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Innaffiare le piante e far cadere l'acqua sul terrazzo del condomino del piano di sotto è reato

Innaffiare le piante e far cadere l'acqua sul terrazzo del condomino del piano di sotto è reato
Sono frequentissimi le liti in materia condominiale che sorgono a causa del comportamento disattento del condomino del piano superiore che, accidentalmente o meno, fa cadere materiali o oggetti sul terrazzo del piano di sotto, imbrattandolo.

In proposito, la Corte di Cassazione è recentemente intervenuta ancora una volta su questa materia, con particolare riferimento alla configurabilità del reato di “gettito pericoloso di cose”, di cui all’art. 674 del c.p..


In base a tale disposizione, “chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206”.

Ebbene, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15956 del 10 aprile 2016, si è trovata ad affrontare il caso, frequente, in cui il condomino, annaffiando le piante del proprio terrazzo, faccia cadere dell’acqua e dei frammenti di terriccio nel terrazzo sottostante, rischiando di rovinarlo.

In questo caso, può ritenersi integrata la fattispecie di reato sopra descritta? E, dal punto di vista del diritto civile, è possibile chiedere il risarcimento del danno?

La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover dare risposta positiva: infatti, anche l’acqua o il terriccio lasciati cadere dal piano superiore nella proprietà sottostante in occasione dell’innaffiamento delle piante integra il reato di “gettito pericoloso di cose” di cui all’art. 674 del c.p..

Oltre che dal punto di vista penale, la condotta ha anche delle conseguenze dal punto di vista civile, dal momento che il soggetto che si veda danneggiato il proprio terrazza a seguito dello sgocciolamento proveniente dal piano superiore ha la possibilità di rivolgersi anche al giudice civile, in modo tale da ottenere un provvedimento che obblighi a cessare la condotta molesta ed anche a risarcire il danno causato.

La normativa di riferimento, in questo caso, è rappresentata dalle disposizioni del codice civile in materia di immissioni di cui all'art. 844 del c.c..

Tale articolo recita infattiil proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.

E’ evidente, dunque, che in questo caso la Corte di Cassazione ha ritenuto che il gocciolamento di acqua e di frammenti di terriccio dal terrazzo del condomino del piano superiore, che avevano imbrattato il terrazzo di proprietà altrui, integrava un’ipotesi di immissione che superava la soglia di “normale tollerabilità”.

Come facilmente intuibile, si tratta, infatti, di un parametro di valutazione piuttosto elastico, che il giudice potrà o meno ritenere integrato a seconda dei casi, in considerazione del luogo in cui l’immobile si trova e delle circostanze del caso concreto.

Laddove, peraltro, il giudice accertasse il superamento di tale soglia, egli potrebbe imporre o la cessazione della condotta lesiva o l’adozione di determinate misure (accorgimenti vari) che impediscano di arrecare danno al vicino.

Nel caso in cui, invece, in sede di domanda al risarcimento del danno, il giudice dovesse ritenere che il gocciolamento rappresenti un’immissione che non supera la soglia della “normale tollerabilità”, il condomino sarebbe tenuto a sopportarlo, senza poter avanzare alcuna pretesa di sorta.


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