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Immissioni rumorose e normale tollerabilitą

Immissioni rumorose e normale tollerabilitą
Secondo la Suprema Corte, la liceità dei rumori provenienti da un’attività produttiva deve essere valutata sulla base dei criteri dell’art. 844 c.c.
Con l’ordinanza n. 6906/2019, la Seconda Sezione Civile della Cassazione afferma che, nei rapporti tra privati, il criterio per stabilire quali siano le immissioni rumorose consentite è quello della normale tollerabilità di cui all’art. 844 del c.c.
La pronuncia trae origine dall’azione, proposta dinanzi al Tribunale di Viterbo,da alcuni soggetti nei confronti di una società, esponendo che dal salumificio di quest'ultima pervenivano nelle loro abitazioni rumori intollerabili, provocati dagli impianti di ventilazione/refrigerazione collocati lungo il muro perimetrale dello stabilimento. Chiedevano, pertanto, al giudice adito di voler ordinare la cessazione delle immissioni ovvero l'adozione delle misure idonee a mantenerle nei limiti della normale tollerabilità, nonché, in in ogni caso, la condanna della convenuta al risarcimento di tutti i danni subiti.
La domanda, previo espletamento di C.T.U., veniva accolta e la sentenza impugnata dalla società convenuta dinanzi alla Corte d’appello di Roma che però rigettava il gravame.
La società soccombente proponeva allora ricorso per cassazione sulla base di diversi motivi tra i quali rileva in particolare, in questa sede, la presunta violazione dell’art. 844 c.c.
Tale norma disciplina, com’è noto, la materia delle c.d. immissioni, cioè le propagazioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili, derivanti dal fondo del vicino. Le immissioni sono consentite - e il proprietario del fondo vicino non può impedirle - solo a condizione che non superino la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto che la sentenza della Corte d’Appello avesse correttamente applicato i principi di legge in tema di immissioni, avendo specificato che, in tale materia “non è applicabile la L. 26 ottobre 1995, n. 447, sull'inquinamento acustico, poiché tale normativa, come quella contenuta nei regolamenti locali, persegue interessi pubblici disciplinando, in via generale ed assoluta, e nei rapporti cd verticali fra privati e PA, i livelli di accettabilità delle immissioni sonore al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete”.
Invece - sempre secondo la Corte d’Appello - nei rapporti fra privati la disciplina delle immissioni moleste sulla proprietà altrui va rinvenuta nell'art. 844 c.c., alla stregua del quale, “quand'anche dette immissioni non superino i limiti basati dalle norme d'interesse generale, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice che tenga conto della particolarità della situazione concreta".
La Cassazione ha giudicato tali conclusioni pienamente condivisibili, ribadendo il principio secondo cui “le leggi ed i regolamenti che disciplinano le attività produttive e che fissano le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità in materia di immissioni perseguono interessi pubblici, disciplinando in via generale ed assoluta i livelli di accettabilità delle immissioni al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi (cfr. sent. Cass. 23754 del 2018, Cass. 2319 del 2011, Cass. n. 1151 del 2003). Ciò significa che il superamento di tali livelli è senz'altro illecito, mentre l'eventuale non superamento non può considerarsi senz'altro lecito, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità essere effettuato alla stregua dei principi stabiliti dall'art. 844 c.c.”.


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