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Quali informazioni deve dare la banca che tratta con un cliente inesperto?

Quali informazioni deve dare la banca che tratta con un cliente inesperto?
La banca che non ha informato correttamente il cliente sull’investimento rischioso è tenuta a risolvere il contratto di intermediazione finanziaria?
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8212/2020, ha avuto modo di pronunciarsi in merito alla possibilità o meno di ritenere responsabile una banca, per un investimento rischioso andato, in breve tempo, in default, qualora non abbia fornito al cliente le necessarie informazioni in merito al prodotto offertogli.

La questione sottoposta all’esame degli Ermellini era nata in seguito al giudizio proposto da due clienti contro la propria banca al fine di ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto di intermediazione finanziaria da essi concluso, avente ad oggetto obbligazioni emesse dallo Stato dell’Argentina.

Di fronte all’accoglimento, all'esito del giudizio d'appello, delle pretese attoree, la banca convenuta ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione e falsa applicazione degli articoli 21 e 23 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, cosiddetto T.U.F., nonché degli articoli 1453 e 1455 del c.c. Secondo la ricorrente, infatti, i giudici della Corte territoriale avevano errato nel ritenere ravvisabile un suo inadempimento in ordine ai propri obblighi informativi.
L’istituto di credito evidenziava, inoltre, come uno degli attori lavorasse, peraltro, alle dipendenze di una banca.

La Suprema Corte, tuttavia, ha giudicato infondate le doglianze avanzate dalla ricorrente.

Gli Ermellini si sono, infatti, dimostrati concordi con quanto affermato dai Giudici d’appello, i quali, operando un prudente apprezzamento, hanno giustamente giudicato inadeguate le informazioni rese dalla banca ai propri clienti, rilevando, in particolare, come non fosse stato evidenziato il cosiddetto “Rischio paese”, considerato che l’emittente dei titoli in questione era un paese emergente.

Parimenti corretta è parsa, poi, ai Giudici di legittimità, la decisione della Corte d’Appello di escludere che la condizione personale di uno degli attori, il quale lavorava come dipendente di una banca, potesse essere idonea ad escludere il nesso causale tra inadempimento e danno, considerato che lo stesso non risultava specificamente addetto al settore titoli né aveva alcuna specifica esperienza in materia.

Nell’evidenziare la conformità alla legge di tali statuizioni, gli Ermellini hanno, innanzitutto, ribadito come l’art. 21 del T.U.F. stabilisca che “nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati”.

Al fine di dare concretezza a tali principi, il Regolamento di Attuazione concernente la disciplina degli intermediari, adottato dalla Consob con delibera n. 11522/1998, ha precisato, quanto ai doveri di informazione, che gli intermediari autorizzati “devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio.
L’art. 28 dello stesso Regolamento Consob prevede, peraltro, che dovere primario della banca sia quello di informare adeguatamente il cliente sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare delle consapevoli scelte di investimento.

Tuttavia, nel caso di specie, tale dovere non risulta essere stato assolto dalla banca convenuta, non avendo essa indicato, in particolare, il rating del titolo, il quale costituisce un elemento basilare di ogni investimento in prodotti finanziari.

Quanto, poi, alla qualità rivestita da uno degli attori, la Cassazione, concordemente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, ha ribadito la totale irrilevanza del fatto che uno dei clienti fosse dipendente di una banca, posto che tale qualifica non implica una particolare conoscenza del mercato e dei prodotti finanziari, né si poteva ritenere che i clienti avessero una certa esperienza in materia per l’aver già acquistato, nel 1997, il medesimo titolo.


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