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Articolo 130 Codice del consumo

(D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)

[Aggiornato al 31/12/2023]

Obblighi del venditore e condotta del consumatore

Dispositivo dell'art. 130 Codice del consumo

1. (1)Il venditore non è vincolato dalle dichiarazioni pubbliche di cui all'articolo 129, comma 3, lettera d), quando, anche alternativamente, dimostra che:

  1. a) non era a conoscenza della dichiarazione pubblica in questione e non poteva conoscerla con l'ordinaria diligenza;
  2. b) la dichiarazione pubblica è stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto con le stesse modalità, o con modalità simili a quelle con le quali è stata resa;
  3. c) la decisione di acquistare il bene non e' stata influenzata dalla dichiarazione pubblica.

2. Nel caso di beni con elementi digitali, il venditore è obbligato a tenere informato il consumatore sugli aggiornamenti disponibili, anche di sicurezza, necessari al fine di mantenere la conformità di tali beni, e a fornirglieli, nel periodo di tempo:

  1. a) che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, date la tipologia e la finalità dei beni e degli elementi digitali, e tenendo conto delle circostanze e della natura del contratto, se il contratto di vendita prevede un unico atto di fornitura del contenuto digitale o del servizio digitale; oppure
  2. b) indicato all'articolo 133, commi 2 o 3, a seconda dei casi, se il contratto di vendita prevede una fornitura continuativa del contenuto digitale o del servizio digitale nell'arco di un periodo di tempo.

3. Se il consumatore non installa entro un congruo termine gli aggiornamenti forniti a norma del comma 2, il venditore non e' responsabile per qualsiasi difetto di conformità derivante unicamente dalla mancanza dell'aggiornamento pertinente, a condizione che:

  1. a) il venditore abbia informato il consumatore della disponibilità dell'aggiornamento e delle conseguenze della mancata installazione dello stesso da parte del consumatore; e
  2. b) la mancata, o errata, installazione dell'aggiornamento da parte del consumatore non sia dovuta a carenze delle istruzioni di installazione fornite dal venditore al consumatore.

4. Non vi è difetto di conformità ai sensi dell'articolo 129, comma 3, e dell'articolo 130, comma 2, se, al momento della conclusione del contratto di vendita, il consumatore era stato specificamente informato del fatto che una caratteristica particolare del bene si discostava dai requisiti oggettivi di conformità previsti da tali norme e il consumatore ha espressamente e separatamente accettato tale scostamento al momento della conclusione del contratto di vendita(1).

Note

(1) Tale disposizione è stata interamente modificata dall'art. art. 1, comma 1, del D.Lgs. 4 novembre 2021, n. 170.
(2) Il D.Lgs. 4 novembre 2021, n. 170 ha disposto (con l'art. 2, comma 1) che la presente modifica acquista efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2022 e si applica ai contratti conclusi successivamente a tale data.

Spiegazione dell'art. 130 Codice del consumo

La norma in esame, precedentemente rubricata “Diritti del consumatore”, prende adesso in considerazione gli obblighi del venditore e la condotta del consumatore.
In particolare, viene fatto innanzitutto riferimento alla c.d. “dichiarazione pubblica” di cui al comma 3 lett. d) della norma che precede, ovvero alle indicazioni relative alla natura del bene manifestate al pubblico a mezzo pubblicità o etichettatura del prodotto da parte del venditore o di qualunque altro soggetto intervenuto nella catena delle transazioni commerciali, compreso lo stesso produttore.

Viene così previsto che il venditore non debba ritenersi vincolato a quanto dichiarato pubblicamente in ordine alla natura ed alle caratteristiche di un determinato prodotto qualora riesca a fornire in via alternativa una delle seguenti prove:
a) che non era a conoscenza di tale dichiarazione o non poteva conoscerla usando l’ordinaria diligenza;
b) che quella dichiarazione era stata corretta prima della conclusione del contratto, facendo uso delle stesse modalità con cui era stata resa;
c) che la dichiarazione, in ogni caso, non ha potuto in alcun modo influenzare il consumatore nell’acquisto del bene.

Il secondo comma si occupa specificatamente dei beni con elementi digitali, ponendo a carico del venditore appositi obblighi di aggiornamento degli stessi, anche ai fini della sicurezza, e necessari per mantenere la loro conformità.
Se il consumatore non provvede alla loro installazione entro un congruo termine, il venditore non risponde per i difetti di conformità derivanti dal mancato aggiornamento nei seguenti due casi:
1. se ha informato il consumatore della disponibilità dell’aggiornamento e delle conseguenze dell’omessa installazione;
2. se l’omessa installazione non dipende da carenze informative imputabili al venditore.

La condotta del consumatore, infine, assume rilievo ai fini della esclusione della responsabilità del venditore nell’ipotesi prevista dal quarto comma.
In particolare, dispone quest’ultima parte della norma che deve intendersi escluso il difetto di conformità per mancanza dei requisiti oggettivi e mancato aggiornamento di un bene con elementi digitali qualora il consumatore, al momento della conclusione del contratto di vendita, sia stato espressamente informato da parte del venditore del fatto che il bene che si stava per acquistare difettava di uno o più requisiti oggettivi tra quelli richiesti e previsti per la sua conformità e, malgrado ciò, abbia espressamente accettato tale difformità e deciso di acquistare il bene.

