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Atti meramente confermativi e atti di conferma

Atti meramente confermativi e atti di conferma
Il Consiglio di Stato rimarca la differenza tra i provvedimenti di secondo grado e gli atti di conferma in senso proprio.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 8590 del 24 dicembre 2021, ha affrontato ancora una volta il tema della distinzione tra gli atti meramente confermativi e gli atti propriamente confermativi, anche in relazione alla loro impugnabilità. Nonostante tale recente provvedimento ribadisca quanto già a più riprese affermato negli anni dalla giurisprudenza amministrativa, sembra comunque utile riportare schematicamente le conclusioni in esso raggiunte in quanto estremamente chiare e complete.

Il caso giunto al vaglio dei giudici di Palazzo Spada, in particolare, riguardava la vicenda procedimentale prima e processuale poi di un cittadino pakistano. Questo, infatti, aveva presentato istanza di rilascio del permesso di soggiorno ma la Questura aveva emesso provvedimento di diniego, non ritenendo provata l’esistenza dei rapporti di lavoro citati dall’istante nella richiesta.
Quest’ultimo, allora, aveva impugnato il diniego dell’Amministrazione ma il TAR aveva respinto il ricorso per mancata tempestiva produzione ei documenti comprovanti i rapporti di lavoro discussi.
Avverso tale sentenza aveva proposto appello il privato, dolendosi dell’omesso esame della documentazione prodotta in giudizio. Successivamente, la III Sezione del Consiglio di Stato aveva sospeso in via cautelare l’efficacia ella sentenza di primo grado e aveva chiesto adempimenti istruttori alla Prefettura sull’effettività di quei rapporti di lavoro.
Prima del passaggio della causa in decisione, tuttavia, è intervenuto un decreto di revoca del provvedimento di diniego emesso dal Questore, il quale aveva riesaminato favorevolmente la posizione del cittadino pakistano, giungendo a ammettere l’esistenza dei rapporti di lavoro controversi e rilasciando il permesso di soggiorno. Alla luce di tale provvedimento, il Consiglio di Stato si è dunque trovato a doverlo qualificare per determinare le sorti dell’appello pendente.

Nella motivazione della sentenza in esame, pertanto, i Giudici Amministrativi ricordano che:
  • gli atti meramente confermativi sono provvedimenti c.d. di secondo grado che “si connotano per la ritenuta insussistenza, a parte dell’amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con la precedente determinazione”. Essi, segnatamente, non conseguono ad una nuova istruttoria e ad una nuova ponderazione degli interessi coinvolti e, non avendo carattere autonomamente lesivo ma limitandosi a riconoscere l’esistenza di un precedente provvedimento, non sono suscettibili di autonoma impugnazione;
  • gli atti di conferma, al contrario, sono veri e propri provvedimenti, adottati all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi: infatti “solo l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fase considerata, può condurre a un atto “propriamente confermativo”, in grado, come tale, di dare vita a un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione”.

Ciò posto, il Consiglio di Stato ha affermato la natura propriamente confermativa del decreto emesso, lite pendente, dal Questore, essendo l’emanazione di tale provvedimento conseguita ad un riesame, svolto sulla scorta di nuovi adempimenti istruttori, della posizione dello straniero. Rilevato dunque che, come tale, questo provvedimento avrebbe potuto essere autonomamente impugnato ma che nessuna impugnazione vi è stata, il Collegio ha dovuto dichiarare l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse.


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