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Articolo 51 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 25/08/2024]

Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere

Dispositivo dell'art. 51 Codice Penale

L'esercizio di un diritto(1) o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo(2) della pubblica Autorità, esclude la punibilità [55].

Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.

Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo(3).

Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine(4)(5).

Note

(1) La scriminante dell'esercizio del dovere, per la sua esistenza necessita il ricorrere di alcuni presupposti. In primo luogo l'esistenza di un diritto, da intendersi, secondo la dottrina prevalente, in senso ampio ovvero come ogni potere giuridico di agire (diritto soggettivo, potestativo, potestà o facoltà giuridica), eccetto gli interessi legittimi e i c.d. interessi semplici. Altri autori invece ritengano che debba trattarsi di un vero e proprio diritto soggettivo privato, tutelato dalla norma in modo diretto ed individuale. Poi tale diritto deve trovare la propria fonte del diritto scriminante in una legge in senso stretto, un regolamento, un atto amministrativo, un provvedimento giurisdizionale, un contratto di diritto privato, la consuetudine, una fonte comunitaria. Successivamente il diritto deve essere esercitato dal suo titolare o dal suo rappresentante, al quale si estenderà la scriminante in esame, qualora si tratti di diritto non personale (titolarità). Affinché possa poi essere esclusa la punibilità del fatto commesso, la stessa norma che riconosce il diritto deve consentire, almeno implicitamente, di poterlo esercitare mediante quella determinata azione che di regola costituisce reato. Si tratta dei cd limiti all'esercizio del diritto, che possono essere intrinseci,se desumibili dalla ratio e dal contenuto astratto della norma da cui promana il diritto (si pensi al potere di distruggere la cosa propria incontra come limiti intrinseci quelli fissati dall'art. 423, comma 2, secondo cui è punito chi incendia la cosa propria se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica), oppure estrinseci, se si possono ricavare dal complesso dell'ordinamento giuridico, compreso quello penale, in quanto volti alla salvaguardia di diritti o interessi che risultano avere valore uguale o maggiore di quello da esercitarsi, sulla base di un giudizio di bilanciamento. Si ricordi poi che per i diritti previsti da leggi ordinarie, i limiti si desumono dalla fonte e dal complesso delle altre leggi contenute nell'intero ordinamento, mentre per quelli costituzionalmente garantiti, sono considerati limiti solo quelli tendenti al soddisfacimento di altri interessi costituzionali di rango equivalente.
Per chiarire, come casi rilevanti di esercizio del diritto, si ricordano ad esempio il diritto di cronaca giornalistica (il diritto di narrare, attraverso parole o fotografie, i fatti che avvengono), garantito dall'art. 21 Cost. Nell'esercizio di tale diritto, possono figurarsi situazioni che offendono l'onore e la reputazione di una persona (anch'essi beni costituzionalmente tutelati (v. artt. 2 e 3 Cost.), presupposti del reato di diffamazione (v. 595), tuttavia qui interviene la scriminante,a patto che vengano rispettati determinati limiti ricavabili dall'ordinamento ( tradizionalmente si richiede che la notizia pubblicata sia vera, che esista un interesse pubblico alla sua divulgazione e che l'informazione sia esposta in maniera obiettiva, con un linguaggio necessariamente corretto e di per sé non offensivo). Si ha poi il diritto di sciopero (astensione collettiva e concordata dei dipendenti dall'attività lavorativa per il perseguimento di un fine comune di natura contrattuale, politico-economico o di solidarietà), costituzionalmente garantito dall'art. 40 Cost. e limitato dall'ordinamento. Deve infatti presentare le caratteristiche dell'astensione collettiva dal lavoro, del perseguimento di interessi economici, professionali e politici dei lavoratori e dello svolgimento pacifico della manifestazione. A questi limiti interni se ne aggiungono altri cd esterni, cioè derivanti dalla necessità di coordinare il riconoscimento del diritto di sciopero con gli altri valori costituzionali, tra cui vi sono i diritti inerenti alla vita e alla integrità psico-fisica dell'individuo (si pensi allo sciopero nei servizi pubblici essenziali), i diritti relativi alla libertà del singolo dipendente, non aderente allo sciopero, di raggiungere il posto di lavoro e di svolgere il lavoro.
(2) La norma si riferisce anche alla scriminante dell'adempimento del dovere, il quale può essere imposto da una norma giuridica oppure da un ordine cd legittimo, la cui legittimità sia formale che sostanziale (salvo il caso di cui al comma 4 dell'articolo in esame) il subordinato ha il diritto e il dovere di sindacare.
Trova copertura sotto la scriminante in esame, l'ipotesi in cui il soggetto agente, su ordine impartito dal suo superiore gerarchico, abbia partecipato all'altrui attività criminosa per farla fallire e farne arrestare gli autori, essendosi limitato ad una attività di controllo e di osservazione dell'altrui attività illecita, senza alcuna possibilità di dare poi effettiva esecuzione al reato. Il legislatore ha poi previsto delle autonome figure di scriminanti in materia di acquisto di stupefacenti (artt. 97-98 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), in materia di acquisto di materiale pornografico (art. 14, l. 3 agosto 1998, n. 269) e in materia di delitti commessi con finalità di terrorismo (art. 4, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito in l. 15 dicembre 2001, n. 438).
(3) Si pensi, ad esempio, al caso del soldato, che, credendo che sussista ancora lo stato di assedio in una città, obbedisce all'ordine di sparare contro alcuni passanti. Qui non l'errore sul fatto esclude il dolo (v. 47).
(4) La norma si riferisce ai soggetti coinvolti in rapporti di subordinazione di natura militare o assimilati (es.: agenti di polizia, pompieri etc.), basati sull'obbligo all'obbedienza. L'insindacabilità, però, è solo sostanziale mai formale, di conseguenza il subordinato potrà verificare: la forma dell'ordine; l'attinenza dell'ordine al servizio; la competenza dell'autorità ordinante. Nell'ipotesi di manifesta criminosità dell'ordine (il caso dell'ufficiale di polizia, ubriaco o impazzito che ordina di sparare su una pacifica folla), avrà il diritto-dovere di opporre un rifiuto.
(5) Si rimanda alla disciplina speciale degli art. 66, l. 1 aprile 1981, n. 12, per l'ordinamento della P.S., e art. 12 quater, d.l. 8 giugno 1992, n. 306 convertito con modifiche nella l. 7 agosto 1992, n. 356 per i provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa.

Ratio Legis

La norma disciplina congiuntamente le due scriminanti, in quanto accomunate dalla medesima ratio, ovvero il principio di non contraddizione, secondo cui l'ordinamento non può da un lato riconoscere al soggetto la possibilità di agire in un certo modo e dall'altro sanzionare tale suo comportamento. La differenza si situa poi nel fatto che l'esercizio del diritto presuppone un potere di agire riconosciuto dalla legge, mentre l'adempimento del dovere si riferisce ad un obbligo e non ad una scelta di agire, presupponendo che il comportamento sia ammesso dalla legge in quanto imposto.

Brocardi

Qui iure suo utitur neminem laedit

Spiegazione dell'art. 51 Codice Penale

Le norme sulle cause di giustificazione descrivono situazioni eccezionali in cui un fatto che normalmente costituirebbe reato non viene punito, in quanto l'ordinamento permette o esige quel comportamento.

Tale meccanismo di esclusione della risposta punitiva statale deriva dalla considerazione per cui esiste un interesse prevalente alla base della non punibilità del soggetto, come avviene nelle scriminanti dell'esercizio del diritto, della legittima difesa, dell'uso legittimo delle armi e dello stato di necessità, in cui si opera un bilanciamento degli interessi contrapposti, oppure un interesse mancante, come nella scriminante del consenso dell'avente diritto, dove viene meno l'interesse punitivo dello Stato per effetto della rinuncia del titolare alla conservazione del proprio bene.

Tramite la norma in oggetto l'antigiuridicità della condotta viene esclusa in quanto il soggetto ha agito adempiendo ad un ordine legittimo dell'Autorità oppure ad un dovere.

La causa di giustificazione trova il proprio fondamento nel principio di non contraddizione, evidentemente compromesso se la norma imponesse di agire in un certo modo e poi comminasse una sanzione per l'adempimento.

Tra e fonti del dovere vanno sicuramente annoverate le leggi formali del Parlamento, le leggi regionali e anche le consuetudini secundum legem, dato che le scriminanti non seguono strettamente il principio di riserva di legge, avendo assunto una propria autonomia concettuale.

Per quanto concerne invece l'ordine legittimo, esso è quello emanato da un superiore competente a dare l'ordine, con la relativa soggezione dell'inferiore ad obbedirvi, rispettando le varie forme previste dalla legge.

L'ordine illegittimo non ha efficacia scriminante in sole due ipotesi:
  • errore di fatto sulla legittimità, che esclude la punibilità quando il soggetto abbia creduto per errore di obbedire ad un ordine legittimo;
  • errore insindacabile, quando il soggetto agente non può in alcun modo contestare l'ordine, dato che alla mancata obbedienza seguirebbe una sanzione.

In tale ultima ipotesi, tuttavia, la causa di giustificazione non opera quando l'ordine sia affetto da manifesta criminosità.
Da ultimo, se l'esecuzione dell'ordine configura un reato, di questo ne risponderà chi ha dato l'ordine.