Deve ricordarsi che in tutti i casi di mancata conformità del prodotto venduto e di responsabilità del venditore, il legislatore, nell'ottica di dare risalto al principio di conservazione del contratto, ha optato per una gerarchia dei rimedi a tutela del consumatore, distinguendo tra rimedi primari e rimedi secondari, imponendo al consumatore di attenersi a tale gerarchizzazione, ma lasciandolo libero di scegliere il rimedio per lui più conveniente, una volta rispettato l'ordine dei rimedi in via progressiva.
Pertanto, qualora il bene non dovesse risultare conforme al contratto, il consumatore potrà chiedere in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene e, solo qualora ciò non sia possibile ovvero sia manifestamente oneroso, lo stesso sarà legittimato ad avvalersi dei cd. rimedi secondari.
In ogni caso, lLa riparazione e la sostituzione del bene non conforme deve essere effettuata non solo senza spese, ma anche in un tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore.

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Consulenze legali
relative all'articolo 130 Codice del consumo

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S.F. chiede
martedì 26/10/2021 - Marche
“Buongiorno, acquisto una vasca imhoff da interro per fogna con fattura, viene installata in un cantiere (uso molto limitato, avra raccolto 10 pipi in tutto) e dopo 4 mesi, prima di creare il mantello superiore in cemento per renderla carrabile, aperto il coperchio si scopre che è quasi vuota, avverto il venditore telefonicamente (telefonate registrate) e mando anche un video WhatsApp al titolare venditore (che lo guarda) dove si vede chiaramente che il difetto è nella saldatura tra le parti della vasca e l'acqua che esce vistosamente mi dicono che me ne portano un'altra in sostituzione. A fine mese di agosto mi arriva la fattura con addebito scontato della vasca imhoff in sostituzione. Giro anche il video al produttore della vasca e mi dicono che per la sostituzione devo rivolgermi al venditore (appurano il difetto di fabbrica) La domanda è la seguente, il venditore, deve ridarmi solo la vasca in garanzia oppure deve ripagarmi anche il lavoro fatto dai muratori per la sostituzione?”
Consulenza legale i 29/10/2021
L’art. 130 del Codice del Consumo prevede che il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
Ed in tal caso, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto.

Nella presente vicenda, il rimedio prescelto è stato quello della sostituzione del bene difettoso (nel nostro caso, una vasca imhoff).

Ciò posto, la risposta alla domanda contenuta nel quesito si ricava proprio dal predetto art. 130 laddove al comma 6 stabilisce espressamente che le spese che non possono essere a carico del consumatore corrispondono a quei “costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d'opera e per i materiali”.

Nel caso che ci occupa le spese per il lavoro fatto dai muratori per la sostituzione del bene riteniamo che facciano parte delle spese per la mano d’opera (una vasca imhoff va necessariamente interrata e quindi il lavoro del muratore è indispensabile) che devono quindi essere a carico del venditore e non del consumatore.

LUCA D. L. chiede
sabato 10/07/2021 - Veneto
“Buongiorno,

in data 28/06/2021 ho acquistato online sul sito Epto un computer ASUS EXPERTBOOK B9400 del costo ivato di € 1.551,97, ho pagato tramite paypal.

Il computer è arrivato a casa mia a Vicenza il giorno 30/06/2021, ho accettato con riserva il pacco dal corriere in quanto aveva un piccolissimo foro sulla scatola e dato che avevo richiesto un imballaggio extra sia per il valore che per il prodotto che io considero da maneggiare con cura e quindi fragile, non volevo avere alcun problema.

Ho aperto la prima scatola e poi la scatola vera e propria del prodotto che non ha alcun danno visibile, quindi procedo all'ispezione del prodotto che però non si accende. Leggo sulle istruzioni che prima di utilizzarlo va caricato per almeno 3 ore, quindi procedo con la carica e poi finalmente si accende. Il computer è bellissimo e sembra funzionare normalmente, escludo danni da trasporto, ma chi può dirlo, in ogni caso il 2 luglio durante un riavvio di sistema (windows 10 pro) entra automaticamente in aggiornamento il BIOS (il cuore del pc) e subito dopo l'aggiornamento iniziano le schermate di errore: le famose schermate blu di errore di Windows che uno si aspetta da un computer vecchio quando è ora di cambiarlo.

Il computer va in crash in continuazione senza preavviso e senza nemmeno essere "sotto pressione" in quanto gli errori si manifestano anche durante sessioni di navigazione con i browser più comuni, nessun software è stato installato e comunque ha dei rallentamenti strani per un computer top di gamma con processori e memoria di ultimissima generazione (intel i7 11esima generazione e 16 giga di ram, in commercio non esistono ancora processori di 12sima generazione per intenderci), non salva diverse impostazioni, ogni tanto si blocca o mostra schermate bianche, la webcam non va anche se i driver sono aggiornati e altri problemi, quindi è oggettivamente inutilizzabile sia per lavoro che per la navigazione normale.

Lo scopo primario del suo uso è per lavoro visto che sono un consulente informatico con partita IVA, anche se ho acquistato da privato per avere una garanzia più lunga.

In data 04/07/2021 segnalo al venditore tramite il sistema di ticket interno al loro sito che desidero recedere dal contratto descrivendo in modo preciso i diversi errori accumulati e chiedendo le procedure per rispedire il prodotto e ottenere il rimborso. Ho successivamente allegato anche alcune delle foto e video fatti dei vari differenti errori (ho una collezione ormai di almeno una quarantina di errori e siamo ai primi 10 giorni di vita di un computer dedicato all'utenza business...)

