Fino a oggi, nel nostro ordinamento vigeva una regola non scritta ma ferrea: nessun accordo tra marito e moglie in vista della crisi coniugale poteva essere considerato valido. Per decenni, i giudici italiani hanno ritenuto che simili patti fossero illegittimi per “illiceità della
causa”. Si temeva che, permettendo ai coniugi di organizzare preventivamente la spartizione del patrimonio, si potesse favorire o addirittura incentivare la rottura dell’unione matrimoniale.
La
Cassazione ha finalmente spazzato via questa impostazione con l’
ordinanza n. 20415 depositata il 21 luglio 2025, che riconosce pienamente la
legittimità di questi accordi, anche se firmati durante il matrimonio. Secondo i giudici della Suprema Corte, è superata la concezione secondo cui la famiglia dovrebbe essere tutelata a prescindere dai desideri e dalle scelte dei suoi membri. Oggi si afferma una visione più moderna: la
famiglia non è più una “entità superiore” a cui sacrificare tutto, ma un’unione tra soggetti liberi, consapevoli e autonomi.
Questa svolta rappresenta un
cambiamento culturale e giuridico di grande impatto. I coniugi diventano titolari di un nuovo diritto all’autodeterminazione, che consente loro di
pianificare la gestione dei beni anche nell’ipotesi di un eventuale fallimento matrimoniale, senza dover attendere l'intervento del
giudice e senza subire una battaglia legale a suon di ricorsi e avvocati.
Il trucco giuridico: un contratto atipico, ma legittimo e ben costruito
Ma come ha fatto la Cassazione a superare decenni di giurisprudenza contraria? Attraverso un’elegante costruzione giuridica, definendo questi accordi come “contratti atipici con condizione sospensiva lecita”. Si tratta di una formula tecnica che, però, ha il merito di rendere perfettamente legittimo ciò che prima era considerato impensabile.
Secondo l’
art. 1322 del c.c., i cittadini possono stipulare
contratti diversi da quelli previsti dalla legge, purché abbiano
interessi meritevoli di tutela secondo l’
ordinamento giuridico. La Cassazione ha stabilito che
evitare conflitti economici futuri tra coniugi è senz’altro un interesse legittimo e tutelabile. Non si tratta, dunque, di “mercanteggiare” sul matrimonio, ma di evitare che un’eventuale rottura sfoci in guerre patrimoniali devastanti.
Inoltre, il contratto diventa efficace solo al verificarsi di un evento futuro e incerto, come una separazione o un divorzio. In gergo tecnico, questa si chiama “condizione sospensiva lecita”. E qui arriva il passaggio più importante: il divorzio non è la causa dell’accordo, ma l’evento che ne determina l’operatività. I coniugi non firmano perché vogliono divorziare, ma perché desiderano tutelarsi nel caso ciò accada. In questo modo, si evita ogni sospetto di illiceità e si riconosce la piena legittimità di questi strumenti preventivi, che fino a oggi erano ignorati o osteggiati dai tribunali.
Un caso concreto che fa scuola: quando l’accordo tutela davvero
L’ordinanza della Cassazione non nasce nel vuoto, ma da una vicenda concreta che racconta bene l’utilità di questi accordi. Una donna, durante il matrimonio, ha utilizzato fondi personali per contribuire al pagamento del mutuo e all’arredamento di una casa intestata esclusivamente al marito. In pratica, ha investito il proprio patrimonio per aumentare il valore di un bene che, in caso di separazione, non le sarebbe mai spettato.
Per evitare conseguenze ingiuste, i coniugi avevano firmato una
scrittura privata, con cui il marito riconosceva il debito verso la moglie e si impegnava, in caso di separazione, a trasferirle determinati beni, tra cui un motociclo e un’imbarcazione. L’accordo non era unilaterale o punitivo, ma equilibrato e bilanciato, poiché prevedeva anche l’assegnazione di beni a favore del marito.
La Corte ha ritenuto che si trattasse di un “riassetto patrimoniale giusto ed equilibrato”, frutto di una valutazione razionale e ponderata. Non un modo per “speculare” sul divorzio, ma uno strumento di tutela e riconoscimento reciproco. È stato proprio questo equilibrio a convincere i giudici che il contratto meritasse piena legittimità. Un precedente che potrebbe, ora, fare scuola in moltissime situazioni analoghe, specie quando uno dei coniugi ha effettuato investimenti consistenti nel patrimonio dell’altro.
Una nuova stagione per le famiglie italiane: più libertà, più responsabilità
La decisione della Cassazione non riguarda solo il denaro. Apre le porte a una concezione più ampia dell’autonomia dei coniugi, che possono accordarsi anche su altri aspetti della vita familiare, come l’affidamento dei figli, le modalità di visita e l’uso della casa coniugale. Naturalmente, esistono dei limiti: i diritti indisponibili restano intoccabili. Su tutte le questioni che riguardano il benessere e l’interesse dei minori, ad esempio, il giudice continua ad avere un ruolo fondamentale di controllo e garanzia.
In sostanza, i coniugi possono decidere tutto ciò che non violi diritti fondamentali. Ma lo possono fare in modo libero, consapevole e anticipato, evitando lunghe e costose cause giudiziarie. Per gli avvocati, per i mediatori familiari e per le stesse coppie, si apre un nuovo orizzonte: quello dei “patti personalizzati”, cuciti su misura, capaci di risolvere le crisi coniugali con meno traumi e più razionalità.
Si può parlare, ormai, di un “patto prematrimoniale all’italiana”, anche se formalmente questi accordi sono firmati dopo il matrimonio. La logica, però, è la stessa di altri Paesi europei e anglosassoni: dare alle persone gli strumenti per tutelarsi e proteggere i propri interessi nel caso in cui l’amore finisca. In un’epoca in cui oltre la metà dei matrimoni termina con una separazione, questa è una scelta di civiltà.