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L'assemblea di condominio può disciplinare il parcheggio delle auto nelle aree comuni

L'assemblea di condominio può disciplinare il parcheggio delle auto nelle aree comuni
Secondo la Cassazione, l'assemblea di condominio può disciplinare l'utilizzazione come parcheggio di un'area comune ma non può introdurre sanzioni diverse da quelle pecuniarie.
L’assemblea di condominio può disciplinare l’uso del parcheggio condominiale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 820 del 16 gennaio 2014, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, dei condomini avevano agito in giudizio al fine di veder dichiarata nulla o annullabile la delibera con cui l’assemblea del condominio aveva approvato il regolamento riguardante il parcheggio dei veicoli all’interno delle aree condominiali.

Il Giudice di Pace, pronunciatosi in primo grado, aveva rigettato la domanda dei condomini e la sentenza veniva confermata anche in secondo grado.

Il Tribunale riteneva, infatti, che il regolamento fosse pienamente legittimo, in quanto lo stesso aveva la legittima finalità di “dettare regole specifiche ai singoli condomini per un uso più razionale della cosa comune e una migliore prestazione dei servizi che andasse a vantaggio del condominio intero”.

Secondo il Tribunale, inoltre, era legittima anche la sanzione inserita nel regolamento stesso, che prevedeva la “rimozione dell’auto non in regola a spese del proprietario”, in caso di parcheggio irregolare.

Ritenendo la decisione ingiusta, i condomini decidevano di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo i ricorrenti, in particolare, il regolamento relativo al parcheggio doveva considerarsi illegittimo, in quanto attribuiva ad ogni unità immobiliare un unico posto auto.

Dall’esame dei rendiconti consuntivi, invece, emergeva che, in conformità di quanto previsto dall’art. 1123 cod. civ., le spese relative all’area adibita a parcheggio venivano ripartite fra i condominiin misura proporzionale alla proprietà di ciascuno”.

Osservavano i condomini, infatti, che, in base all’art. 1118 c.c., “il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni dell’edificio (tra cui i cortili anche se adibiti a parcheggio) è proporzionale al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene”.

Di conseguenza, secondo i condomini, nel caso in esame non vi era “proporzionalità tra i “millesimi” attribuiti al singolo condomino ed il godimento dello spazio condominiale da parte di costui, che quindi non è correlato alla quota di proprietà condominiale facente capo ai singoli condomini”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, riteneva di poter dar dare solo parzialmente ragione ai ricorrenti.

Osservava la Cassazione, in proposito, che il regolamento in questione non aveva né modificato né disciplinato il regime di ripartizione delle spese per la manutenzione del cortile.

Precisava la Cassazione, inoltre, che, per quanto riguarda la “questione della misura di utilizzazione della cosa comune”, occorre far riferimento a quanto previsto dall’art. 1102 c.c., “secondo il quale, ciascun partecipante al condominio può servirsi della cosa comune, ‘purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto’”.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, poiché l’utilizzazione come parcheggio di un’area comune configura “un uso della cosa comune”, la disciplina di tale utilizzazione disposta dall’amministratore di condominio “non riguarda la misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini sulla cosa comune ma raffigura una modalità d’uso della cosa stessa”.

Quanto alla sanzione della “rimozione dell’auto non in regola a spese del proprietario”, prevista dal regolamento, la Cassazione riteneva, però, di dover dar ragione ai ricorrenti.

Precisava la Cassazione, infatti, che, non poteva ritenersi consentitointrodurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie”, in quanto le stesse contrasterebbero “con i principi generali dell’ordinamento che non consentono al privato – se non eccezionalmente – il diritto di ‘autotutela’”.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso dei condomini limitatamente alla questione relativa alla sanzione, rinviando la causa al Tribunale, affinchè il medesimo decidesse nuovamente sulla questione.


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