La risposta del venditore è stata:

Gentile Cliente
siamo dispiaciuti che il prodotto non funzioni, ma la normativa a tutela dei consumatori: D.Lgs 206/05, D. Lgs. 21/14, prevede che non è possibile rendere prodotti audiovisivi, software informatici sigillati (compresi quelli allegati a materiale hardware) o consumabili.
Se il prodotto non funziona come da lei indicato è prevista la garanzia con ASUS per tanto per attivare la garanzia, la preghiamo di inviarci foto del seriale S/N e del difetto, Non appena riceveremo le foto invieremo subito la richiesta ad ASUS Italia, che procederà con la sostituzione/riparazione del prodotto.
Restia in attesa di una sua comunicazione
Cordiali saluti.
--
Epto electronics
Via XXV Aprile 12
63900 Fermo (FM) Italy

Ho richiesto anche tramite telefonate i soldi indietro, cosa che hanno escluso più volte in quanto il computer ha un software che è stato utilizzato, ora stanno aprendo questa procedura che negli ultimi 5 giorni richiede molto del mio tempo in quanto se non rispondo a tutta una serie di domande tipo: "che versione è il sistema operativo, che versione è il BIOS" e altre decine di domande molto tecniche, il venditore, che ora fa da tramite tra me e ASUS, dice che ASUS non aprirà la procedura per la riparazione.

Quindi cercando online leggo l'art. 130 Codice del consumo e a mia interpretazione mando email a Epto chiedendo espressamente la sostituzione del prodotto e non la riparazione, dato che un prodotto da 1550€ con la ram e tutte le schede saldate è difficilmente riparabile, ma quella email non riceve risposta.

Dopo telefonate e altre email con il venditore epto (dove non si può parlare con un responsabile perchè a detta di un operatore telefonico "qui non c'è nessun responsabile") e dopo aver espresso di non voler più avere a che fare né con ASUS e i suoi prodotti, né con il modello sostituito con uno nuovo in quanto online si trova già lo stesso modello ricondizionato che è segno che più di uno abbia avuto problemi nonostante sia in commercio da pochissimo e i pochi pezzi venduti, né con Epto, mi si promette verbalmente che verrà emesso un buono per l'intero importo speso, per comprare altro sul loro sito.

Data la cifra molto alta per un computer e le mie aspettative ancor più alte per il modello B9400 viste le recensioni giornalistiche molto positive sui siti di settore (pubbliche relazioni), io vorrei i miei 1550€ rimborsati da EPTO per essere libero di prendere un Apple Mac ad esempio da Mediaworld dove lo stesso modello costa 250€ in meno che su Epto in questo momento, dato che l'assistenza ASUS, tramite Epto, mi chiede di controllare i driver e tutta una serie di cose che mi sta facendo perdere molto tempo, mentre loro ne stanno guadagnando e il mio stato d'animo riguardo alla cosa non è più molto gentile o tollerante come 3-4 giorni fa, dato che questo disguido per un computer che non è oggettivamente conforme non è colpa mia e l'aspettativa da un computer che si chiama Expertbook e costa 1550€ non era certamente quella di dover fare da meccanico.

Ho letto l'art. 130 del Codice del consumo e vi chiedo se fosse possibile ottenere il rimborso invece delle altre opzioni che sono:

- riparazione o sostituzione di un modello e marchio di cui non mi fido più (ho letto che ASUS è stata multata nuovamente per pratiche scorrette perchè allunga i tempi di riparazione o addirittura rimanda indietro il prodotto non riparato vedere: AGCM PS8161 - ASUS ITALIA-MANCATA GARANZIAProvvedimento n. 28010)

- buono del valore del computer da spendere presso lo stesso ecommerce dove però lo stesso modello di Mac costa 250€ in più rispetto a Mediaworld...

Al momento il computer è ancora qui con me in attesa di istruzioni per rispedirlo al mittente o in assistenza, intanto con i loro trucchetti procedurali stanno guadagnando tempo, mentre ne fanno perdere a me e questo impatta anche sulla mia abilità di lavorare in alcuni momenti perchè sono molto arrabbiato per questa situazione.

Credo proprio si stiano approfittando di me e sinceramente ho la sensazione che se non agisco duramente potrei aver buttato via 1550€ ritrovandomi un computer "riparato" che avrà sempre problemi in futuro, questo non dovrebbe succedere nemmeno con prodotti di valore molto inferiore.

E' fattibile ed economicamente conveniente riottenere il rimborso da Epto che poi se la vedrà con ASUS o dovrei pensare ad altre opzioni e accettare riparazione/cambio o buono da spendere?

Ringrazio per l'attenzione e cordiali saluti”
Consulenza legale i 13/07/2021
In primo luogo, occorre premettere che le eccezioni al diritto di recesso sono elencate nell’art. 59 del codice del consumo.
Al punto i) leggiamo che sono esclusi dal diritto di recesso, tra l’altro: “la fornitura di registrazioni audio o video sigillate o di software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna”.
Pertanto, la dicitura “compresi quelli allegati a materiale hardware” è una aggiunta del venditore e non è scritta nel codice del consumo.
Quindi, sicuramente anche un computer (se acquistato da un privato consumatore) può essere oggetto del diritto di recesso.