///SPIEGAZIONE ESTESA

Anche la scriminante di cui all’art. 51 c.p. esprime il principio che sta alla base di tutte le cause di giustificazione: il principio di non contraddizione, in virtù del quale l’ordinamento giuridico non può, allo stesso tempo, concedere un diritto e vietarne poi l’esercizio.
Al primo comma della norma, si prevede che la punibilità sia esclusa se il fatto di reato è commesso da colui che sta esercitando un suo diritto, inteso dalla giurisprudenza come diritto soggettivo in senso stretto e non come situazione giuridica di favore in una accezione più ampia.
Le fonti del diritto che si esercita possono essere diverse: la legge, il regolamento, l’atto amministrativo, il provvedimento giurisdizionale, il contratto e, a detta di alcuni, le consuetudini.
Quale può essere considerata la norma “prevalente“ nel caso di conflitto tra più norme, tra le quali una attribuisca il diritto che può essere legittimamente esercitato? La dottrina ritiene che si debbano seguire gli ordinari criteri di prevalenza tra le norme, ovvero il criterio gerarchico, quello cronologico e quello di specialità.
L’esercizio del diritto deve comunque essere effettuato in modo consono e conforme alla norma attributiva dello stesso configurando, diversamente, un’ipotesi di abuso del diritto, censurabile in quanto confliggente con l’ordinamento giuridico.
La giurisprudenza ha elaborato nel tempo una serie di ipotesi classiche” di esercizio del diritto.
Tra queste, si colloca, in primo luogo,:
  • L’esercizio del diritto di cronaca. Per esercitare il diritto di cronaca, ritenuto espressione del più generale valore della libera espressione del pensiero, previsto dall’art. 21 Cost., bilanciandolo con altri principi costituzionali facenti capo all’onore e alla reputazione personale, è necessario osservare talune determinate condizioni. In particolare, la notizia oggetto di cronaca deve essere “vera”; in secondo luogo, deve sussistere un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti; infine, l’esposizione dei fatti deve essere fatta in modo pertinente, senza sconfinare nella scorrettezza, ma rimanendo obiettivi rispetto alla verità dei fatti. Affinché una notizia possa considerarsi “vera”, è necessario per l’informatore dimostrare di aver raccolto il maggior numero di informazioni possibili, che gli abbiano permesso di configurare la notizia riportata come aderente ai fatti storici, anche grazie alla cura riposta nell’attività di controllo e di verifica della vicenda. L’osservanza della verità della notizia comporta il dovere, per colui che esercita il diritto di cronaca, di narrare non solo il fatto principale ma, se opportuno, anche ulteriori fatti ad esso collegati, necessari al fine di potersi formare una completa e veritiera opinione sull’accaduto, alla luce di tutte le circostanze del caso. Il fatto che la notizia sia “immediata” non consente di sacrificare il requisito della verità, che è presidio degli interessi dell’onore e della reputazione dei soggetti coinvolti nella vicenda e richiede di conseguenza un’attenta analisi nella narrazione, nonostante l’urgenza di comunicare la notizia. In tali casi, allorquando non sia possibile accertare con precisione la conformità dei fatti al vero, è necessario dilazionare l’esercizio del diritto di cronaca al momento in cui sarà possibile operare una corretta ricostruzione dei fatti. L’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti, poi, deve essere coordinato, dopo il passaggio di un certo periodo di tempo, con il diritto all’oblio del soggetto coinvolto, e con la presunzione di non colpevolezza, in virtù del quale l’imputato non si considera colpevole sino alla sentenza definitiva. Infine, per quanto attiene al requisito della continenza, è opportuno osservare che i fatti devono essere esposti in maniera chiara e obiettiva, senza fare ricorso ad espressioni denigratorie e offensive. Il diritto di cronaca deve essere distinto da quello di critica e di satira. Con il diritto di critica, più che una narrazione dei fatti, interessa l’esposizione di un’opinione, di un punto di vista. L’opinione, in quanto tale, è per sua natura soggettiva, e non sarà quindi possibile accertarne, diversamente rispetto alla cronaca, una conformità coi fatti narrati. Ciò non toglie che l’informatore non debba travalicare la correttezza, diffondendosi in attacchi personali ed individuali, in grado di ledere, in maniera penalmente rilevante, la sfera giuridica altrui. Ancora diverso si presenta il diritto di satira, che consiste nel narrare con ironia e sarcasmo alcuni fatti di attualità, fino anche a raggiungere toni di irrisione dei comportamenti altrui. Anch’essa non può essere, per sua natura, assoggettata ai limiti imposti per il diritto di cronaca. Tuttavia, rappresentando comunque una forma di espressione del pensiero, non può pregiudicare i valori fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico, espondendo le persone alle quali è diretta alla derisione, se non al pubblico ludibrio.
  • Il diritto di sciopero. Tale diritto, tutelato in primis dall’art. 40 Cost., che prevede che il diritto di sciopero si eserciti nell’ambito delle leggi che lo regolano, rappresenta un diritto fondamentale, assieme a quello di riunione, del prestatore di lavoro. Ovviamente, la scriminante in oggetto sarà operante se il diritto di sciopero viene esercitato in maniera corretta e nei limiti della legge, senza travalicare tale ambito, invadendo la sfera di libertà di altri soggetti.
  • I cosiddetti “Offendicula”. Con tale espressione si fa riferimento a quegli strumenti di difesa preventiva dei propri diritti, solitamente patrimoniali, consistenti in accorgimenti tecnici di vario tipo volti a tutelare la propria sfera di interessi (si pensi al filo spinato apposto al confine di un proprio fondo). Anche tali strumenti sono utilizzabili all’interno di un ben delimitato ambito applicativo, non essendo consentiti allorquando possano esporre a pericolo l’integrità fisica altrui, cagionando lesioni o addirittura la morte.
La seconda ipotesi prevista al primo comma è quella dell’adempimento di un dovere. In tal caso, è scriminato il comportamento di colui che compie un fatto di reato in presenza di un ordine legittimo o, comunque, insindacabile.
Per essere legittimo, l'ordine deve non solo avere un contenuto conforme alla legge, ma deve anche essere emanato dall’autorità competente e nelle forme prescritte.
L’ordine, poi, si ritiene sindacabile allorché si concretizzi in un atto dal “manifesto carattere delittuoso”. Infatti, dell’ordine illegittimo e però sindacabile risponde, oltre a colui che ha impartito l’ordine, anche l’esecutore dello stesso. Questo perché la legge autorizza l’esecutore ad opporsi all’attuazione di un ordine non conforme all’ordinamento giuridico.
A tal riguardo, menzione a parte merita la figura del cosiddetto “agente provocatore”, figura introdotta dall’art. 9 della L. 146/2006, utilizzato dal legislatore al fine di contrastare i fenomeni di criminalità più grave.
Una disciplina unitaria del fenomeno è stata offerta dalla L. 16 marzo 2006 n. 146, relativa alla “Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001”.
Già prima di tale data esistevano alcune ipotesi (art. 97 D.P.R. 309/1990) che consentivano agli agenti di polizia di acquistare sostanze stupefacenti al solo fine di procurarsi le prove per perseguire delitti in materia di droga.
L’esigenza di una disciplina compiuta in tale ambito, ha trovato riscontro nell’art. 9 della citata L. del 2006, che ha previsto la possibilità di effettuare “operazioni sotto copertura” ad opera della Polizia Giudiziaria.
La disciplina dei soggetti “infiltrati” prevede che: “gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 452-quaterdecies, 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall'articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro o altra utilità, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato o ne accettano l'offerta o la promessa o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego ovvero corrispondono denaro o altra utilità in esecuzione di un accordo illecito già concluso da altri, promettono o danno denaro o altra utilità richiesti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio o sollecitati come prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o per remunerarlo o compiono attività prodromiche e strumentali”.
Con tale normativa si è riempito quel vuoto di tutela che rischiava di pregiudicare la sicurezza e la legittimità dell’operato degli agenti sotto copertura.
L’attività dell’”infiltrato”, in ogni caso, si deve risolvere in una “attività di osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni illecite altrui”.
Se la condotta dell’agente infiltrato acquista viceversa una “efficacia causale” rispetto al delitto compiuto dal reo, determinando a compiere attività illecite prima inesistenti o inducendo l’indagato in tal senso, l’agente risponderà a titolo di concorso di persone nel reato.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 51 Codice Penale

Cass. pen. n. 9953/2022

In tema di diffamazione, ricorre l'esimente dell'esercizio dei diritti di critica e di satira politica nel caso in cui le espressioni utilizzate esplicitino le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo personale.

Cass. pen. n. 33754/2022

In tema di calunnia, integra un'ipotesi di legittimo esercizio del diritto di difesa ed è scriminata dall'art. 51 cod. pen., la condotta dell'agente che affermi falsamente fatti tali da coinvolgere altre persone, che sa essere innocenti, nella responsabilità per il reato a lui ascritto, purché le false accuse non eccedano i limiti della utilità ed essenzialità, nel senso della assenza di ragionevoli alternative per una efficace confutazione dei fatti in contestazione, indipendentemente dal grado di articolazione della indicazione accusatoria mendace.

Cass. pen. n. 15871/2022

Ai fini dell'esclusione del reato di oltraggio, costituiscono lecita manifestazione del diritto di critica le espressioni che siano immediatamente percepite come un giudizio che investe il provvedimento posto in essere dal pubblico ufficiale; allorché, invece, la critica non si ponga in un rapporto di immediatezza con l'operato del pubblico agente ma sia indirizzata alla sua persona, con espressioni munite di vigore offensivo e idonee a sminuirne la dignità, non si verte più nei limiti consentiti di un dissenso scriminato.

Cass. pen. n. 17705/2022

In tema di rapporto tra calunnia e diritto di difesa, l'esclusione di tale delitto dal novero di quelli rispetto ai quali si applica la causa di esclusione della colpevolezza di cui all'art. 384, comma primo, cod. pen. comporta che nessuno spazio di operatività deve riconoscersi all'esercizio del diritto scriminante di difesa ex art. 51, comma primo, prima parte, cod. pen. - altrimenti incidendosi sull'antigiuridicità della condotta - nei casi in cui l'imputato, lungi dal limitarsi a una generica negazione della fondatezza degli addebiti mossigli e/o della veridicità degli elementi di accusa, si difenda accusando specificamente terzi, che sa essere innocenti, di aver commesso reati.

Cass. pen. n. 3284/2021

In caso di lesioni personali colpose cagionate durante una competizione sportiva, ai fini della valutazione della responsabilità penale dell'atleta antagonista della vittima, devono essere applicati i criteri ordinari sulla colpevolezza, individuando la regola cautelare che presidia l'attività sportiva e la doverosità della condotta richiesta secondo canoni di prudenza, perizia e diligenza, nonché di osservanza delle specifiche regole di gioco volte a evitare il pericolo di lesioni.

Cass. pen. n. 41013/2021

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che effettua un'intervista può beneficiare dell'esimente del diritto di cronaca con riferimento al contenuto delle dichiarazioni ingiuriose o diffamatorie a lui rilasciate, se riportate fedelmente ed in modo imparziale, senza commenti e chiose capziose a margine - tali da renderlo dissimulato coautore - e sempre che l'intervista presenti profili di interesse pubblico all'informazione, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, al suo oggetto e al contesto delle dichiarazioni rilasciate. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da censure la condanna dell'imputato per la pubblicazione di un'inchiesta giornalistica frutto di assemblaggio di dichiarazioni di terzi, commentate con chiose ed amplificate nella loro portata, e di informazioni sul passato di un personaggio politico, senza previa verifica della serietà ed attendibilità delle fonti).

Cass. pen. n. 43693/2021

Configura un'ipotesi di concorso morale nel reato di omicidio il cd. mandato in bianco, ossia l'ordine impartito dall'agente di uccidere persone designate in funzione dell'appartenenza ad un certo gruppo, atteso che i soggetti passivi, anche se non indicati individualmente, sono determinabili in base a caratteristiche selettive rispondenti alle finalità perseguite dall'agente stesso. (Nella specie, l'imputato, in qualità di Ministro degli Esteri di uno Stato governato da dittatura militare e membro di un organismo deputato alla repressione della lotta sovversiva contro le formazioni rivoluzionarie e gli oppositori al regime, con poteri di comando assoluto per l'attuazione del c.d. Piano Condor stipulato tra i Paesi dell'America Latina, aveva ordinato operazioni di sequestro ed omicidio di soggetti individuati in ragione della loro appartenenza a specifici gruppi di opposizione politica, garantendo l'impunità agli esecutori).

Cass. pen. n. 21703/2021

In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca, il giornalista che riporti una notizia tratta da un procedimento penale, in particolare se risalente nel tempo, è tenuto a verificarne gli esiti giudiziali, onde accertare se la stessa si sia poi rivelata priva di fondamento, tanto da comportare l'assoluzione dell'accusato.

Cass. pen. n. 23672/2021

In tema di falso in atto pubblico non può essere invocata la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen., nella forma del principio "nemo tenetur se detegere", per aver il pubblico ufficiale estensore dell'atto attestato il falso in ordine a quanto ivi rappresentato, al fine di non far emergere la propria responsabilità, non potendo la finalità probatoria dell'atto pubblico essere sacrificata all'interesse del singolo di sottrarsi alle conseguenze di un delitto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità, in ordine al reato di cui all'art. 479 cod. pen., di un agente di polizia penitenziaria per aver attestato in una relazione di servizio che le lesioni patite da un detenuto erano dovute ad una caduta dalle scale e non dalle percosse dallo stesso infertegli).

Cass. pen. n. 13979/2021

Integra il reato di diffamazione la pubblicazione su una pagina "facebook" di un'accusa, del tutto immotivata, ad un professore di operare manipolazioni psicologiche degli studenti e così praticare metodi contrari agli scopi formativi ed educativi dell'insegnamento, trattandosi di espressioni che, in sé e per il contesto fattuale di riferimento, travalicano i limiti della continenza espositiva.

Cass. pen. n. 9566/2020

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica, che pure tollera l'uso di parole forti e toni aspri, ove tali espressioni siano generiche e non collegabili a specifici episodi, risolvendosi in una gratuita manifestazione di sentimenti ostili che prescinde dalla verità dei fatti storici su cui si fonda l'elaborazione critica.

Cass. pen. n. 2457/2020

La scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. è configurabile in relazione al delitto di ricettazione, di dati e "files" oggetto di illecita sottrazione a terzi, commesso al fine di produrli all'autorità giudiziaria nell'esercizio del proprio diritto di difesa, attesa la recessività dell'interesse patrimoniale tutelato dal delitto di cui all'art. 648 cod. pen. rispetto al fine difensivo perseguito dall'imputato, che trova fondamento nell'art. 24 Cost., alla cui essenza, insuscettibile di essere compressa, va ricondotto il potere di adire l'autorità giudiziaria per la tutela dei propri interessi.

