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Immissioni illecite: è risarcibile la minore godibilità della vita?

Immissioni illecite: è risarcibile la minore godibilità della vita?
Secondo la Cassazione, il danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di un'abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti.
Se dagli appartamenti dei nostri vicini provengono delle immissioni illecite (art. 844 c.c.), abbiamo diritto ad essere risarciti? E, in caso di risposta affermativa, di quale danno possiamo chiedere il risarcimento?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20445 del 12 aprile 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, una condomina aveva agito in giudizio nei confronti di altri condomini, al fine di ottenere la condanna degli stessi al risarcimento dei danni subiti a causa delle immissioni di polveri, vapori e rumori, provenienti dai loro appartamenti.

Il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda della donna ma la sentenza era stata riformata in secondo grado.

Osservava la Corte d’appello, in particolare, che il danno da immissioni è risarcibile solo se risulta provato che dalle immissioni in questione sia derivata una lesione della salute, “non essendo risarcibile la minore godibilità della vita”.

Precisava la Corte d’appello, dunque, che la donna avrebbe dovuto produrre la documentazione sanitaria che comprovasse tale lesione e chiedere l’espletamento di una consulenza tecnica medico-legale.

Ritenendo la decisione ingiusta, la condomina aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione alla ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Secondo la Cassazione, infatti, la Corte d’appello, nel rigettare la domanda risarcitoria avanzata dalla condomina, avrebbe determinato la violazione del suo diritto alla salute (art. 32 Cost.) e non avrebbe tenuto in adeguata considerazione l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, in base al quale “il danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di un'abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti” (Cass. civ., Sezioni Unite, sent. n. 2611 del 01.02.2017).

Di conseguenza, secondo la Cassazione, il danno subito non doveva necessariamente essere provato mediante un accertamento medico-legale ma poteva essere provato anche per “presunzioni o sulla base delle nozioni di comune esperienza”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dalla condomina e, pronunciandosi nel merito della questione, condannava i condomini convenuti in giudizio al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente, che venivano liquidati nella somma di Euro 10.000,00.



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