In secondo luogo, la tutela del codice del consumo è prevista nei confronti del venditore e non del produttore, come espressamente sancito al primo comma dell’art. 129 il quale prevede che: “Il venditore é responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
Pertanto, possiamo subito rispondere che è assolutamente fattibile chiedere al venditore Epto di procedere con il rimborso del costo di acquisto e con la restituzione indietro del pc venduto.

Fermo quanto precede nella presente vicenda, tuttavia, parrebbe che il bene presenti anche difetti di conformità.
Quindi più che un mero recesso, riteniamo si debba optare per una delle tutele previste dall’art. 130 del codice del consumo e cioè la riparazione, la sostituzione oppure la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto (quella che verrebbe chiesta nel caso in esame).
Per quanto riguarda queste ultime due soluzioni, la norma prevede che siano esercitabili soltanto quando:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.”

Nel caso che ci occupa, la sostituzione era stata chiesta ma, come scritto nel quesito, nessuna risposta è stata fornita dal venditore alla Sua mail.
Quindi appare legittimo richiedere a questo punto la risoluzione del contratto con la restituzione del pc non funzionante ( o comunque con difetti di conformità che non lo rendono del tutto idoneo all’uso) ed il rimborso dei soldi versati.
Tutto ciò può essere richiesto al venditore e non al produttore.

Quanto all’ultimo aggiornamento che ci ha inviato via ticket (il negoziante riferisce “che ASUS è pronta a riprendere il prodotto e che posso spedirlo il prima possibile, ma non è ancora chiaro se mi daranno i soldi indietro o il prodotto "sistemato", o uno nuovo, o un buono da spendere”) suggeriamo di rispondere per iscritto al venditore sottolineando che non avendo provveduto in precedenza alla sostituzione richiesta, si richiede nuovamente il rimborso del costo sostenuto, comprese le spese di spedizione, con restituzione del pc acquistato.

Daniele M. chiede
lunedì 10/05/2021 - Lombardia
“Buongiorno, ho appena venduto la mia auto a un privato che dopo averla fatta controllare a un carrozziere mi ha fatto notare diversi difetti di cui io non mi ero reso conto. Ho acquistato l'auto a gennaio 2021 da un concessionario che mi aveva tenuto nascosti i difetti e il fatto che fosse stata incidentata. Guardando le notizie ho visto che quel concessionario è sotto processo così come il venditore che me la ha venduta. Non essendo più in possesso dell'auto io posso chiedere un risarcimento o fare causa al concessionario?”
Consulenza legale i 12/05/2021
Occorre premettere che per chiedere un risarcimento danni è necessario fornire la prova di quanto richiesto.
Come espressamente previsto dall’art. 2697 del codice civile: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

Nella presente vicenda, leggiamo che l’auto (immaginiamo usata) era stata da Lei acquistata nel gennaio 2021.
Deduciamo che nel contratto di vendita non sia stato quindi riportato alcun difetto del mezzo.
Poiché l’auto era stata acquistata da un concessionario, è possibile applicare la normativa del codice del consumo contenuta negli articoli 128 e seguenti.
L’art. 130 prevede che il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
Il successivo art. 134 prevede inoltre che nel caso di beni usati, le parti possono limitare la durata della responsabilità ad un periodo di tempo in ogni caso non inferiore ad un anno.
Pertanto, nel caso che ci occupa, la garanzia sarebbe ancora operativa.
Il predetto art. 130 del codice del consumo dispone inoltre che in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto.

Nella presente vicenda, poiché l’auto è stata ne frattempo rivenduta a un privato, non è possibile richiedere nessuno dei predetti rimedi, restando quindi il risarcimento danni.
La risposta alla domanda contenuta nel quesito deve intendersi dunque affermativa.
Più precisamente, la prova dei danni potrà essere fornita in base a quanto rilevato dall’acquirente e da questo richiesto (riduzione del prezzo e/o risoluzione del contratto).
Salva poi una eventuale denuncia per truffa (art. 640 c.p.) che dovrà però essere meglio valutata in base a come si era svolta l’operazione economica e a quanto indicato nel contratto di vendita.

Giovanna B. chiede
mercoledì 05/05/2021 - Veneto
“Avendo ordinato una vettura dotata di un accessorio importante per marciare in piena sicurezza sulle autostrade (Active Cruise Control, la denominazione di Volvo)
Dopo molti tentativi di attivarlo (al telefono mi dicevano cose del tipo ..aggiornare il software..) lo scorso lunedì mi sono recata con la vettura dal concessionario.
Hanno tentato di tergiversare nuovamente, ma questa mattina hanno ammesso (via mail) che si tratta di un errore e che l'auto non può essere dotata dell'accessorio richiesto.
LORO SANNO E L'HO RIBADITO CHE NON AVREI MAI ACQUISTATO L'AUTO SE NON FOSSE DOTATA DELL'ACCESSORIO IN QUESTIONE, IL QUALE COMPARE NEL CONTRATTO DI ACQUISTO COME IL PRIMO ELEMENTO INSTALLATO.
Chiedo cortesemente se ho diritto a richiedere il cambio della vettura, nuova come quella acquistata ma con la dotazione da me richiesta e già pagata.”
Consulenza legale i 14/05/2021
L’art. 129 del codice del consumo dispone che il venditore ha l'obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita.
Tra l’altro, i beni si presumono tali se “sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello.”
Il successivo art. 130 prevede che in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto.

