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L’illegittimità della scriminante dello “ius corrigendi”

L’illegittimità della scriminante dello “ius corrigendi”
La Cassazione esclude la liceità dell’uso della violenza per mere finalità di stampo correttivo e educativo del fanciullo.
La Sesta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13145 del 3 marzo 2022 (depositata in data 6 aprile 2022), ha riaffermato l’illiceità dell’utilizzo della scriminante di cui all’ art. 51 del c.p., al fine di giustificare le condotte di violenza per fini correttivi o educativi attuate nei confronti di minori, punite in passato attraverso la fattispecie di cui all’ art. 571 del c.p. (rubricato “reato di abuso dei mezzi di correzione e di disciplina”).

La pronunzia in esame conferma un orientamento oramai granitico della giurisprudenza di legittimità, il quale, a differenza del passato, tende a a non giustificare più le condotte violente attuate dai genitori nei confronti dei figli per mere finalità educative. Ciò alla luce dell’evoluzione dell’accezione tradizionale di famiglia, la quale, da luogo di manifestazione della mera “potestà paterna”, è oramai qualificata come “centro di interessi”, ove ogni membro della famiglia merita protezione ed assistenza. Attenzione particolare è data ai minori, ai quali viene ad oggi riconosciuto il diritto di vivere e crescere in una famiglia salubre, lontana da ogni forma di violenza o sopruso.

È preferibile, secondo l’odierno (e prevalente) filone giurisprudenziale, sussumere le condotte violente e/o minacciose attuate in ambito familiare nei confronti di soggetti minori (ma anche non), nella più grave fattispecie di reato di cui all’art. 572 del c.p. (rubricato “maltrattamenti in famiglia”): ciò in quanto suddetta fattispecie tutela specificamente lo sviluppo della persona umana all’interno del contesto familiare di appartenenza, punendo (più gravemente) le condotte illecite. La giurisprudenza non ritiene scriminabile le condotte di maltrattamenti in famiglia in caso di mero esercizio dello ius corrigendi” in ambito genitoriale.
Qualora l’abuso dei mezzi di correzione non sia realizzato nella forma dei maltrattamenti, la condotta del genitore (soggetto agente) è punibile a norma della più lieve fattispecie di reato di cui all’art. 571 c.p.. Il delitto in esame si perfeziona qualora i soggetti a cui il minore è quotidianamente affidato non svolgano l’attività di educazione, istruzione, cura, vigilanza, ovvero custodia secondo le normali regole sociali, abusando della loro posizione di supremazia, e generando così il pericolo di una malattia nel corpo e nella mente del minore. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che “il termine "correzione" va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo” (Cass. pen., sez. VI, 18 marzo 1996, n. 4904). Così che, la condotta di correzione del soggetto adulto, non impostata secondo finalità educative, ma abusive, a danno del minore, è punibile a norma della fattispecie de quo.

In particolare, sono da considerarsi condotte abusive, penalmente rilevanti, quelle consistenti nell’utilizzo di metodi e comportamenti correttivi non appropriati, in quanto eccessivi rispetto alla personalità del fanciullo, e pertanto in grado di generare il pericolo di situazioni di estrema fragilità psicologica del minore, La giurisprudenza di merito pone come fine ultimo in materia familiare la tutela del “best interest” del minore, qualificando così illecite, anche penalmente, tutte le condotte irragionevoli, ossia non utili per l’educazione del fanciullo: ciò in considerazione anche del forte impatto che condotte violente hanno sulla crescita personale ed individuale del bambino.
Si pensi, ad esempio, alle forme di rimprovero verbale attuate dal maestro dinanzi a tutta la classe, utilizzando espressioni offensive e declassanti; ovvero, a punizioni corporali (come bacchettate), utilizzate in caso di errori nello svolgimento dei compiti assegnati.
Suddette condotte, in passato scriminate alla luce dell’art. 51 del codice penale, oggi sono considerate penalmente rilevanti: la giurisprudenza esclude, oramai, la liceità della scriminante dello ius corrigendi, considerandola estremamente lesiva della personalità del minore (art. 2 Cost.).

Sulla scia degli evolutivi approdi giurisprudenziali in materia di minori, si colloca la sentenza in esame della Corte di Cassazione: la tutela del best interest del minore in ambito educativo impedisce di giustificare ogni forma di violenza, verbale o fisica, ovvero qualsiasi tipologia di vessazione attuata nei suoi riguardi. In particolare, specialmente in ambito scolastico, è necessario che il potere educativo o disciplinare sia svolto attraverso mezzi e strumenti consentiti dalla legge, nonché proporzionati all’armonica crescita psicofisica del minore.


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