Cass. pen. n. 29128/2020

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente del diritto di cronaca può essere riconosciuta al giornalista che riporti fedelmente le dichiarazioni, oggettivamente lesive dell'altrui reputazione, rilasciate da un personaggio pubblico nel corso di un'intervista, indipendentemente dalla veridicità e continenza delle espressioni riportate, per il prevalente interesse pubblico a conoscere il pensiero dell'intervistato in relazione alla sua notorietà, che non deve essere intesa necessariamente come sinonimo di autorevolezza "a priori", da cui desumere l'affidabilità delle dichiarazioni, ma valutata anche in ragione della notorietà della persona offesa e delle vicende oggetto di propalazione. (Fattispecie relativa alla pubblicazione di dichiarazioni lesive dell'onore e della reputazione di un magistrato, rese dal protagonista di una vicenda economico finanziaria di rilievo nazionale, in cui la Corte ha annullato la decisione che, sminuendo la rilevanza pubblica della posizione sociale dell'intervistato, aveva escluso la scriminante del diritto di cronaca per gli intervistatori e i direttori delle testate giornalistiche). (Annulla in parte senza rinvio, CORTE APPELLO BRESCIA, 13/11/2018).

Cass. pen. n. 31263/2020

In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica, che trova fondamento nell'interesse all'informazione dell'opinione pubblica e nel controllo democratico nei confronti degli esponenti politici o pubblici amministratori, è necessario che l'elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'esclusione dell'esimente, sia pure nell'ampia visione convenzionale del diritto alla libertà di espressione in contesti di critica politica, nel caso di un articolo di stampa che attribuiva ad un sindaco, senza alcun appiglio oggettivo e mediante travisamento o manipolazione dei fatti storici, il sospetto di mafiosità, per la gestione familiaristica e clientelare dell'amministrazione comunale). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO BARI, 10/06/2019).

Cass. pen. n. 2399/2020

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non può essere scriminato, ai sensi dell'art. 51 cod. pen., dalla scelta del datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perché, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO FIRENZE, 18/02/2020).

Cass. pen. n. 17259/2020

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di critica del giornalista non può essere svilito, limitandolo alla esposizione dei fatti e alla loro puntuale, esatta riproduzione, sicché non può negarsi al predetto il diritto di ricercare e di riferire al lettore legami, rapporti e relazioni, dirette o indirette, immediate o mediate, quando questi elementi risultino oggettivamente sussistenti. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 28/11/2018).

Cass. pen. n. 16472/2020

In tema di reati tributari, l'accordo tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito, quantunque comporti la rimodulazione della sua scadenza, che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, non esclude che, al verificarsi di detta scadenza senza la soddisfazione totale del debito, il reato resti comunque configurabile, in quanto la previsione di una causa sopravvenuta di non punibilità del fatto lascia immutata l'illiceità della condotta, che non può ritenersi scriminata ai sensi dell'art. 51 cod. pen. né ai sensi dell'art. 59, comma quarto, cod. pen., cadendo l'errore del contribuente su norme penali (nella specie gli artt. 10-ter e 13, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), con conseguente applicazione dell'art. 5 cod. pen.

Cass. pen. n. 17243/2020

In tema di diffamazione, l'esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell'altrui reputazione, ma non vieta l'utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, hanno anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato. (Fattispecie in cui la Corte non ha ritenuto esorbitante dai limiti della critica legittima l'accusa di "assoluta incapacità ad organizzare il reparto" rivolta al direttore di un Pronto Soccorso da un consigliere del comitato consultivo di un'Azienda Ospedaliera che, nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dell'attività e dell'organizzazione aziendale, evidenziava reali disservizi organizzativi e sollecitava i dovuti controlli). (Annulla senza rinvio, TRIBUNALE SANTA MARIA CAPUA VETERE, 04/10/2018).

Cass. pen. n. 14013/2020

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il cronista che raccoglie notizie in via confidenziale dalle forze dell'ordine che hanno condotto un'operazione di polizia giudiziaria può invocare, qualora la notizia non risulti veritiera, la scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca a condizione che abbia assolto all'onere di esaminare, controllare e verificare l'informazione, offrendo la prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un cronista che, nel riportare la notizia di un arresto, aveva erroneamente indicato l'imputato come imparentato ad un esponente della criminalità organizzata, sulla scorta di una informazione fornitagli confidenzialmente dall'ufficiale di polizia giudiziaria operante, ma non aveva effettuato su di essa alcun controllo). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO NAPOLI, 05/03/2018).

Cass. pen. n. 12898/2020

Non integra il reato di diffamazione, per carenza di offensività della condotta, l'invio di una missiva con la quale il creditore non ammesso al passivo denunci al presidente del tribunale e agli altri organi della procedura fallimentare "comportamenti scorretti" del commissario straordinario, qualora essa si sostanzi in una rimostranza rispetto ad una situazione ritenuta ingiustamente lesiva dei propri diritti o prerogative, che ha per obiettivo, attraverso la rappresentazione della propria versione dei fatti, di sollecitare, in un contesto naturalmente conflittuale, l'intervento dei legittimi interlocutori istituzionali per favorire la piena realizzazione della "par condicio creditorum", e le espressioni utilizzate non trasmodino in alcun modo in aggressioni gratuite della altrui reputazione, essendo preordinate al ripristino di una situazione compromettente per i propri interessi economici. (Rigetta, GIUDICE DI PACE MANTOVA, 25/01/2019).

Cass. pen. n. 13782/2020

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente del diritto di cronaca giudiziaria è configurabile, qualora la notizia sia mutuata da un provvedimento giudiziario, quando l'attribuzione del fatto illecito ad un soggetto sia rispondente a quella presente negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione, sia sotto il profilo dell'astratta qualificazione che della sua concreta gravità, con la conseguenza che essa non è invocabile se il cronista attribuisca ad un soggetto un fatto diverso nella sua struttura essenziale rispetto a quello per cui si indaga, idoneo a cagionare una lesione della reputazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non scriminata l'attribuzione ad un soggetto di una condotta di bancarotta fraudolenta nell'ambito di un'indagine relativa ad un fallimento del valore di circa 100 milioni di euro, a fronte di un'imputazione di ricettazione prefallimentare di beni del valore di 900 mila euro). (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO L'AQUILA, 03/12/2018)

Cass. pen. n. 15093/2020

In tema di cronaca giudiziaria, non integra un'ipotesi di diffamazione a mezzo della stampa la divulgazione di una notizia d'agenzia riportante l'erronea affermazione che taluno sia stato raggiunto da richiesta di rinvio a giudizio anziché da avviso di conclusione delle indagini preliminari, dal momento che, in tal caso, la divergenza tra quanto propalato e l'effettivo stato del procedimento costituisce una mera inesattezza su un elemento secondario del fatto storico, che non intacca la verità della notizia principale, secondo cui il procedimento, nella prospettiva della pubblica accusa, è approdato ad una cristallizzazione delle risultanze d'indagine funzionale alla sua progressione. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che, diversamente, non viene meno la rilevanza penale del fatto in caso di diffusione dell'erronea notizia a termini della quale una persona è stata rinviata a giudizio, implicando questo atto il positivo vaglio della prospettazione accusatoria da parte di un giudice).

Cass. pen. n. 14043/2020

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo straniero che commette il reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana in forza del principio di territorialità e non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto sia incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano. (Fattispecie in cui è stato ritenuto irrilevante che la legislazione del Marocco preveda che l'obbligo di contribuzione decorre solo dalla sentenza di divorzio, prevalendo il disposto dell'art.147 cod.civ. in base al quale l'obbligo di assistenza sussiste indipendentemente da un provvedimento definitivo o provvisorio del giudice). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO FIRENZE, 18/02/2019)

Cass. pen. n. 8986/2019

In tema di cause di giustificazione, lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano, in cui l'agente ha scelto di vivere, attesa l'esigenza di valorizzare - in linea con l'art. 3 Cost. - la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l'instaurazione di una società civile multietnica. (Fattispecie, in tema di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, di lamentata non considerazione di particolari connotazioni culturali e religiose proprie dell'imputato). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO ROMA, 24/04/2019)

Cass. pen. n. 15086/2019

In tema di diffamazione a mezzo stampa, qualora sia pubblicato il contenuto di una denuncia-querela, è configurabile l'esimente del diritto di cronaca giudiziaria nel caso in cui il giornalista, nel rispetto della verità e della continenza, si limiti a riferire, sia pure nel loro "minimum" storico, senza arbitrarie aggiunte o indebite insinuazioni, i fatti di cui alla denunzia, ponendosi, rispetto ad essi, quale semplice testimone, animato da "dolus bonus" e da "ius narrandi". (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO ANCONA, 11/10/2018)

Cass. pen. n. 16959/2019

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che effettua un'intervista può beneficiare dell'esimente del diritto di cronaca con riferimento al contenuto delle dichiarazioni ingiuriose o diffamatorie a lui rilasciate, se riportate fedelmente ed in modo imparziale, senza commenti e chiose capziose a margine - tali da renderlo dissimulato coautore - e sempre che l'intervista presenti profili di interesse pubblico all'informazione, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, al suo oggetto e al contesto delle dichiarazioni rilasciate. (Rigetta in parte, CORTE APPELLO MILANO, 23/10/2018)

Cass. pen. n. 7008/2019

In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità dell'esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria, incombe sul giornalista l'onere di allegare gli elementi di fatto concreti ed idonei a giustificare l'erroneo convincimento in ordine alla veridicità della notizia, non essendo a tal fine sufficiente far riferimento ad un generico affidamento in buona fede ad una fonte informativa non meglio indicata, a nulla rilevando che essa sia stata utilizzata da altre fonti di informazione. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso potesse suffragare l'esimente putativa la circostanza che la medesima notizia falsa, di contenuto diffamatorio, fosse stata riportata anche da altri giornali). (Rigetta, CORTE APPELLO ROMA, 23/10/2018)

Cass. pen. n. 50189/2019

La scriminante putativa dell'esercizio del diritto di critica o di cronaca è configurabile solo quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il giornalista abbia assolto all'onere di esaminare, controllare e verificare l'oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva affermato la responsabilità per il delitto di diffamazione aggravata di un giornalista che aveva omesso l'esame degli atti giudiziari criticati e si era affidato per la comprensione degli stessi, affermandosi sprovvisto della necessaria competenza tecnica, al legale del soggetto destinatario degli atti stessi e interessato a rappresentare in modo a sé favorevole i fatti processuali).

Cass. pen. n. 48757/2019

In tema di delitti colposi, la scriminante relativa all'adempimento di un dovere, prevista dall'art. 51 cod. pen., è configurabile nel caso in cui la condotta dell'agente derivi dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta, quando la condotta sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la applicabilità della scriminante nei confronti di un capocantoniere che, nell'esercizio delle sue mansioni di ricerca della carcassa di un animale posizionata sotto il guard-rail, viaggiando imprudentemente a velocità ridottissima nella corsia di sorpasso di una superstrada, aveva cagionato un incidente stradale e la morte di uno dei conducenti coinvolti). (Rigetta, CORTE APPELLO BOLOGNA, 07/12/2018)

Cass. pen. n. 2473/2019

In materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l'offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell'imputato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la frase incriminata potesse essere scriminata in base al diritto di "critica sindacale" ed ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna pronunciata ai soli effetti civili). (Annulla senza rinvio, TRIBUNALE ROMA, 13/07/2017)

Cass. pen. n. 51235/2019

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che effettua un'intervista può beneficiare dell'esimente del diritto di cronaca con riferimento alle dichiarazioni a lui rilasciate, anche se oggettivamente lesive dell'altrui reputazione, se vi sia un interesse a conoscere il pensiero dell'intervistato, per la sua autorevolezza o per la speciale conoscenza della materia, ma risponde secondo gli ordinari parametri di valutazione (veridicità della notizia, continenza espositiva e interesse pubblico) per i commenti e le espressioni, poste "a latere" o a margine dell'intervista, che non si limitino a riassumerne il contenuto o a commentarlo, ma che riportino fatti o opinioni diversi o anche antagonisti rispetto al contenuto delle dichiarazioni rilasciate. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO ROMA, 06/02/2018)

Cass. pen. n. 15089/2019

In tema di diffamazione, l'esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell'altrui reputazione, ma non vieta l'utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico in quanto non hanno adeguati equivalenti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non esorbitante dai limiti della critica legittima l'utilizzo, in una pagina Facebook, dell'epiteto "idiota" nei confronti di un poliziotto, non identificato nominativamente, che aveva sparato dei colpi di arma da fuoco in pieno centro cittadino per arrestare la fuga degli autori di un reato, in quanto l'imputato aveva inteso solo stigmatizzare l'uso eccessivo della forza, sproporzionato rispetto al reato e alle condizioni di tempo e di luogo in cui si era svolto il fatto).