Nella presente vicenda, è palese che vi sia un difetto di conformità in quanto l’autovettura è priva di un equipaggiamento espressamente indicato nel contratto di acquisto e quindi non è conforme alla descrizione fatta dal venditore.
A tal proposito, si potrebbe anche sostenere che sia stato consegnato un aliud pro alio.
Come ha osservato la Suprema Corte con l’ordinanza n. 10045 del 2018: “ in tema di vendita, è configurabile la consegna di "aliud pro alio" non solo quando la cosa consegnata è completamente difforme da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente, o abbia difetti che la rendano inservibile”.

L’autovettura acquistata non è inservibile ma di sicuro è priva di un equipaggiamento richiesto espressamente dall’acquirente ed indicato nel contratto.

Dalla corrispondenza intercorsa, risulta che la concessionaria abbia riconosciuto l’errore ed abbia altresì ammesso che non è possibile installare sull’auto acquistata il richiesto essenziale equipaggiamento.
La soluzione proposta in un primo momento dalla concessionaria (restituzione dei soldi pagati per il solo equipaggiamento mancante) potrebbe anche essere accettata in via bonaria in quanto rientra in una delle ipotesi previste dal codice del consumo all’art. 130 (riduzione del prezzo).

Tuttavia, ciò non toglie che Lei sia legittimata a questo punto a chiedere in alternativa:
a) la sostituzione dell’autovettura con altra dotata dell’equipaggiamento richiesto e quindi conforme a quanto acquistato; oppure
b) la risoluzione del contratto (art. 1497 c.c.) con riconsegna della vettura da parte Sua e restituzione da parte del venditore delle somme già versate.
Con riguardo quest’ultima ipotesi, si evidenzia che la Cassazione nella sentenza n.10453 del 2020 ha infatti rilevato che anche un difetto (o mancanza di conformità, come nel caso in esame) di lieve entità non sempre esclude in capo al consumatore il diritto alla risoluzione del contratto.

Angelo M. chiede
venerdì 29/05/2020 - Lombardia
“In data 23.04.2019 ho acquistato presso una concessionaria l’autovettura Jeep Compass per l’importo di € 29.500,00.

L’autovettura é stata immatricolata il 01.07.2019 e consegnatami l’08.07.2019.

In data 19.12.2019 ho improvvisamente perso il controllo dell’autovettura con duplice ribaltamento dell’auto e senza il coinvolgimento di ulteriori veicoli.

La dinamica del sinistro, l’esame e le anomalie riscontrate sul veicolo in questione sono state oggetto di perizia redatta il 16.03.2020 da perito di parte presso concessionaria ufficiale della casa madre.

La perizia ha stabilito che la perdita di controllo dell’autovettura, la fuoriuscita di strada ed il ribaltamento sono stati causati da un’anomala deformazione del tirante destro di sterzo e dal distacco del semiasse destro dal relativo differenziale, esteriorizzazione di un assemblaggio imperfetto.

Pertanto in data 06.05.2020, nel termine di 60 giorni decorrenti dalla scoperta del difetto ed a pena di decadenza, con contestuale costituzione in mora del venditore, ho denunciato a mezzo p.e.c. alla società venditrice il difetto di conformità.

Più in particolare la società è stata resa edotta che:
l’autovettura, secondo quanto accertato con la perizia non è conforme al contratto ai sensi dell’art. 128 e ss. del D.Lgs. n. 206/2005, in quanto “ab origine” inidonea all’uso abituale cui è destinata e/o non corrisponde alla descrizione fatta, in applicazione di quanto previsto dall‘art. 130 del D.Lgs. 206/2005, giacché la riparazione risulta impossibile e/o eccessivamente onerosa in quanto antieconomica, richiedo l’integrale restituzione del prezzo d’acquisto (rectius: risoluzione del contratto), pari ad € 29.500,00.

In data 11.05.2020, all’indirizzo di p.e.c. dello scrivente, è pervenuta lettera di diffida del legale della concessionaria.

In data 11.05.2020, contestando integralmente il contenuto della predetta lettera di diffida, ho rappresentato al suddetto legale, in virtù dell’incarico conferito dalla venditrice, nonché notiziando per conoscenza la stessa, che:

- il difetto di conformità si presume, salvo prova contraria, esistente alla data dell’08.07.2019 ossia alla data della consegna dell’autoveicolo in quanto manifestatosi il 19.12.2019, data del sinistro stradale, quindi nel termine di 6 mesi dalla consegna dell’autovettura, ex art. 132 c. 3 D. Lgs. 206/2005;

- con la denuncia del difetto di conformità datata 06.05.2020 è stato richiesto uno specifico rimedio ai sensi dell’art. 130 c. 7 lett. a) del Codice del Consumo ossia tenuto conto che l’autovettura, secondo quanto accertato con la perizia non è conforme al contratto ai sensi dell’art. 128 e ss. del D.Lgs. n. 206/2005, in quanto “ab origine” inidonea all’uso abituale cui è destinata e/o non corrisponde alla descrizione fatta, in applicazione di quanto previsto dall‘art. 130 del D.Lgs. 206/2005, giacché la riparazione risulta impossibile e/o eccessivamente onerosa in quanto antieconomica, è stata richiesta l’integrale restituzione del prezzo d’acquisto (rectius: risoluzione del contratto), pari ad € 29.500,00;

- il rimedio richiesto, ex art. 130 c. 9 lett. a) del D.Lgs. 206/2005, obbliga la società venditrice ad attuarlo specificamente;

