Tra i punti più delicati analizzati, spicca la questione delle dimissioni per fatti concludenti, una fattispecie che ha alimentato notevoli discussioni dottrinali e applicative negli ultimi mesi.
Dimissioni tacite dopo 15 giorni di assenza ingiustificata
Secondo quanto riportato nel documento ministeriale, l’art. 19 della l. 203/2024 ha innovato profondamente l’art. 26 del D.lgs. n. 151 del 2015, inserendo il nuovo comma 7-bis.
Tale disposizione introduce il concetto di “dimissioni implicite”, nei casi in cui il dipendente si assenti senza giustificazione per un periodo superiore a quello previsto dal contratto collettivo applicato o, in assenza di tale previsione, oltre i 15 giorni.
In questo scenario, il datore di lavoro può inoltrare apposita segnalazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro per le verifiche del caso. A seguito di tale comunicazione, il rapporto si considera concluso per volontà del lavoratore, senza necessità di applicare la procedura standard prevista per le dimissioni volontarie.
Tuttavia, l’interruzione non scatta automaticamente: è l’azienda che, riconoscendo nel comportamento del dipendente una volontà risolutiva, può attivare il procedimento.
Quando il termine non è di 15 giorni: il ruolo del contratto collettivo
La durata dell’assenza - che può determinare la cessazione del contratto - dipende anche dalle previsioni del CCNL. Se quest’ultimo prevede un periodo superiore ai 15 giorni, sarà quello a prevalere. In caso contrario, si applicherà comunque il minimo legale. I giorni devono intendersi come consecutivi, salvo indicazioni contrarie contenute nel contratto collettivo.
La comunicazione all’Ispettorato può essere inoltrata dal datore di lavoro anche successivamente al 15° giorno di assenza. Inoltre, essa rappresenta il punto di partenza per la trasmissione dell’obbligatoria comunicazione di cessazione tramite modello Unilav, che deve avvenire entro cinque giorni dalla segnalazione.
Le alternative previste dal CCNL: licenziamento disciplinare e procedura ex art. 7
Molti contratti collettivi prevedono soglie più basse di assenza ingiustificata per legittimare il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo. In questi casi, la cessazione del rapporto non avviene per dimissioni implicite, ma attraverso la procedura disciplinare di cui all’art. 7 dello st. lav. (l. 300/1970).
Il Ministero sottolinea che si tratta di percorsi alternativi: il datore deve scegliere se procedere secondo quanto previsto dal CCNL o attivare le nuove disposizioni dell’art. 19, tenendo conto che alcuni contratti potrebbero disciplinare espressamente anche le dimissioni per fatti concludenti, indicando termini più favorevoli al lavoratore.
Dimissioni per giusta causa: quando il lavoratore prevale sul datore
Un aspetto particolarmente rilevante, chiarito dalla circolare, è la possibile interferenza tra dimissioni per fatti concludenti e successive dimissioni per giusta causa presentate telematicamente dal lavoratore. In questo caso, la seconda comunicazione – se trasmessa prima della conclusione dell’iter aziendale e adeguatamente comprovata dal lavoratore, sul quale ricade l’onere probatorio – prevale, rendendo inefficace la cessazione per assenza ingiustificata.
L’Inps, con la circolare n. 163/2003, ha stabilito che la dimissione per giusta causa è valida se accompagnata da adeguata documentazione. Se correttamente comunicata, consente anche l’accesso all’indennità di disoccupazione (NASpI), a prescindere dalla procedura attivata dal datore.
Obbligo di comunicazione e tutela del contraddittorio
Il datore che intende far valere l’assenza del lavoratore deve inoltrare all’Ispettorato una comunicazione dettagliata, indicando tutti i riferimenti di contatto forniti dal dipendente, e deve trasmettere copia della comunicazione anche a quest’ultimo. Tale adempimento, in particolare, garantisce il rispetto del diritto alla difesa previsto dall’art. 24 Cost..
La cessazione del rapporto ha effetto dalla data indicata nella comunicazione Unilav, che però non può essere anteriore a quella della segnalazione all’Ispettorato. Durante il periodo di assenza ingiustificata, non maturano né retribuzione né contributi, e l’azienda può trattenere dalle spettanze finali l’indennità sostitutiva del preavviso, se prevista.
Il lavoratore può evitare la cessazione? Sì, ma deve provarlo
La legge ammette una deroga alla risoluzione per dimissioni implicite nel caso in cui il lavoratore dimostri di non aver potuto giustificare tempestivamente l’assenza a causa di forza maggiore – ad esempio per un ricovero ospedaliero – o per impedimenti attribuibili al datore.
In tali ipotesi, il dipendente deve fornire prove concrete della sua impossibilità o dell'avvenuta comunicazione. Se l’Ispettorato rileva l’infondatezza della comunicazione del datore, quest’ultimo può essere ritenuto responsabile, anche penalmente, per dichiarazioni false.