Cass. pen. n. 29209/2018

In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della responsabilità del giornalista per un articolo che riproduce il contenuto diffamatorio di un manifesto pubblico con finalità di critica politica (nella specie, avverso l'operato di un senatore), occorre accertare se egli, nel riportare la notizia, si sia posto con la prospettiva di "terzo osservatore" dei fatti, ovvero sia solo un dissimulato coautore della dichiarazione diffamatoria, che agisca contro il diffamato. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il reato ritenendo la condotta del giornalista riconducibile ad una legittima attività di valutazione dell'agire politico, riprodotta nell'articolo al fine di adempiere allo scopo informativo proprio di quest'ultimo).

Cass. pen. n. 53150/2017

In tema di delitti colposi, la scriminante relativa all'adempimento di un dovere, prevista dall'art. 51 cod. pen., è configurabile nel caso in cui la condotta dell'agente derivi dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta, quando la condotta sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza. (Fattispecie in tema di condotta negligente ed imprudente del medico nel trattamento sanitario del detenuto).

Cass. pen. n. 42576/2016

Non integra il delitto di diffamazione (art. 595 cod. pen.) la condotta di chi invii un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un legale, considerato che, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen., "sub specie" di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche. (Fattispecie in cui l'imputato, controparte del cliente assistito dall'avvocato, aveva comunicato al Consiglio dell'Ordine che la richiesta di onorari per una diffida dal medesimo inoltratagli senza previa emissione di fattura costituiva a suo dire "un tentativo di truffa").

Cass. pen. n. 41099/2016

In tema di diffamazione a mezzo stampa, ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storicamente vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze che riguardino semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale. (In applicazione del principio, la S.C. Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva negato la sussistenza dell'esimente di cui all'art. 51 cod. pen. nei confronti del giornalista e direttore di un giornale per la pubblicazione di un articolo che, nel riferirsi all'attività professionale di un medico veterinario, aveva falsamente esposto che questi aveva millantato un intervento chirurgico mai eseguito, laddove invece, in realtà, detto intervento era stato eseguito, pur se in modo errato).

Cass. pen. n. 4031/2014

In tema di diffamazione, è configurabile l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica nel caso in cui un consigliere di minoranza di un ordine professionale diffonda - a mezzo "e mail"- la notizia di aver presentato un esposto nei confronti di altri consiglieri del medesimo ordine, con l'accusa di aver percepito indebitamente rimborsi per la partecipazione ad un convegno, in quanto gli ordini professionali sono, ai sensi degli artt. 45-49 del d.p.r. n. 328 del 2001, enti di diritto pubblico, ferma restando la necessità di verificare che la riprovazione non trasmodi in un attacco personale portato direttamente alla sfera privata dell'offeso e non sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell'avversario.

Cass. pen. n. 38130/2013

Non è applicabile la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. nei confronti di colui che, pur essendo in stato di ebbrezza alcolica, ha eseguito l'ordine di mettersi in marcia impartito da un agente di polizia che non si era reso conto che il soggetto non era nelle condizioni psicofisiche per guidare. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che l'ordine impartito non poteva considerarsi legittimo, perché emesso senza che esistessero le condizioni di fatto, e come tale non avrebbe dovuto essere eseguito dall'autista che conosceva la sua condizione di alterazione psico-fisica).

Cass. pen. n. 10964/2013

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'imputato che invochi il diritto di cronaca ha l'onere di provare la verità della notizia riportata, che non può soddisfare facendo riferimento ad una fonte anonima, confidenziale o non controllabile. (La Suprema Corte in applicazione del suddetto principio di diritto ha escluso l'applicabilità dell'esimente del diritto di cronaca in un caso nel quale un giornalista aveva indicato la sua fonte nei servizi segreti ed il funzionario del Sisde, comparso in udienza, ha opposto il segreto di Stato).

Cass. pen. n. 5760/2013

Non sussiste l'esimente del diritto di cronaca, nei confronti del direttore responsabile di un quotidiano nel quale sia pubblicato un articolo non firmato che affermi, contrariamente al vero, che nei confronti di un presidente dei revisori dei conti di una banca, si svolgano indagini per il reato di appropriazione indebita anziché per il delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza, ex art. 2638 cod. civ.; non è, infatti, irrilevante per la reputazione di un soggetto l'attribuzione di un fatto illecito diverso da quello su cui effettivamente si indaga.

Cass. pen. n. 28110/2012

L'esimente dell'esercizio del diritto non può trovare applicazione quando il diritto è dubbio o oggetto di una controversia giuridica non ancora definita in sede amministrativa o giurisdizionale. (Fattispecie in cui è stata esclusa l'esimente in relazione al delitto di interruzione di pubblico servizio per non avere i dipendenti di una scuola compiuto gli atti di ufficio, sul presupposto che non rientrassero nelle loro mansioni, avendo essi richiesto, in via giurisdizionale, il riconoscimento di quelle superiori).

Cass. pen. n. 20123/2011

La scriminante relativa all'adempimento di un dovere, prevista dall'art. 51 c.p., è configurabile nel caso in cui la condotta colposa dell'agente derivi dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta nelle ipotesi di delitto colposo, quando la condotta riferibile all'agente che ricopre una posizione di garanzia sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza. (Fattispecie in tema di distruzione pluriaggravata colposa di opere militari, contestata in relazione alla cosiddetta strage di Nassiriyah).

Cass. pen. n. 18896/2011

La causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere è inapplicabile, anche a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 66 del 2010 (c.d. codice dell'ordinamento militare) che ha abrogato la L. n. 382 del 1978, al militare che adempia ad un ordine impartitogli da un superiore gerarchico e la cui esecuzione costituisca manifestamente reato, essendo questi tenuto a non eseguirlo e ad informare al più presto i superiori. (In motivazione la Corte ha escluso l'applicabilità dell'esimente putativa dell'art. 51 c.p., invocata da un ufficiale dei carabinieri, precisando, da un lato, che l'erronea convinzione della sua esistenza si traduce in ignoranza inescusabile della legge penale e, dall'altro, che la manifesta criminosità di un ordine costituente reato non può essere ignorata quando il destinatario sia un ufficiale di polizia giudiziaria).

Cass. pen. n. 14540/2011

Ai fini dell'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. è necessario che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto che viene in considerazione, nel senso che il fatto penalmente rilevante sotto il profilo formale sia stato effettivamente determinato dal legittimo esercizio di un diritto da parte dell'agente. (Fattispecie in tema di resistenza a pubblico ufficiale, in cui la S.C. ha negato ogni rilevanza alla pretesa dell'imputato di ottenere la restituzione di un bene asseritamente sottrattogli da terzi).

Cass. pen. n. 13702/2011

In materia di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l'esimente del diritto di cronaca nel caso in cui il giornalista abbia affermato, contrariamente al vero, l'avvenuto esercizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto soltanto sottoposto a indagini preliminari.

Cass. pen. n. 2384/2011

L'immunità assicurata ai membri del Parlamento che esprimano opinioni nell'esercizio delle loro funzioni, che configura una mera causa di non punibilità, trova applicazione sempre all'interno degli istituti parlamentari e, in presenza del cosiddetto nesso funzionale, anche all'esterno, ancorché vertendosi in tema di diffamazione, non siano rispettati i tre parametri che devono connotare l'esercizio del diritto di cronaca, il rispetto della verità, la rilevanza sociale e la continenza.

Cass. pen. n. 1914/2011

Ai fini dell'accertamento della sussistenza della scriminante dell'esercizio del diritto di critica politica, il giudice deve considerare sia l'estrema opinabilità degli argomenti che la sostengono, sia la possibilità che i giudizi siano espressi in modo da far trasparire una radicale contrapposizione e un rifiuto delle altrui posizioni. (Fattispecie relativa al termine "assassino" attribuito all'autore dell'omicidio in danno del filosofo Giovanni Gentile).

Cass. pen. n. 43024/2010

È configurabile la causa di giustificazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, costituita dall'esercizio del diritto di cronaca, nel caso in cui la notizia pubblicata riguardi episodi di violenza consumati in ambito familiare, in quanto, pur trattandosi di fatti attinenti la sfera privata, sussiste un interesse pubblico alla divulgazione. (In motivazione la Corte ha precisato che l'uso della violenza in ambito familiare è circostanza esecrabile, in alcun modo lesiva della "privacy", sicché la divulgazione della notizia ha un indubbio riflesso sociale).

Cass. pen. n. 37220/2010

In tema di reati contro l'onore, non sussiste la causa di giustificazione del diritto di critica politica qualora nel corso di una pubblica assemblea il Sindaco ed un consigliere di maggioranza accusino un consigliere di minoranza avvocato e promotore di un comitato preordinato ad impedire l'urbanizzazione di un'area verde sita nel centro abitato di avere indotto un cittadino, carpendone la buona fede, a sottoscrivere un ricorso amministrativo per impugnare una concessione edilizia relativa alla detta area verde, trattandosi di espressioni apertamente denigratorie della dignità e credibilità professionale della persona offesa e, dunque, inidonee ad assurgere alla dignità di legittima critica politica, in quanto, nella specie, l'interesse dell'opinione pubblica è quello di conoscere le ragioni delle parti politiche in contrasto sulla destinazione dell'area verde; né, d'altra parte, la contesa politica può svolgersi sul piano dell'invettiva personale, di guisa che per acquisire consensi in danno dei contraddittori sia lecito ad una parte politica diffondere in pubblico considerazioni denigratorie di carattere personale o professionale nei confronti degli oppositori.

Cass. pen. n. 33994/2010

Non integra il delitto di diffamazione (art. 595 c.p.), la condotta di colui che invii un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale del proprio legale, considerato che, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., sub specie di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche.

Cass. pen. n. 27106/2010

L'esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria può essere invocata in caso di affidamento del giornalista su quanto riferito dalle sue fonti informative, non solo se abbia provveduto comunque a verificare i fatti narrati, ma abbia altresì offerto la prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti.

Cass. pen. n. 14519/2010

La liceità del ricorso agli "offendicula" va ricollegata alla causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto: quello della difesa preventiva del diritto stesso, di natura patrimoniale o personale. Affinché, però, la difesa del diritto mediante il ricorso agli "offendicula" possa ritenersi consentita, occorre che gli stessi non siano - di per sé e per loro stessa natura - Idonei a cagionare eventi di rilevante gravità, come le lesioni personali o la morte di colui che il diritto protetto aggredisce. Se, invece, si tratta di strumenti che abbiano un'intensa carica lesiva e siano, dunque, idonei a cagionare conseguenze dannose all'incolumità personale, occorre - per l'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. - effettuare, anzitutto, un giudizio di raffronto e di proporzione fra il bene difeso ed aggredito e quello offeso ed, altresì, accertare se la presenza degli "offendicula" era stata debitamente segnalata ed evidenziata, in modo che l'aggressore potesse e dovesse conoscere il pericolo al quale volontariamente si esponeva. (Fattispecie in cui era stata predisposta, per impedire l'accesso ad un terreno, una barra chiodata nascosta nell'erba).

Cass. pen. n. 6410/2010

In tema di diffamazione a mezzo stampa ricorre la scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca qualora eventi storicamente veri siano stati rappresentati in forma giuridicamente non corretta. (Fattispecie relativa ad articolo di stampa che indicava il querelante come accusato di fatti di usura, laddove lo stesso era stato rinviato a giudizio per il delitto di estorsione).

Cass. pen. n. 46107/2009

In tema di diffamazione, le critiche di scarsa professionalità e inadeguatezza pubblicamente rivolte a un pubblico ufficiale, sempre che non abbiano modalità e contenuti insultanti, esprimono giudizi di valore attingenti l'agire pubblico del destinatario e sono pertanto di per sé dotate del carattere della continenza. (Fattispecie relativa a diffamazione militare erroneamente ritenuta dal giudice di merito per la sola circostanza della pubblicazione di alcuni manifesti, nella città sede del corpo militare di appartenenza dell'agente e del superiore dichiaratamente offeso dal reato, che facevano riferimento a "inaudite prevaricazioni" e al mancato rispetto delle leggi perpetrati dall'ufficiale presunto diffamato).