- la società è invitata, entro il termine di 15 gg., a fornire:

• la prova contraria relativamente all’asserita inesistenza del difetto di conformità denunciato;
• la “Scheda tecnica di stato d’uso del veicolo” parte integrale e sostanziale delle condizioni di vendita che il cliente
sottoscrive per presa visione, conoscenza olltreché accettazione e dalla quale sarebbero emersi i limiti di
prestazione, i vizi ed i difetti funzionali derivanti dal tempo e dalle modalità del suo pregresso utilizzo, dal normale
uso che ne è stato fatto nonché dal chilometraggio del medesimo autoveicolo dalla data di prima immatricolazione
ossia il 06.11.2017, autovettura già targata FCA 2845 Germania, per come analiticamente e precisamente indicati e
descritti nell’anzidetta scheda.

Si evidenzia che alla data odierna sono spirati inutilmente i termini suddetti, entro i quali la società concessionaria avrebbe dovuto:
- attuare lo specifico rimedio richiesto e consistente nella restituzione integrale del prezzo d’acquisto dell’autoveicolo;
- fornire la prova contraria e la scheda tecnica di stato d’uso del veicolo sopra menzionate.

Vi chiedo, pertanto, in che modo, oltre alla citazione in giudizio, è possibile agire nei confronti della società concessionaria venditrice affinché ottemperi a quanto richiesto.

Si ringrazia per l’attenzione accordata e si porgono distinti saluti.”
Consulenza legale i 07/06/2020
Le norme citate nel quesito, contenute nel Titolo III della Parte IV del Codice del Consumo (artt. 128-135), si ritengono correttamente inerenti e pienamente applicabili nel caso di specie.
Tali norme ricalcano sostanzialmente quelle dettate dal codice civile in materia di compravendita e di vizi della cosa venduta.
In particolare, dispone l’art. 1476 del c.c. che una delle obbligazioni principali del venditore è quella di garantire il compratore dai vizi della cosa venduta, garanzia di cui lo stesso codice civile si occupa specificatamente agli artt. 1490 e ss.

Dalla lettura di queste ultime norme se ne ricava che, fatto salvo il caso in cui il compratore sia a conoscenza del vizio della cosa venduta ovvero il caso in cui i vizi fossero facilmente riconoscibili da parte dello stesso (ipotesi in cui la garanzia va esclusa ex art. 1491 del c.c.), il compratore ha facoltà di domandare, alternativamente, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo (così art. 1492 del c.c.), e la scelta di uno dei due rimedi diventerà definitiva soltanto al momento della proposizione della relativa domanda giudiziale.

Gli effetti della risoluzione sono espressamente indicati all’art. 1493 del c.c.., e si fanno consistere nell’obbligo per il venditore di rimborsare il prezzo di acquisto sostenuto dal compratore, unitamente alle spese ed ai pagamenti legittimamente fatti per la vendita, nonchè nel correlativo obbligo per il compratore di restituire la cosa, salvo il suo perimento in conseguenza del vizio.

Dei termini e delle condizioni per l’esercizio dell’azione si occupa, invece, il successivo art. 1495 del c.c., il quale, tuttavia, detta una disciplina di carattere generale, tant’è che la medesima norma fa salvo quanto diversamente stabilito dalla legge (e più precisamente, per quel che ci riguarda, dal codice del consumo, specificatamente applicabile al caso di specie).

E’ proprio a quest’ultima fonte normativa, e più precisamente alle disposizioni di cui agli artt. 128-135 del codice, che occorre riferirsi per l’individuazione dei termini e delle condizioni relativi alla garanzia per vizi della cosa venduta, rientrando la vendita di auto usata nel campo di applicazione di tale normativa, quale delineato dall’art. 128 del codice consumo (si fa riferimento ad auto usata in quanto nel quesito si precisa che la prima immatricolazione dell’auto era avvenuta in Germania e che successivamente, in Italia, l’auto è stata reimmatricolata).

A differenza di quanto previsto per l’acquisto di auto nuova, la garanzia per l’acquisto di auto usata dura generalmente un anno dal momento della consegna del mezzo e copre qualsiasi tipo di difetto presenti l’auto, purché non si tratti di difetto facilmente riconoscibile con l’ordinaria diligenza già al momento dell’acquisto (come, del resto, dispone anche l’art. 1491 c.c.).
Per far operare la garanzia sull’auto usata l’acquirente è tenuto a “denunciare” al venditore il difetto di funzionamento entro un tempo massimo di 60 giorni da quando se ne è accorto, ciò che dovrà farsi mediante lettera da inviare alla sede legale del venditore, in cui lo stesso acquirente dovrà specificare il difetto e chiedere l’intervento del venditore (il mezzo di comunicazione da usare dovrà essere quello della raccomandata a.r. o della PEC).

Acquista particolare rilevanza ai fini probatori il momento in cui si manifesta il difetto, in quanto se esso si presenta nei primi 6 mesi dalla data di vendita si presume che tale difetto esistesse già al momento dell’acquisto e, pertanto, spetta al venditore dare la prova che il difetto denunciato dall’acquirente deriva dalla normale usura o da un cattivo uso del mezzo fatto dall’acquirente stesso, mentre quest’ultimo non dovrà dimostrare alcunché (in particolare il venditore, per dimostrare di essere esente da responsabilità, dovrà provare che sussiste una delle condizioni di esclusione di responsabilità previste dall’art. 5.2 del contratto sottoscritto).
Al contrario, se il difetto dovesse presentarsi dopo 6 mesi dall’acquisto, grava sull’acquirente la prova che il mezzo sia stato venduto in condizioni di non conformità.

