto l’avvocato decideva di proporre ricorso in Cassazione.

Secondo il ricorrente, in particolare, nel corso del giudizio di primo grado era stata fornita la prova dell’anomalia degli addebiti, “sia con prove testimoniali sia con prove documentali (sulla uniformità dei consumi trimestrali nel tempo), mentre la controparte si era limitata a dedurre che il contratto di utenza era integrato dalle norme del DPR 1973 n.156 e del relativo regolamento di servizio (art. 12 DM 9 settembre 1988 n. 485) che consentivano all’ente di addebitare il traffico di utenza sulla base delle indicazioni del contatore centrale”.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente.

Secondo la Cassazione, infatti, la sentenza d’appello non aveva tenuto in minima considerazione gli elementi probatori che erano stati, invece, correttamente valorizzati dal giudice di primo grado, quali “elementi di presunzione del minor consumo dell’utente e dell’anomalia nell’emissione delle fatture per consumi elevati”.

La Cassazione, inoltre, rilevava come il giudice di secondo grado non avesse nemmeno spiegato se “l’ente abbia prodotto documentazione asseverativa dei controlli e dei collaudi effettuati presso il cd. contatore centrale”.

Pertanto, in mancanza di riscontri probatori, il ragionamento del giudice d’appello appariva “logicamente incompleto e viziato”.

Infatti, osservava la Corte come “fermo restando che il contratto di abbonamento telefonico è un contratto di adesione di natura privata, ma integrato da norme speciali (che prevedono il sistema delle tariffe a contatore per la contabilizzazione del traffico) e norme regolamentari (che prevedono le regole della contabilizzazione a contatore centrale), tale particolare disciplina non impedisce all’utente di superare la presunzione di veridicità della contabilizzazione, dimostrando, con prova libera, anche orale, che il consumo reale è inferiore a quello recato nella fattura”.

La bolletta, proseguiva la Corte, è “un atto unilaterale di natura meramente contabile (Cass. 17 febbraio 1986 n. 847) e la stessa Corte Costituzionale (nelle sentenze n. 546 del 1994 e n. 1104 del 1998) ha posto in rilievo come il rapporto di utenza sia un servizio pubblico essenziale, ma soggetto al regime contrattuale di diritto comune, ed alle relative regole di adempimento e di prestazioni secondo buona fede”.

Peraltro, se le norme regolamentari (in particolare, l’art. 12 del DM 1988 n. 484) “prevedono l’obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale, tale obbligo non può risolversi in un privilegio probatorio, basato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta”.

Precisava la Cassazione, in proposito, che l’utente ha “un diritto di contestazione e di controllo e l’ente è tenuto a dimostrare sia il corretto funzionamento del contatore centrale, sia la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore e il dato trascritto nella fattura. In particolare producendo la documentazione del traffico telefonico relativo all’utenza”.

Dunque, se, come nel caso di specie, tale documentazione non viene fornita, l’utente aveva diritto di dare prova della contestazione, sia mediante presunzioni che per testi.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, annullando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa al Tribunale, affinchè il medesimo decidesse in base ai principi sopra enunciati.


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