Cass. pen. n. 32180/2009

Sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di critica sindacale (art. 51 c.p.) qualora il rappresentante di un'organizzazione sindacale indirizzi una missiva a vari enti istituzionali nonché alla stessa parte lesa, che censuri le scelte di quest'ultima - effettuate in qualità di Capo dell'Ufficio di Procura, in ordine alla gestione del personale amministrativo - ipotizzando a suo carico la realizzazione di comportamenti penalmente rilevanti (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto la missiva non espressione di una "querelle" personale ma di critica in ordine all'operato istituzionale, essendo volta a stigmatizzarne, ancorché con toni aspri, eppur conferenti all'oggetto della controversia, le iniziative intraprese in campo disciplinare e giudiziario,censurando atteggiamenti ritenuti inutilmente persecutori e, quindi, intervenendo a tutela dei lavoratori del settore nella veste di rappresentante di categoria).

Cass. pen. n. 6064/2009

Non è applicabile la causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere nel caso in cui il militare abbia agito in esecuzione di un ordine, impartitogli dal superiore gerarchico, avente ad oggetto la commissione di un reato, in quanto, per scriminare, l'ordine deve attenere al servizio e non eccedere i compiti d'istituto; in tal caso non solo il militare di grado inferiore può opporre legittimamente rifiuto, ma ha anche il dovere di non darvi esecuzione e di avvisare immediatamente i superiori. (Nella specie l'ordine aveva per oggetto la formazione, in data falsa, di una relazione contenente una ricostruzione di fatti avvenuti sotto la diretta percezione del pubblico ufficiale, sicché l'ordine era preordinato alla consumazione di un delitto di falso in atto pubblico e non andava eseguito ancorché le norme di principio sulla disciplina militare, contenute nella L. n. 382 del 1978, esigano un'obbedienza "pronta, rispettosa e leale".

Cass. pen. n. 13549/2008

Non integra il delitto di diffamazione la condotta di colui che indirizzi un esposto contenente espressioni offensive nei confronti di un militare all'Autorità disciplinare dell'Arma dei carabinieri, in quanto, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., sub specie dell'esercizio di un diritto di critica, costituzionalmente tutelato dall'art. 21 Cost. e da ritenersi prevalente rispetto al bene della dignità personale, pure tutelato dalla Costituzione agli artt. 2 e 3, considerato che senza la libertà di espressione e di critica la dialettica democratica non può realizzarsi.

Cass. pen. n. 27339/2007

Sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica (art. 51 c.p.) nel caso in cui — con lettera recapitata al Consiglio comunale — siano rivolte aspre critiche ad un consigliere concernenti fatti risultati veri, relativi al cumulo di molteplici cariche politiche remunerate, all'incompatibilità implicante dimissioni da alcune cariche, alla possibilità di attività professionali in conflitto con lo stesso Comune, stigmatizzandone l'attività in quanto preordinata ad «arraffare» il più possibile per sé, «fregandosene» del resto, considerato che il diritto di critica si concreta nella espressione di un giudizio o di un'opinione che, nella specie, accertata la verità dei fatti e l'applicabilità del diritto di critica politica, non è violato il limite della continenza, tenuto conto della perdita di carica offensiva di alcune espressioni nel contesto politico in cui la critica assume spesso toni aspri e vibrati e del fatto che la critica può assumere forme tanto più incisive e penetranti quanto più elevata è la posizione pubblica del destinatario.

Cass. pen. n. 38944/2006

La speciale causa di giustificazione prevista dall'art. 68 comma primo Cost. in favore del parlamentare che esprima opinioni nell'esercizio delle proprie funzioni configura una ipotesi di legittimo esercizio di un diritto (art. 51 c.p.) ed integra, come tale, una causa di giustificazione. Ne consegue che, in tal caso, la condotta è lecita, in quanto espressione dell'esercizio di un diritto che non può configurare una mera causa di esclusione della colpevolezza che lascerebbe sussistere la illiceità del fatto e, pertanto, la insindacabilità delle espressioni usate dal parlamentare, riconosciuta dall' art. 68 Cost., giova al concorrente, ai sensi dell'art. 119 c.p.

Cass. pen. n. 29436/2006

Sussiste la scriminante di cui all'art. 51 c.p. (esercizio del diritto di critica) nella condotta di un giornalista ambientalista che - nel corso di una trasmissione televisiva a difesa dei beni naturali - utilizza l'espressione «uomini squalo» nei confronti dei responsabili di speculazioni edilizie, considerato che, data per accertata la non rispondenza agli strumenti urbanistici dell'opera realizzata, il termine «squalo» ancorché aspro, non è volgare né paragonabile, nel contesto in cui è inserito, all'insulto gratuito o all'invettiva libellistica e nemmeno può considerarsi sproporzionato o sovrabbondante rispetto all'interesse preordinato a risvegliare nonché all'indignazione dovuta alla circostanza che l'autore di tale speculazione - che aveva aggirato le regole a presidio dei valori ambientali - era perdipiù un magistrato.

Cass. pen. n. 19148/2006

Ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. per il reato di diffamazione, costituisce facoltà ricompresa nel diritto del comproprietario segnalare nel corso dell'assemblea del condominio di un edificio, nel rispetto del limite della continenza e della verità del fatto, episodi costituenti reato imputabili ad altro condomino e riguardanti la cosa comune. (In applicazione di tale principi, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva condannato l'imputato per diffamazione, non ammettendolo alla prova liberatoria ai sensi dell'art. 596 c.p.).

Cass. pen. n. 208/2006

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il rispetto del limite della continenza che integra la scriminante del diritto di critica (art. 51 c.p.) richiede che il pieno soddisfacimento delle ragioni dell'informazione non debordi oltre la necessità dell'efficace comunicazione che ammette anche termini corrosivi purché preordinati ad una migliore informazione, mentre tale limite deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto allo scopo che il giornalista si è prefisso. È, pertanto, immune da censure la decisione con cui il giudice di appello affermi l'insussistenza dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. per il superamento del limite della continenza, nel caso in cui il giornalista abbia con reiterati articoli accusato un magistrato di svolgere attività illegittima per incompatibilità, dopo che i competenti organi di vigilanza (nella specie il Cons. Superiore Magistratura ed il Ministro della giustizia), ebbero ad escludere qualsiasi rilievo, anche di carattere disciplinare, in merito a tale accusa, con la conseguenza che le pubblicazioni successive alle prime notizie si caratterizzano come ritorsioni persecutorie nei confronti del magistrato che aveva in precedenza condannato il giornalista e, comunque, appaiono chiaramente estranei all'interesse pubblico dell'informazione.

Cass. pen. n. 44395/2005

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca non può oltrepassare i limiti del rispetto della verità e dell'interesse del pubblico a essere informato; in particolare il diritto di critica, che può anche essere non obbiettivo, deve tuttavia sempre corrispondere all'interesse sociale alla comunicazione nei limiti della correttezza del linguaggio. (Nella specie, la Corte ha ritenuto non operante l'esimente nell'ipotesi accuse di corruzione e connivenze con la mafia le quali, formulate con contumelie e ingiurie, proprio per la loro genericità apparentemente prive di fondamento valicavano il limite del diritto di critica).

Cass. pen. n. 37463/2005

In tema di diffamazione a mezzo stampa, per l'operatività della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. è necessario che la verità oggettiva dei fatti, intesa come rigorosa corrispondenza alla realtà, sia rispettata per tutti quegli elementi che costituiscono l'essenza e la sostanza dell'intero contenuto informativo della notizia riportata. I dati superflui, insignificanti ovvero irrilevanti, ancorché imprecisi, in quanto non decisivi né determinanti, cioè capaci da soli di immutare, alterare, modificare la verità oggettiva della notizia, non possono essere presi in considerazione, per ritenere valicati i limiti dell'esercizio del diritto di informazione ed escludere l'operatività della causa di giustificazione. (In applicazione del principio suesposto non è stata ritenuta idonea ad escludere l'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, a fronte della notizia vera dell'arresto di un soggetto per plurimi episodi di concussione, l'addizione di notizie imprecise sul numero delle persone concusse — 60 anziché 38 come indicato nella ordinanza cautelare — nonché sulla entità degli illeciti proventi — 300 milioni di lire anziché, come affermato nel provvedimento coercitivo, non superiori ai cento milioni).

Cass. pen. n. 19797/2005

In tema di circolazione stradale, il conducente del veicolo impegnato in servizio urgente di istituto se può derogare — qualora usi congiuntamente i segnalatori di allarme acustici e luminosi — alle regole sulla circolazione, non è tuttavia esonerato dall'adozione delle precauzioni necessarie per rapporto alle condizioni del traffico e della strada, così da non determinare ingiustificati pericoli per i terzi. (La Corte ha ritenuto nella fattispecie colpevole di omicidio colposo il conducente di un autoveicolo militare che, non avendo adeguato la velocità del mezzo alle cattive condizioni della strada, aveva causato la morte di un commilitone trasportato).

Cass. pen. n. 15643/2005

In tema di diffamazione a mezzo stampa, è configurabile la scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto l'onere di esaminare, controllare e verificare la notizia, in modo da superare ogni dubbio, non essendo, a tal fine, sufficiente l'affidamento ritenuto in buona fede sulla fonte. La cronaca giudiziaria è infatti lecita quando diffonda la notizia di un provvedimento giudiziario, mentre non lo è quando le informazioni da esso desumibili siano utilizzate per effettuare ricostruzioni o ipotesi giornalistiche autonomamente offensive, giacché, in tal caso, il giornalista deve assumersi direttamente l'onere di verificare le notizie e non può certo esibire il provvedimento giudiziario quale unica fonte di informazione e di legittimazione dei fatti riferiti.

Cass. pen. n. 6465/2005

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l'esimente del diritto di critica politica qualora — in una lettera inviata al direttore di un quotidiano e ivi pubblicata — dopo aver rappresentato l'inopportunità di un incarico affidato da un ente pubblico a soggetto allineato in precedenza, in qualità di appartenente ad una data corrente politica, all'opposizione, si indichi — con un parallelismo ingiustificato perché privo di riscontro nei fatti — nel destinatario di detto incarico un corrotto amministratore al pari di altri che erano al centro di disavventure giudiziarie per le quali avevano subito la custodia cautelare in carcere, in quanto il diritto di critica, sancito dall'art. 21 Cost. consente nelle dispute politiche e sindacali toni di disapprovazione anche aspri, a condizione che non si trasmodi in attacchi personali e non si sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell'avversario.

Cass. pen. n. 49019/2004

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'attribuzione di una condotta intenzionale, che può integrare gli estremi di reato, supera certamente il limite della continenza, ed esclude, pertanto, la scriminante del diritto di critica (art. 51 c.p.), la quale non può essere invocata allorché siano attribuite condotte illecite o moralmente disonorevoli. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto integrato il reato di cui all'art. 595 c.p. nell'attribuzione al soggetto passivo - nel corso di un intervento congressuale, concernente la strage di Ustica, di cui era stato contestualmente distribuito il testo scritto - dell'accusa di essere fra i «coautori di una delle più grandi operazioni di depistaggio che la Repubblica Italiana abbia mai visto», escludendo che l'inserimento di una circostanza non vera nel contesto di fortissima contrapposizione tra i fautori delle varie tesi sulle cause della strage valga - come ritenuto dalla sentenza censurata - ad integrare la sussistenza dell'esimente).

Cass. pen. n. 37435/2004

In tema di diffamazione a mezzo stampa, integra l'esimente putativa dell'esercizio del diritto di cronaca (art. 51 c.p.) il controllo della notizia attraverso il riferimento a fonti di sicura qualità ed affidabilità, che trova attuazione allorché il giornalista prima di pubblicare la notizia di un determinato fatto, avente natura di pubblico interesse, provveda ad intervistare in ordine allo stesso un soggetto particolarmente qualificato, in virtù della qualità istituzionale rivestita, il quale, nell'esprimere la propria opinione dia implicitamente per pacifico il fatto stesso; in tal caso, il riferimento a fonte attendibile e autorevole rappresenta, infatti, attuazione dell'obbligo di controllo sulla verità della notizia percepita, quale esigibile dal giornalista, e correlativamente integra - sussistendo gli altri requisiti della pertinenza e della continenza - gli estremi di un incolpevole ed involontario errore percettivo del giornalista sulla corrispondenza al vero del fatto esposto che determina l'esenzione da responsabilità. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto integrata l'esimente di cui all'art. 51 c.p. nella pubblicazione di un fatto non vero e oggettivamente offensivo - nei confronti di un procuratore della Repubblica - il quale era stato considerato come pacifico da un soggetto istituzionale, intervistato dal giornalista nella sua qualità di relatore della Commissione bicamerale sui problemi della giustizia).