Nel caso di specie l’evento che ha consentito la manifestazione del difetto dell’auto, consegnata in data 08.07.2019, si è verificato in data 19.12.2019, dunque prima del decorso dei sei mesi, con la conseguenza che sul consumatore, in un eventuale giudizio, non graverà alcun onere probatorio.
Sembra palese che nessuna rilevanza in detta sequenza temporale possa assumere la circostanza che soltanto in data 16.03.2020 sia stata accertata, a seguito di perizia, la sussistenza di quel difetto, in quanto è pur sempre alla data in cui si è verificato il danno che occorre fare riferimento per il decorso di quel termine di sei mesi di cui all’art. 132 del codice consumo, oltre che per il decorso del termine di 60 giorni per la denuncia (termine anche questo rispettato).

Una volta adempiute correttamente e puntualmente tutte le formalità preliminari per far valere la garanzia legale contro il venditore, e soprattutto avendo espressamente indicato di quale rimedio ci si intende avvalere (risoluzione del contratto con restituzione integrale del corrispettivo versato), non sembra che vi sia altro da aspettare per agire contro la concessionaria venditrice, considerato che con la lettera di diffida dell’11 maggio 2020 quest’ultima sembra aver già preso una chiara posizione, nel senso di non aver alcuna intenzione di soddisfare bonariamente le richieste del compratore e non avendo neppure pensato alla soluzione di proporre all’acquirente un rimedio alternativo (quale potrebbe essere, ad esempio, la sostituzione del bene).

Si ritiene opportuno a questo punto evidenziare che, il fatto che il codice del consumo abbia previsto una graduazione dei rimedi esperibili dal compratore, comporta che il rimedio più grave della risoluzione del contratto si potrà considerare legittimamente esercitato solo quando i rimedi base risultino impossibili o non soddisfacenti.
Inoltre, non bisogna dimenticare che l’azione civile volta ad imporre al concessionario di adempiere ai suoi obblighi deve essere iniziata entro il termine di un anno che decorre dalla consegna del bene, consegna qui avvenuta in data 08.07.2019 e, dunque, manca davvero poco per per poter pensare ad altri rimedi.

Nel quesito, infatti, viene in buona sostanza chiesto com’è possibile agire nei confronti della concessionaria venditrice affinchè ottemperi a quanto richiesto ed evitando il giudizio.
Ora, a prescindere dal fatto che la parte venditrice non sembra avere la benchè minima intenzione di ottemperare, obiettivamente non vi è più tempo per pensare al atri rimedi, in quanto si corre il rischio di vedersi preclusa anche la possibilità di far valere in giudizio i propri diritti.
Ad ogni modo, in fase precontenziosa, gli unici rimedi a cui si può pensare di ricorrere, anche contestualmente, sono quello di:
  1. rivolgersi all’Unione Nazionale dei consumatori A questo link si trova il form di segnalazione per inoltrare un reclamo: https://www.consumatori.it/reclama/prodotti-difettosi/
  2. rivolgersi all’Autorità garante della Concorrenza e del mercato, a cui denunciare il comportamento scorretto del venditore per aver costretto il consumatore ad intraprendere una azione giudiziaria al fine di far valere un diritto palesemente accertato con perizia redatta da perito di parte e presso la concessionaria ufficiale della casa madre. A questo link si trova il form di segnalazione:
https://www.agcm.it/competenze/tutela-del-consumatore/come-segnalare

E’ tuttavia opportuno che i rimedi sopra suggeriti siano adottati contestualmente all’avvio dell’azione giudiziaria, e ciò perché, come prima accennato, rimane pochissimo tempo per lo spirare del termine annuale di prescrizione dell’azione; del resto, il solo effetto a cui potrebbe condurre l’esperimento di tali rimedi è quello di indurre la concessionaria a soddisfare anche transattivamente le richieste del consumatore, al fine di non subire ulteriori conseguenze negative (quale il discredito commerciale) nel futuro svolgimento della propria attività professionale.

Per concludere, si ritiene che sia da escludere la possibilità di far valere la garanzia della casa produttrice (unica altra possibilità alternativa), in quanto nei confronti di questa l'art. 131 del codice consumo consente soltanto l’esercizio di una azione di regresso da parte del venditore, a cui il consumatore finale deve in ogni caso rivolgersi.
La norma prevede, infatti, il diritto del rivenditore, di rivolgersi a ritroso alla catena distributiva per chiedere il rimborso di quanto ha dovuto prestare al cliente finale in base alla garanzia.
Fanno eccezioni le sole ipotesi, abbastanza rare nella pratica, in cui la c.d. garanzia di produzione abbia formato oggetto di apposita pattuizione tra le parti (in aggiunta alla garanzia legale), nel qual caso essa diventerà vincolante per la casa costruttrice della vettura (quindi del produttore), ma limitatamente ai soli difetti di costruzione.


