Si tratterebbe di una pausa temporanea, non di un cambiamento strutturale del sistema: la norma, infatti, non abolirebbe il meccanismo, ma lo sospenderebbe per tre anni. Un’opzione che potrebbe rendere più accessibile l’uscita dal mondo del lavoro per molti italiani, soprattutto in un contesto in cui l’aspettativa di vita continua a salire grazie ai progressi sanitari e al miglioramento della qualità della vita.
I costi per le finanze pubbliche
Al momento, però, la fattibilità della misura è ancora incerta. Uno degli ostacoli principali, infatti, è rappresentato dalla sostenibilità economica: fermare l’adeguamento automatico ha un impatto diretto sulla spesa pubblica. Già dopo la riforma Fornero, la previdenza ha inciso più del previsto sui conti dello Stato, anche per effetto di strumenti di flessibilità come Quota 100, Quota 41, Ape Sociale e Opzione Donna, pensati per anticipare l’uscita dal lavoro rispetto ai canali ordinari.
I problemi demografici
A questi si aggiunge il fattore demografico: l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite rendono sempre più complesso l’equilibrio tra entrate contributive e uscite pensionistiche. Inoltre, le rivalutazioni legate all’inflazione aumentano ulteriormente la spesa complessiva per l’INPS.
Chi potrà andare in pensione nel 2025 e negli anni successivi dovrà, quindi, tenere conto di possibili modifiche normative, ma anche di scenari che potrebbero cambiare rapidamente. Senza una riforma strutturale del sistema pensionistico, lo stop al collegamento con la speranza di vita rischia di essere solo una boccata d’ossigeno a breve termine.
Chi sarà interessato dalla sospensione dell’età pensionabile?
La misura, se approvata, riguarderà tutti i lavoratori che matureranno i requisiti pensionistici nei tre anni compresi tra il 2026 e il 2028. In questo periodo, l’età minima per il pensionamento resterebbe congelata ai livelli attuali, evitando l’aumento dovuto all’incremento dell’aspettativa di vita.
Questo blocco comporterà un vero anticipo della pensione?
No, non si tratta di un anticipo. Più precisamente, si eviterebbe l’aumento dei requisiti anagrafici previsto per i prossimi aggiornamenti. Chi maturerà i requisiti nel triennio considerato potrà, quindi, andare in pensione con le regole attuali, senza ulteriori slittamenti.
La sospensione dell’adeguamento è definitiva?
No, la misura – se confermata – avrà carattere temporaneo. Dal 2029 il meccanismo automatico di adeguamento tornerà in vigore, salvo ulteriori interventi normativi. Ciò significa che l’età pensionabile potrebbe tornare ad aumentare nei successivi aggiornamenti ISTAT.
Ci saranno conseguenze per le generazioni future?
È possibile. Il blocco temporaneo, se non accompagnato da una riforma strutturale, potrebbe spostare gli oneri sulle generazioni più giovani. La sostenibilità del sistema previdenziale dipende da un equilibrio tra età pensionabile, contributi versati e durata media della pensione.