Cass. pen. n. 9929/2003

Integra il delitto di calunnia la condotta dell'imputato che non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico ma rivolga all'accusatore, di cui conosce l'innocenza, accuse specifiche e idonee a determinare la possibilità dell'inizio di un'indagine penale nei suoi confronti, in quanto non ricorrono le condizioni richieste perché si configuri il legittimo esercizio del diritto di difesa e quindi la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p.

Cass. pen. n. 15176/2002

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di cronaca non può ritenersi fedele al requisito della veridicità dei fatti qualora la ricostruzione degli avvenimenti avvenga in modo da travisare la consecuzione degli stessi, omettendo il riferimento di fatti rilevanti nella proposizione delle notizie e, per contro, proponendone taluni in una luce artificiosamente emblematica, al di là della loro obiettiva rilevanza, in modo da tentare di indirizzare il giudizio del lettore.

Cass. pen. n. 10135/2002

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio della critica per assumere rilievo scriminante nei confronti di un'offesa deve essere esercitato nei limiti del diritto costituzionalmente garantito, sicché restano ugualmente punibili le espressioni inutilmente volgari, umilianti o dileggianti. Ne consegue che l'idoneità psichica di un soggetto, sebbene possa rappresentare legittimo tema di discussione nell'ambito di una controversia giudiziaria, non può essere assunto come oggetto di dibattito sulla stampa d'informazione per l'esigenza fondamentale di tutelare la riservatezza di dati ed informazioni, attinenti alla salute ed alla sfera sessuale dei singoli, che rientrano nell'ambito della tutela prevista per i dati sensibili dall'art. 22 della legge 675 del 1996. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la decisione di merito secondo cui aveva valicato i limiti del diritto di critica la dichiarazione di un soggetto il quale aveva criticato una decisione del giudice che aveva affidato alla moglie il figlio affermando che, secondo gli psichiatri interpellati nel corso del giudizio, la donna era «una border-line che ha fatto i soldi con la perversione sessuale, una instabile e narcisista»).

Cass. pen. n. 7000/2002

In tema di diffamazione, l'esimente di cui all'art. 598 c.p. (in base alla quale non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunziati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi alla autorità giudiziaria) costituisce applicazione estensiva del più generale principio posto dall'art. 51 c.p. (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) ed è applicabile anche alle offese contenute nell'atto di citazione, benché esso sia destinato ad essere notificato prima della costituzione delle parti e, quindi, prima della instaurazione del procedimento; ciò in quanto tutti gli atti funzionali all'esercizio del diritto di difesa, anche se precedenti l'apertura del procedimento, devono esser ricondotti al principio della immunità giudiziale.

Cass. pen. n. 4462/2002

In tema di diffamazione a mezzo stampa non è configurabile la scriminante del diritto di cronaca per il solo fatto che il contenuto dell'articolo diffamatorio sia riproduttivo di un'arringa difensiva svolta in sede dibattimentale poiché nel processo l'esposizione di fatti obiettivamente lesivi dell'altrui reputazione è scriminata dall'esercizio del diritto di difesa mentre la pubblicazione sulla stampa degli stessi fatti può perdere il carattere dell'illiceità solo se giustificata dall'interesse generale alla conoscenza della notizia e se questa sia riportata in termini corretti, precisi e non ambigui. Ne consegue che in assenza di dette condizioni la pubblicità del dibattimento non può valere di per sé a legittimare la pubblicazione della notizia in quanto la possibilità di presenziare allo svolgimento del giudizio da parte di un numero più o meno ampio di persone non può essere equiparata alla divulgazione della notizia, col mezzo della stampa, ad un numero indeterminato di lettori.

Cass. pen. n. 45163/2001

In tema di diffamazione, le espressioni utilizzate nell'ambito della c.d. “critica politica” assumono naturalmente connotazioni soggettive ed opinabili, in quanto si confrontano varie concezioni contrapposte per il raggiungimento di fini pubblici. Ne consegue che, in tale contesto, la valutazione dei comportamenti e dei giudizi fortemente critici nei confronti degli avversari politici deve essere compiuta tenendo presente il preminente interesse generale al libero svolgimento della vita democratica. (Nella specie la Corte ha ritenuto che le frasi “comportamenti irresponsabili” e “vecchie logiche” rivolte in un manifesto politico al contrapposto schieramento, fossero espressione del diritto di critica politica da considerarsi non punibile ai sensi dell'art. 51 c.p.).

Cass. pen. n. 43483/2001

In tema di diffamazione commessa col mezzo della stampa, ai fini della sussistenza della scriminante del diritto di cronaca nell'ipotesi in cui una serie di fatti venga attribuita ad un gruppo di persone, perché possa dirsi soddisfatto il principio del rispetto della verità obiettiva occorre che sia specificato a quali di tali persone i singoli episodi vengono attribuiti per intero ed a quali in modo parziale, determinandosi altrimenti nel destinatario della notizia la falsa impressione che ad ognuno dei soggetti indicati i fatti sono stati attribuiti nel loro insieme. (Fattispecie in cui era stata diffusa la notizia che un gruppo di persone era indagato per associazione per delinquere finalizzata alla truffa ed altri reati, mentre la persona offesa, pur nell'ambito dello stesso procedimento, era in realtà indagato solo per il reato di utilizzo di false fatture).

Cass. pen. n. 43451/2001

In tema di diffamazione col mezzo della stampa, sussiste la scriminante del diritto di cronaca nell'ipotesi in cui il curatore di un libro antologico, allo scopo di rendere e descrivere fedelmente il contesto socio-culturale cui gli autori dei testi appartengono, riporti e divulghi espressioni forti e pungenti, anche obiettivamente offensive, a condizione che i predetti brani, secondo la motivata opinione del giudice di merito, siano espressivi del patrimonio culturale e delle modalità comunicative di una certa realtà sociale, la cui conoscenza sia di interesse per la collettività. (Fattispecie relativa ad una raccolta di temi di bambini delle classi elementari, uno dei quali conteneva espressioni offensive nei confronti di un soggetto più volte apparso in programmi televisivi).

Cass. pen. n. 36348/2001

In tema di diffamazione con il mezzo della stampa, non sussiste l'esimente del diritto di satira nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante di alcuni magistrati posta in essere allo scopo di denigrare l'attività professionale da questi svolta, attraverso l'allusione a condotte lesive del dovere funzionale dell'imparzialità che, in ragione della previsione costituzionale che ne impone la soggezione solo alla legge, ha come destinatari anche i magistrati del pubblico ministero. (Fattispecie relativa a un «pezzo giornalistico» di costume, con «taglio» satirico ove, accanto a rappresentazioni caricaturali dei tratti fisionomici dei magistrati interessati, si faceva trapelare lo svolgimento di attività istituzionali svolte per finalità persecutorie in danno di appartenenti ad una formazione politica).

Cass. pen. n. 31957/2001

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'erronea convinzione circa la rispondenza al vero del fatto riferito non può mai comportare l'applicazione della scriminante del diritto di cronaca (sotto il profilo putativo) quando l'autore dello scritto diffamante non abbia proceduto a verifica, compulsando la fonte originaria; ne consegue che, nell'ipotesi in cui una simile verifica sia impossibile (anche nel caso in cui la notizia possa esser ritenuta «verosimile» in relazione alle qualità personali dell'informatore), il giornalista che intenda comunque pubblicarla accetta il rischio che essa non corrisponda a verità.

Cass. pen. n. 27656/2001

In tema di esercizio di un diritto, poiché la conversione del peccatore (anche se privato dell'ausilio sacramentale dell'eucarestia) costituisce esplicazione del ministero spirituale del sacerdote cattolico, non occorre che quest'ultimo sia autorizzato da un suo superiore perché si incontri con un latitante e celebri funzioni religiose nel luogo nel quale costui si nasconde.

Cass. pen. n. 10331/2001

L'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca (art. 51 c.p.), relativa al reato di diffamazione commesso con il mezzo della stampa, va esclusa quando il giornalista non abbia rispettato la verità della notizia, per aver esasperato e travisato i fatti riferiti, oggetto di decreto che dispone il giudizio, con una arbitraria e fantasiosa ricostruzione, per dare agli stessi una dimensione artatamente drammatica e sensazionale.

Cass. pen. n. 12489/2000

In tema di adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo, è sempre necessario, al fine di accertare l'effettiva sussistenza della esclusione della antigiuridicità del fatto, compiere, in concreto, un giudizio di bilanciamento tra il bene protetto dalla norma incriminatrice e la finalità cui mira la causa di giustificazione; ne consegue che non può ritenersi scriminata la condotta dell'agente appartenente alle forze di polizia che, nell'ambito dell'ampio margine di discrezionalità a lui riconosciuto dall'ordine di recarsi «con urgenza» in un determinato luogo, pur avendo attivato dispositivi lampeggianti ed acustici, cagioni lesioni a terze persone in conseguenza della sua condotta di guida, tenuta in violazione di norme del codice della strada e dell'obbligo generico di rispettare le regole imposte dalla prudenza.

Cass. pen. n. 12472/2000

L'esimente della obbedienza gerarchica dovuta ad un ordine militare non è applicabile nel caso di reato commesso alla guida di un autoveicolo, atteso che la relativa responsabilità incombe anche sul conducente, cui compete, nella concreta esecuzione della manovra, il diritto-dovere di valutare e scegliere le più opportune modalità di esecuzione dell'ordine ricevuto.

Cass. pen. n. 11634/2000

Il riconoscimento della sussistenza dell'esimente dell'adempimento del dovere, nell'ipotesi di un cittadino che collabori ad un operazione di polizia nella veste di “agente provocatore”, è subordinato all'accertamento che egli non travalichi, nella propria condotta, i limiti di un'attività di mero controllo, osservazione e contenimento della condotta criminosa altrui. (Nella fattispecie, relativa ad operazione antidroga compiuta con l'aiuto di un privato, e dunque fuori dal caso previsto dall'art. 97 D.P.R. n. 309 del 1990, la Corte ha ritenuto che l'agente provocatore, oltrepassando i limiti nel principio definiti, abbia svolto un'opera di istigazione al reato, e che pertanto, dovendo egli essere escusso nel corso dette indagini preliminari successive, avrebbe dovuto essere sentito, sin dall'inizio, in qualità di indagato, con la conseguenza dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni da lui rese in qualità di testimone nei confronti dei terzi).

Cass. pen. n. 5941/2000

Ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. per il reato di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di cronaca e di critica, per avere efficacia scriminante, postula: l'interesse che i fatti narrati rivestano per l'opinione pubblica, secondo il principio della pertinenza; la correttezza dell'esposizione di tali fatti, in modo che siano evitate gratuite aggressioni all'altrui reputazione, secondo il principio della continenza; la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti e i fatti narrati, secondo il principio della verità, principio comportante l'obbligo del giornalista di accertare la verità della notizia e il rigoroso controllo della attendibilità della fonte. (Nella fattispecie la Corte, in accoglimento del ricorso della parte civile, ha affermato che l'avere il giornalista ricavato i fatti dall'esposto di un privato, non lo esime dal dovere di verifica e controllo della veridicità della notizia).

Cass. pen. n. 3287/2000

In tema di diffamazione sia specifica che generica, il giudice non può trascurare la ricerca della verità, al fine di accertare l'eventuale sussistenza di una causa di giustificazione, ai sensi dell'art. 51 c.p. e dell'art. 21 Cost. e, in particolare, dell'esimente del cosiddetto diritto di cronaca o di critica, che spetta ad ogni cittadino che si serva di un mezzo di pubblicità, ed il cui esercizio è ritenuto lecito anche quando possa derivarne la lesione dell'altrui reputazione, prestigio o decoro, a condizione che si tratti di un argomento di pubblico interesse, che l'informazione sia sostanzialmente veridica e che la critica sia obiettiva e non tendenziosa. (Fattispecie relativa ad attribuzione, in un programma televisivo di fatto diffamatorio determinato desunto da procedimento penale in corso. Riconoscendo la sussistenza del diritto di critica la Corte ha evidenziato l'interesse del pubblico a conoscere i particolari relativi al soggetto pretesamente diffamato).

