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La valutazione sulla collocazione prevalente del minore deve essere condotta dal Giudice nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole

Famiglia - -
La valutazione sulla collocazione prevalente del minore deve essere condotta dal Giudice nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole
Capacità di relazione effettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, sono tra i principali indici valutativi ai fini della scelta del genitore presso cui collocare il minore.
Con l’ordinanza n. 30191/2019, la Corte di Cassazione, sez. I Civile, si è pronunciata in ordine alla valutazione dei criteri di affidamento del minore posta in essere dal Giudice di merito.
Nel caso di specie, una madre proponeva reclamo avverso il decreto emesso dal Tribunale per i minorenni dell’Aquila del 11/06/2016, con il quale si era disposto il collocamento della figlia minorenne in via preferenziale presso l’altro genitore, in seguito ad affidamento della piccola ai Servizi sociali del Comune di residenza. Il reclamo era respinto dalla Corte di appello, avendo quest’ultima stabilito che il collocamento così disposto soddisfacesse l’interesse morale e materiale della figlia; ciò alla luce delle consulenze tecniche assunte e tenuto conto, non da ultimo, della garanzia di stabilità offerta dal padre della minore. La madre proponeva ricorso per Cassazione, deducendo la violazione o la falsa applicazione dell’art. 337 ter, comma 1 e 2, del Codice Civile.
Si evidenziava, in particolare, che l’interpretazione della nozione di interesse del minore, offerta dalla Corte territoriale, fosse completamente svincolata dal criterio patrocinato dai giudici di legittimità, in virtù del quale si dovrebbe privilegiare, indipendentemente dal cambio di residenza della madre, la collocazione del minore presso quest’ultima. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto la doglianza da ultimo citata inammissibile.

Si è, in tale ottica, ricordato l’orientamento di legittimità cristallizzato sul tema, in virtù del quale “il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della responsabilità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione" ( Cass. n. 18817/2015). La Corte ha, peraltro, evidenziato come le censure mosse dalla ricorrente muovano a sindacare il mero merito della decisione, spettando solo al Giudice del merito, invero, la valutazione circa la collocazione più idonea della minore; valutazione da condurre sulla base dell’unico parametro dell’interesse del minore.
Non è consentito, dunque, al Giudice di legittimità alcuna “rilettura del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito”. Anche alla luce di quanto osservato circa il principio di diritto fornito dalla Suprema Corte, ad ogni modo, non sembra potersi rilevare alcun deficit di consequenzialità logica nel tessuto argomentativo elaborato dalla Corte territoriale, la quale aveva ravvisato, nella collocazione presso il padre, una soluzione in grado di dotare di maggior stabilità, sicurezza e continuità l’esistenza della minore. Tra gli elementi ritenuti determinanti in tal senso, lo stile educativo “più regolativo” da parte del padre rispetto a quello più permissivo ed emotivamente distaccato della madre; la presenza nell’azienda gestita dal padre dei nonni paterni, in grado di assicurare una costante attenzione alla piccola.


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