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La lavatrice del vicino è rumorosa

La lavatrice del vicino è rumorosa
Deve essere adeguatamente provata l'intollerabilità del rumore prodotto dalla lavatrice del vicino avviata nelle ore tarde o destinate al riposo non essendo sufficiente la mera lamentela per il rumore prodotto.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22105 del 29 ottobre 2015, si è occupata di un interessante caso in materia di condominio e di rapporti tra vicini di casa.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un condomino aveva agito in giudizio al fine di condannare il convenuto al risarcimento del danno subito a causa dei rumori provenienti dall’abitazione del convenuto, il quale accendeva la lavatrice anche nelle ore destinate al riposo. Inoltre, il ricorrente chiedeva che tali rumori venissero “fatti cessare o quanto meno ricondotti entro la soglia di tollerabilità”.

Il Giudice di Pace, pronunciatosi in primo grado, rigettava la domanda proposta; tale sentenza veniva, inoltre, confermata Tribunale, il cui giudice non riteneva di dover considerare la frequenza e l’intensità del rumore prodotto dalla lavatrice in questione tale da poter essere “intollerabile”, come previsto ai sensi dell’art. 844 del c.c..

Il condomino, ritenendo le pronunce ingiuste, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, denunciando la violazione dell'art. 844 del c.c. in tema di “immissioni” ed evidenziando, tra l'altro, come “l'accertato superamento del limite di normale tollerabilità ormai acquisito in forza del consolidato orientamento della giurisprudenza induce a ritenere illecita in re ipsa l'immissione di rumore e l'esclusione di qualsiasi contemperamento di contrapposte esigenze”.

Secondo il ricorrente, dunque, il Tribunale avrebbe errato “nell'applicare alla fattispecie il concetto di "durata" dell'immissione rumorosa, quale presupposto di esclusione dell'illiceità dell'immissione stessa, in quanto, una volta accertato che l'immissione rumorosa sia superiore alla soglia dei 3 decibel, la durata costituisce solo un elemento di valutazione dell'entità del danno”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

La Cassazione, infatti, rilevava come “il limite di tollerabilità delle immissioni, a norma dell'art. 844 del c.c., non ha carattere assoluto, ma relativo, nel senso che deve essere fissato con riguardo al caso concreto, tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle abitudini della popolazione: il relativo apprezzamento, risolvendosi in un'indagine di fatto, è demandato al giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità, se correttamente motivato ed immune da vizi logici”.

Osservava la Corte, peraltro, come “i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica), pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell'ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 del c.c., delle emissioni, ancorchè contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica”.

In sostanza, secondo la Corte, anche se l’immissione rumorosa non supera i limiti fissati dalle varie disposizioni dettate a tutela dell’ambiente e delle esigenze della collettività, il giudice può comunque ritenerle “intollerabili” dal punto di vista civilistico, dal momento che tali disposizioni dettano solo dei criteri di partenza, che non sono comunque vincolanti per il giudice.

Nel caso di specie, il Tribunale aveva “accertato che la lavatrice oggetto di causa, quando lavorava a pieno carico e nella fase di centrifuga, superava il rumore di fondo di 3,5 decibel nelle ore diurne e di 4,5 nelle ore notturne, e ha dato atto che tali valori risultano superiori a quello di 3 decibel del rumore di fondo, normalmente individuato dalla giurisprudenza quale limite di tollerabilità delle immissioni rumorose”.

Il Giudice, tuttavia, aveva evidenziato, altresì, che l’attore non aveva “provato nè una frequenza particolarmente intensa nell'uso dell'elettrodomestico nè che i lavaggi avvenissero in orario notturno e di riposo pomeridiano”, giungendo, perciò, al rigetto della domanda proposta.

Pertanto, secondo la Cassazione, non avendo fornito materiale probatorio sul punto, il Tribunale aveva correttamente escluso che la lavatrice fosse “stata usata in orari notturni” e aveva escluso, con un giudizio che non poteva essere sindacato in sede di giudizio di Cassazione, che l’immissione rumorosa superasse la soglia della normale tollerabilità.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, confermando la sentenza resa dal giudice di secondo grado.


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