Cass. pen. n. 1952/2000

In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui il fatto narrato risulti obiettivamente falso non è esclusa la possibilità di applicare la scriminante di cui all'articolo 51 c.p. sotto il profilo putativo ex articolo 59, primo comma, c.p., purché il cronista abbia assolto all'onere di controllare accuratamente la notizia risalendo alla fonte originaria, senza che l'errore circa la verità sia frutto di negligenza, imperizia o comunque colpa non scusabile. L'errore, che assume rilevanza ai fini della configurabilità della scriminante putativa, non deve vertere, perciò, sull'attendibilità della fonte di informazione, sì da poter ritenere sufficiente l'affidamento riposto in buona fede su una fonte non costituente «prova» della verità, per quanto autorevole possa essere. Ne consegue che quando il cronista fa riferimento ad associazioni o consorterie criminose, la prova di aderenza al sodalizio della persona qualificata come associata deve essere cercata solo in una sentenza di condanna dell'autorità giudiziaria. (Fattispecie nella quale il cronista aveva riferito erroneamente che alcuni soggetti erano «componenti di una potentissima consorteria di ex cutoliani»).

Cass. pen. n. 6302/1999

In tema di adempimento di un dovere, anche fuori dei casi previsti dagli artt. 97 D.P.R. 309/90 e 12-quater legge 356/1992, il privato, il cui intervento come agente provocatore sia giustificato da un ordine della polizia giudiziaria, non è punibile ai sensi dell'art. 51 c.p., specie quando il suo intervento si risolve in un'attività di controllo, di osservazione e di contenimento dell'altrui condotta illecita. (Fattispecie relativa a dichiarazioni rese dagli imputati all'agente, e da questi registrate quale strumento e longa manus della polizia giudiziaria; la Corte le ha ritenute legittimamente acquisite agli atti processuali e utilizzate ai fini probatori).

Cass. pen. n. 2518/1999

In materia di diffamazione, perché l'esimente del diritto di cronaca possa trovare riconoscimento — anche sotto il profilo della putatività — occorre che il divario tra fatti narrati e fatti accaduti sia riconducibile ad una percezione difettosa o erronea malgrado l'adempimento di ogni obbligo o onere nel controllo, nell'esame e nella verifica dei fatti medesimi.

Cass. pen. n. 1400/1999

Poiché lo Stato italiano non ha ancora dato completa attuazione alla normativa costituzionale di cui all'art. 6 Cost., rendendo concreto il diritto dei cittadini appartenenti alla minoranza riconosciuta di lingua slovena di rivolgersi nella madrelingua alle autorità amministrative italiane, non può invocare le scriminanti dell'esercizio di un diritto o della legittima difesa, neppure nella forma putativa, per la pregiudiziale mancanza della essenziale condizione dell'esistenza di un «diritto», il cittadino appartenente a tale minoranza linguistica che, avendo chiesto al presidente di un seggio elettorale — in occasione di una consultazione referendaria — di conferire con i componenti nella madrelingua e di ottenere la traduzione del quesito referendario in lingua slovena, avuta risposta negativa, abbia usato resistenza nei confronti degli appartenenti alle forze dell'ordine (che, inoltre, oltraggiava), i quali, per ordine del presidente, e a seguito di reiterate proteste da parte dell'interessato, provvedevano al suo allontanamento coattivo dal seggio.

Cass. pen. n. 13563/1998

In tema di diffamazione con il mezzo della stampa è configurabile l'esimente dal diritto di satira, distinto da quelli di cronaca e di critica, che mira all'ironia sino al sarcasmo e comunque all'irrisione di chi esercita un pubblico potere, in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinioni ed ai comportamenti. La satira è anche espressione artistica in quanto opera una rappresentazione intuitivamente simbolica che, in particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta agli schemi razionali della verifica critica, purché attraverso la metafora pure paradossale sia comunque riconoscibile se non un fatto o comportamento storico l'opinione almeno presunta della persona pubblica, secondo le sue convinzioni altrimenti espresse, che per sé devono essere di interesse sociale. Pertanto, può offrirne la rappresentazione surreale, purché rilevante in relazione alla notorietà della persona, assumendone contenuti che sfuggono all'analisi convenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, ma non astrarsene sino a fare attribuzioni non vere. Sul piano della continenza, infine, il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira, in particolare grafica, è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell'espressione. Ma, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito, secondo cui è superato il limite della continenza in una vignetta, che lede la femminilità dell'offesa, raffigurata nell'atto di praticare una “fellatio” al microfono di cui è dotato il seggio senatoriale, la qual cosa suscita disprezzo verso la sua persona).

Cass. pen. n. 8036/1998

In tema di cronaca giudiziaria, la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste, ai fini della scriminante di cui all'art. 51 c.p., ogni qualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, senza alterazioni o travisamenti. Il limite della verità deve essere restrittivamente inteso, dovendosi verificare la rigorosa corrispondenza tra quanto narrato e quanto realmente accaduto, perché il sacrificio della presunzione di innocenza non può esorbitare da ciò che sia necessario ai fini informativi. (Fattispecie in cui è stato ritenuto diffamatorio affermare, contrariamente al vero, che l'imputato era stato arrestato).

Cass. pen. n. 7967/1998

La scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca è ipotizzabile solo qualora, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto all'onere di esaminare, controllare e verificare quanto oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio, non essendo sufficiente l'affidamento riposto in buona fede sulla fonte.

Cass. pen. n. 11905/1997

Il diritto di critica, che nel corso delle competizioni elettorali consente anche toni aspri e di disapprovazione, non deve trasmodare nell'attacco personale e nella pure contumelia. La polemica politica in nessun caso può perciò giustificare l'uso di espressioni quali: “pidocchio, mascalzone, burattino” rivolte all'indirizzo di un antagonista.

Cass. pen. n. 6271/1997

In tema di oltraggio a un pubblico ufficiale, quando l'espressione altrimenti offensiva è strettamente funzionale al ristabilimento della corretta azione dell'ufficio, questa deve considerarsi come lecita manifestazione di diritto di critica che prevale sulle esigenze repressive oggetto dell'art. 341 c.p. L'ambito di operatività di tale norma va infatti correlato al suo presupposto di validità: quello che la tutela del prestigio del pubblico ufficiale sia strumentale all'ulteriore interesse del buon andamento amministrativo, eretto a valore fondamentale nell'art. 97 della Costituzione. (Fattispecie nella quale un consigliere comunale, in una seduta consiliare, si era rivolto al sindaco con le espressioni “tu sei ubriaco... vai a dormire ... sempre ti addormenti”: la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale la Corte di appello aveva confermato la responsabilità penale dell'imputato per il delitto di oltraggio non ammettendolo a provare che il sindaco, durante quella seduta, era effettivamente ubriaco, condizione in cui frequentemente versava).

Cass. pen. n. 891/1997

In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente putativa dell'esercizio del diritto di cronaca presuppone che le notizie pubblicate siano vere (oltre che di interesse pubblico ed esposte con correttezza) o che, se non vere, almeno siano state sottoposte a verifiche tali da avere indotto in errore non colpevole l'autore dell'articolo.

Cass. pen. n. 601/1997

Allorquando il reato di maltrattamento di animali viene in evidenza con riferimento a comportamenti che costituiscono l'esercizio di pratiche venatorie, occorre tener conto, oltre che della norma di cui all'art. 727 c.p., come modificato dalla legge 22 novembre 1993, n. 473, anche delle disposizioni che regolano l'esercizio della caccia, di cui alla legge 11 febbraio 1992 n. 157. E ciò non perché le norme della predetta legge si pongano in rapporto di specialità con le norme del codice penale, dato che è diversa la loro oggettività giuridica, ma perché un comportamento venatorio che è consentito dalla predetta legge n. 157 del 1992, ed è quindi considerato lecito, non può integrare gli estremi del reato di maltrattamento di animali, anche se idoneo a cagionare sofferenze agli animali stessi. Infatti, per la scelta non manifestamente irragionevole operata dal legislatore, è stato ritenuto prevalente l'interesse a garantire l'esercizio della caccia, per cui una pratica venatoria che è consentita dalla legge 11 febbraio 1992 n. 157 non può essere punita a norma dell'art. 727 c.p. perché il fatto è scriminato dall'art. 51 c.p., costituendo l'esercizio di un diritto. Ovviamente non ricorre una tale esimente nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo consentita a norma della citata legge n. 157 del 1992, per le sue concrete modalità di attuazione sottoponga l'animale ad un aggravamento di sofferenze che non trovi giustificazione nelle esigenze della caccia.

Cass. pen. n. 5889/1996

Per la configurazione dell'esimente dell'esercizio di un diritto, di cui all'art. 51 c.p., il diritto — il cui esercizio può escludere la punibilità di un fatto sanzionato penalmente — deve essere un vero e proprio diritto soggettivo protetto in modo diretto ed individuale, tale da comportare il sacrificio di tutti gli altri interessi in contrasto con esso. È necessario, altresì, che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in questione, poiché — in caso contrario — si superano i confini dell'esercizio lecito e si configurano ipotesi di abuso del diritto stesso, che ricadono al di fuori della sfera di operatività dell'art. 51 c.p. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che abitare un immobile anteriormente al rilascio della licenza di abitabilità significa non «esercitare» il diritto di proprietà, ma «abusare» di esso, ed a nulla rilevano l'inerzia o il ritardo della P.A.).

Cass. pen. n. 11962/1995

Una pratica venatoria che è consentita dalla L. 11 febbraio 1992, n. 157 non può essere punita a norma dell'art. 727 c.p. (maltrattamento di animali), poiché il fatto è scriminato a norma dell'art. 51 c.p. in quanto costituisce l'esercizio di un diritto. Non ricorre una tale esimente nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo consentita a norma della citata L. n. 157 del 1992, per le sue concrete modalità di attuazione sottopone l'animale ad un aggravamento di sofferenze non giustificate dalle esigenze della caccia. (Nella specie la Suprema Corte, considerato che la L. n. 157 del 1992 all'art. 21 vieta l'uso di uccelli come richiamo nel caso in cui l'animale è legato per le ali, mentre nella specie l'allodola venne legata con una imbracatura attorno al corpo, ha ritenuto che gli imputati adattarono una pratica venatoria consentita dalla predetta legge, sia perché non espressamente vietata e sia perché certamente meno dolorosa per l'animale rispetto a quella per la quale è stato fissato il divieto).

Cass. pen. n. 11664/1995

In tema di diffamazione a mezzo stampa, affinché sia riconosciuta la scriminante di cui all'art. 51 c.p., non occorre che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, purché il nucleo ed il profilo essenziale di essa emergano chiaramente dalla modalità della sua estrinsecazione. (Fattispecie riguardante la trasmissione televisiva «novantesimo minuto», nella quale il giudizio critico era espresso con una serie di aggettivi - quali lento, confuso, approssimato, zeppo di errori - tutti riferiti al programma).

Cass. pen. n. 10332/1995

In materia di diffamazione a mezzo stampa, quando il giornalista proponga una plausibile ricostruzione di un avvenimento contraddittoriamente rappresentato nelle dichiarazioni dei protagonisti e dei testimoni, riportate nell'articolo, il persistente dubbio circa l'attendibilità della ricostruzione dei fatti, così offerta, si riflette sull'esistenza del diritto di cronaca ed impone il proscioglimento ai sensi dell'art. 530, comma 3, c.p.p. (dubbio sulla causa di giustificazione). (Fattispecie nella quale la disposizione di cui all'art. 530, comma 3, c.p.p. non attribuisce il diritto di dare informazioni su fatti diffamatori la cui verità non sia certa).