Salvatore G. chiede
mercoledì 25/10/2017 - Veneto
“Poichè abitiamo in una casa isolata, al fine di registrare e/o scoraggiare possibili intrusioni,abbiamo acquistato un impianto di videosorveglianza da una ditta specializzata.
Dopo poche ore di funzionamento il circuito elettronico(hard disk?) installato in casa, è diventato intollerabilmente rumoroso.
Abbiamo chiesto quindi la riparazione o sostituzione dell'apparato difettoso.
Per tutta risposta, la ditta si è appropriata "da remoto" nel nostro sistema, introducendo un guasto che ne impedisce il funzionamento.
Non è solo un sospetto che possano entrare a controllare l’interno e l’esterno della nostra abitazione.
Hanno quindi affidato ad una società di recupero crediti la richiesta del saldo della fattura, con la falsa affermazione che : - ...abbiamo sempre dichiarato che il rumore non ci dava alcun fastidio….-
Aggiungono poi , che se paghiamo l’impianto( difettoso), ci ripristinano il video(forse).

Sopratutto siamo rimasti esterrefatti nello scoprire che l'installatore dell'impianto può entrare nei nostri fatti privati(3 telecamere sono dirette in giardino, una copre l’interno di casa nostra) senza esserne preventivamente autorizzato, con la possibilità di decidere cosa, come e quando noi possiamo usufruire dell'impianto di sorveglianza.
Autorizzazione che avremmo categoricamente rifiutato.

Chiediamo cortesemente di sapere come dobbiamo agire per contestare l’intera fornitura, ed essere risarciti del danno già
procuratoci, e procedere quindi all’installazione di un impianto sostitutivo che non sia accessibile( se non con la frode, come nel nostro caso) da terze parti.(precedente consulenza Q201719509)
Consulenza legale i 06/11/2017
In primo luogo, è opportuno rispondere quanto prima alla società di recupero del credito incaricata dal venditore dell’impianto.

Andrà ripercorsa la vicenda, facendo presente che l’impianto era talmente rumoroso da non riuscire a svolgere nemmeno le consuete e normali attività quotidiane; che la rumorosità è stata tempestivamente contestata e che la risposta è stata quella di attribuirne la responsabilità alla ventola, con invito a disattivarla; che tale soluzione non ha eliminato il rumore ed anzi ha reso concreto il rischio dell’insorgere di altre problematiche (come il surriscaldamento dell’apparecchiatura); che è stata quindi richiesta la riparazione o la sostituzione del bene, in conformità al Codice del Consumo; che, a seguito della richiesta, il solo intervento eseguito dal venditore ha comportato un guasto che impedisce al sistema di funzionare. Il tutto corredando la comunicazione degli opportuni riferimenti temporali (date).

La risposta – da inviare tramite raccomandata sia alla società di recupero crediti che all’indirizzo diretto del venditore – deve contenere l’intimazione alla sostituzione immediata (a nostro avviso preferibile alla riparazione) del bene senza costi aggiuntivi, a norma del Codice del Consumo.

Quanto alla richiesta di danno, è importante capire che quest’ultimo va provato: per cui sta bene aggiungere alla richiesta di sostituzione del bene la richiesta di ristoro dei danni, ma questi ultimi andranno quantificati e provati.

Il Codice del Consumo (art. 130 D.Lgs n. 206/2005) prevede che il consumatore, una volta richiesta la riparazione o la sostituzione del bene difettoso, ottenga il rimedio desiderato entro un termine “congruo”.
Se il venditore non provvede, dunque, in tal senso, il consumatore può richiedere “a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.”

Nel caso di specie, se il venditore non intendesse sostituire il bene ed insistesse nella richiesta di pagamento, oppure se fosse passato del tempo dalla prima richiesta di sostituzione, sarà possibile, ad avviso di chi scrive, far valere direttamente la risoluzione del contratto con restituzione del prezzo pagato.
Infatti, la riduzione del prezzo avrebbe senso se il bene fosse comunque utilizzabile, nonostante il disagio occorso al consumatore e nonostante la temporanea impossibilità di utilizzo; tuttavia, nel caso in esame, l’impianto non funziona più: pertanto, o viene riparato, oppure sarà legittimo chiedere indietro il prezzo versato risolvendo il contratto.
Ciò anche in considerazione del fatto che è passato del tempo dalla prima segnalazione del difetto di funzionamento e le risposte ottenute non sono state fornite entro un termine congruo e/o comunque si sono rivelate non risolutive.

Si potranno presentare a quel punto diverse eventualità:
a) il venditore non sente ragioni e procede con la richiesta di pagamento, rivolgendosi al Giudice ed ottenendo un decreto ingiuntivo: a quel punto, bisognerà, a mezzo di un legale, presentare opposizione, aprendo un giudizio vero e proprio nel quale eccepire le proprie ragioni;
b) il venditore non procede con il recupero coattivo del prezzo, ma a quel punto spetterà al consumatore agire se vuole ottenere un impianto funzionante oppure la risoluzione del contratto con restituzione del prezzo ed eventuale risarcimento dei danni. Sarà quindi necessario rivolgersi al Giudice.

Si fa presente, a tale ultimo proposito, che ogni richiesta di danno per importi inferiori ad € 50.000,00 richiede obbligatoriamente – come condizione di procedibilità dell’eventuale giudizio davanti all’Autorità Giudiziaria – il previo esperimento del procedimento di negoziazione assistita, ovvero una procedura di natura conciliativa, di breve durata (circa tre mesi), attraverso la quale le parti, con l’assistenza dei rispettivi avvocati, cercano di “cooperare” (così dice la norma) al fine di risolvere bonariamente la controversia.

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