In tema di diffamazione a mezzo stampa, quando le versioni dei protagonisti e dei testimoni di un determinato episodio siano contrastanti, il giornalista può proporre una propria ricostruzione dei fatti, dal momento che la cronaca richiede anche valutazioni. Occorre, tuttavia, che ricorrano due condizioni: a) che la ricostruzione proposta non sia palesemente incompatibile con il senso complessivo delle dichiarazioni raccolte, poiché queste non devono costituire meri pretesti di una tesi preconcetta; b) che risulti dal testo che la narrazione ricostruttiva è frutto dell'interpretazione delle suddette dichiarazioni e non di un'esperienza diretta del giornalista. (Fattispecie nella quale in un articolo pubblicato sul quotidiano «Gazzetta dello Sport», intitolato «Incredibile western alla pugliese», si riferiva dell'aggressione fisica e della minaccia con una pistola subite dall'allenatore della squadra del Rutigliano ad opera del presidente della squadra del Nola, mentre la presenza dell'arma era rimasta dubbia nelle valutazioni dei giudici di merito).

Cass. pen. n. 9464/1995

In tema di esercizio di un diritto, di cui all'art. 51 c.p., nella nozione di diritto scriminante rientra ogni potere giuridico di agire, quale che sia la relativa denominazione adottata; così nella facoltà d'arresto da parte dei privati, di cui all'art. 242 c.p.p. 1930 (ripetuto nell'art. 383 del codice vigente), in cui più che un vero e proprio diritto soggettivo, deve considerarsi sussistente un diritto potestativo, poiché la legge attribuisce l'esercizio di una potestas ordinariamente riservata agli organi dello Stato, al privato, il quale può espletarlo con i limiti propri assegnati all'analogo potere statuale. Pertanto, con il potere di arresto è connesso il potere-dovere di inseguimento dell'arrestando datosi alla fuga, e, nel concreto svolgimento dell'inseguimento, operato in flagranza, non possono applicarsi le rigorose norme del codice della strada, ma soltanto i canoni della prudenza e della diligenza secondo il criterio della culpa lata: diversamente opinando, si finirebbe col riconoscere al fuggitivo una sostanziale impunità, poiché è evidente che quest'ultimo durante la fuga non osserva le norme del codice della strada. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che nella condotta dell'imputato i giudici di merito correttamente avevano escluso l'esistenza degli estremi della colpa sotto il profilo della violazione delle norme della circolazione attinenti alla velocità ed alla mano da tenere).

Cass. pen. n. 9299/1995

L'attività di un agente di polizia che — in esecuzione dell'ordine di servizio ricevuto di inserirsi in un individuato traffico illecito di sostanze stupefacenti, al fine di assicurarne le prove e individuarne i partecipanti — contatti i venditori, simuli di voler acquistare una quantità di droga e si rechi sul posto convenuto per la consegna di essa — pur in ipotesi di inapplicabilità dell'art. 97, D.P.R. n. 309/1990 per carenza dei requisiti soggettivi ivi previsti — non può ritenersi estranea all'ambito dell'art. 51 c.p., ossia all'adempimento di un dovere di polizia giudiziaria, in quanto finalizzata alla ricerca delle prove, alla individuazione dei responsabili e al contenimento di una illecita attività, nota alla polizia e in corso di svolgimento. Ne consegue che non sussiste incompatibilità con l'ufficio di testimone del predetto agente di polizia, il quale in virtù della causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c.p., non ha mai assunto la posizione di indagato di reato connesso o collegato.

Cass. pen. n. 5789/1995

Non esorbita dai limiti del diritto di difesa l'imputato che, in sede di interrogatorio definisca, sia pure per implicito, falso un atto di polizia giudiziaria solo per quanto attiene alla veridicità della denuncia a suo carico in esso contenuta. Egli pertanto non è punibile a titolo di calunnia in danno dell'autore di detto atto di polizia giudiziaria, stante la presenza di una causa di esclusione della pena in forza del legittimo esercizio di difesa, purché questo si esplichi quale unico e necessario mezzo di confutazione dell'imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale tra l'accusa (implicita od esplicita) formulata dall'imputato e l'oggetto della contestazione nei suoi confronti.

Cass. pen. n. 12576/1994

I limiti posti alla causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, ed in particolare di quello di proprietà, ed all'utilizzazione degli offendicola concernono anche gli animali. L'esigenza di un bilanciamento di interessi che deriva dall'esercizio di un diritto, essendo lo stesso limitato dalla compresenza di altri, aventi eguale o differente forza, comporta di ritenere lecito l'uso degli offendicola nei limiti in cui i medesimi appaiono necessari per la difesa di quel diritto e solo qualora non vi sia la possibilità di utilizzare altri mezzi meno o per nulla dannosi, intendendo la pericolosità di questi strumenti nel senso di essere capaci di attentare gli interessi protetti dalla norma incriminatrice con un differente grado, onde occorre scegliere sempre quello che è capace di produrre un danno minore. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio di sentenza che aveva dichiarato l'imputata non punibile ex art. 51 c.p. dal reato di maltrattamento di animali, la S.C. ha osservato che vi erano altre azioni [uso di cordicelle idonee al soffocamento di gatti] alternative, non crudeli ed, addirittura, più adatte allo scopo [rete metallica, uso di sostanze, come la candeggina, atte ad allontanare i gatti] e che la proporzione tra bene difeso e quello aggredito deve essere valutata anche con riferimento agli strumenti utilizzabili ed alla loro pericolosità nonché agli interessi protetti, sicché anche sotto questo profilo sussisteva la violazione dell'art. 51 c.p. tanto più che la stessa predisposizione delle cordicelle, con le quali era stato soffocato il gatto della parte offesa, poteva essere, in astratto, pericolosa per i bambini e, quindi, per gli esseri umani).

Cass. pen. n. 6425/1994

Fuori dalle ipotesi disciplinate dall'art. 97 del D.P.R. n. 309/1990, l'attività del cosiddetto agente provocatore che, d'accordo con la polizia giudiziaria, propone ad uno spacciatore e realizza la compravendita di droga al fine di farlo arrestare, è del tutto fuori dalla sfera di operatività dell'art. 51 c.p., ossia dell'adempimento di un dovere di polizia giudiziaria. Non può farsi discendere dall'obbligo della polizia giudiziaria di ricercare le prove dei reati e di assicurare i colpevoli alla giustizia l'esclusione, ex art. 51 c.p., della responsabilità del cosiddetto agente provocatore di polizia giudiziaria, giacché è adempimento di un dovere (art. 219 c.p.p. del 1930 e art. 55 c.p.p.) perseguire i reati commessi, non già di suscitare azioni criminose al fine di arrestarne gli autori.

In materia di stupefacenti, fuori dalla rigorosa e dettagliata normativa espressamente disciplinata dall'art. 97 del D.P.R. n. 309/1990 al fine di controllare un'attività delicatissima e soggetta ad alto rischio di inquinamento, non è consentito alcun margine interpretativo per introdurre scriminanti o cause di non punibilità per i privati collaboratori della polizia giudiziaria. Ne consegue che, fuori dalla ipotesi di cui all'art. 97 citato, il cosiddetto agente provocatore, anche se appartenente alla polizia giudiziaria, non è punibile ex art. 51 c.p. soltanto se il suo intervento è indiretto e marginale nell'ideazione ed esecuzione del fatto, se cioè il suo intervento costituisce prevalentemente attività di controllo, di osservazione e di contenimento dell'altrui illecita condotta. Egli è invece punibile, a titolo di concorso nel reato, se la sua condotta si inserisce con rilevanza causale rispetto al fatto commesso dal provocato, nel senso che l'evento delittuoso che si produce è riferibile anche alla condotta dell'agente provocatore.

Cass. pen. n. 6650/1992

Il diritto di difesa comporta, oltre a facoltà di vario genere e ad obblighi di informazione, la non assoggettabilità ad atti di costrizione tendenti a provocare un'autoincriminazione, ma non anche la possibilità di violare regole di comportamento poste a tutela di interessi non legati alla pretesa punitiva; cioè il diritto di difesa non comprende anche il diritto di arrecare offese ulteriori. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato, condannato per bancarotta documentale, sosteneva, deducendo violazione degli artt. 51 c.p. e 24 Cost., che per il principio nemo tenetur se detegere dovevano ritenersi giustificate le irregolarità contabili dirette a mascherare le attività corruttrici).

Cass. pen. n. 15850/1990

La disposizione dell'art. 51 c.p. che considera non punibili i fatti preveduti dalla legge come reati se commessi per adempiere ad un dovere derivante da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, prende in considerazione esclusivamente i rapporti di subordinazione previsti dal diritto pubblico e non anche i rapporti di diritto privato, come quelli intercorrenti tra i privati datori di lavoro ed i loro dipendenti.

Cass. pen. n. 15371/1990

Non integra la causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c.p. l'ordine impartito dal dirigente di una casa privata di ricovero per anziani, neanche sotto il profilo dell'esimente putativa.

Cass. pen. n. 2218/1990

In tema di cause di giustificazione, è esclusa la responsabilità penale dell'agente provocatore funzionario di polizia giudiziaria, qualora possa ravvisarsi nel suo operato l'adempimento di un dovere, in relazione alla norma contenuta nell'art. 219 c.p.p., che fa obbligo alla polizia di assicurare le prove dei reati e di ricercarne i colpevoli. Qualora si tratti di un privato, che operi come agente provocatore, è necessario, per l'esclusione della punibilità, che il suo intervento sia giustificato da un ordine della pubblica autorità, sicché possa, per questa via, trovare applicazione la scriminante di cui all'art. 51 c.p. Ne consegue che tale scriminante non opera quando il proposito criminoso sia suscitato e determinato dal provocatore unicamente a fine di vendetta o di lucro ovvero nella prospettiva di fruizione di un premio. (Fattispecie in cui taluno, al fine di vendicarsi per torti ricevuti, aveva richiesto la fornitura di una partita di droga informandosi circa l'itinerario che il corriere avrebbe seguito, sì da avvertire organi di polizia giudiziaria prospettando un intervento d'intercettazione. La Corte ha escluso che il provocatore potesse andare esente da pena, esprimendo il principio sopra massimato).

Cass. pen. n. 4194/1987

Per l'applicazione della scriminante dell'art. 51 c.p., è necessario che l'ordine sia legittimo, ossia promanante dalla autorità competente, che sia stato dato nella forma prescritta e che, infine, il suo contenuto rientri nell'esplicazione del servizio del subordinato quanto all'essenza, ai mezzi ed al fine.

Cass. pen. n. 9368/1985

L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere scrimina nei limiti in cui esso è riconosciuto, dovendosi verificare, per l'applicabilità della scriminante, una convergenza di norme in conflitto. Ne consegue che tra la prescrizione imposta ad un soggetto di non allontanarsi senza preventiva autorizzazione dal proprio domicilio e il diritto-dovere dello stesso di accudire al proprio lavoro non vi è alcun conflitto, potendo lo stesso essere debitamente autorizzato ad allontanarsi dal comune del proprio domicilio e, pertanto, non è applicabile la scriminante sopra indicata.

Cass. pen. n. 7866/1984

L'esimente dell'adempimento di un dovere si applica a condizione che l'ordine del superiore gerarchico sia assolutamente insindacabile. Ciò non si verifica quando l'ordine si concreta nella richiesta di provvedere alla commissione di un reato, perché, il manifesto carattere delittuoso del comportamento ordinato, comporta la sindacabilità dell'ordine impartito e ne esclude l'efficacia esimente sotto il profilo non solo obiettivo ma anche putativo.

Cass. pen. n. 9424/1983

L'insindacabilità dell'ordine del superiore, ai fini dell'esimente dell'adempimento di un dovere, va intesa con il limite razionale dell'inefficacia vincolativa di un ordine che abbia ad oggetto il compimento di un atto palesemente delittuoso secondo un generale apprezzamento, qual è quello, ad esempio, di registrare in un atto pubblico un'attestazione manifestamente non veritiera.

Cass. pen. n. 9250/1982

Il diritto, il cui esercizio può escludere la punibilità di un fatto sanzionato penalmente, deve essere un vero e proprio diritto soggettivo, protetto in modo diretto ed individuale, tale da comportare il sacrificio di tutti gli altri interessi in contrasto con esso. (Fattispecie relativa a decisione, annullata dalla Suprema Corte, che, in tema di lesioni colpose, aveva ritenuto la scriminante dell'esercizio del diritto alla circolazione nella condotta del conducente di un autobus di linea che aveva invaso l'altra corsia, allo scopo di superare una fila di auto in sosta in prossimità di una curva, ed era venuto a collisione con altro veicolo proveniente in senso contrario).

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