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Greta Thunberg condannata per resistenza alla polizia: in Italia la pena sarebbe stata più severa?

Greta Thunberg condannata per resistenza alla polizia: in Italia la pena sarebbe stata più severa?
Greta disobbedisce alla Polizia durante una protesta e viene condannata da un tribunale svedese a pagare 2500 corone svedesi. Cosa le sarebbe successo in Italia? Quali sono le regole per una protesta civile?
Pochi giorni fa, l’attivista svedese per il clima Greta Thunberg è stata condannata da un tribunale del suo Paese a pagare una multa da 2.500 corone svedesi (oltre 216 euro) per resistenza alla polizia durante una protesta a favore dell’ambiente, svoltasi il mese scorso dinanzi ad un impianto petrolifero. Durante la protesta del 19 giugno, la 20enne, con l’aiuto di altri attivisti, aveva bloccato l'accesso stradale a un terminal petrolifero di Malmo, impedendo ai camion che trasportavano combustibile di accedere all'impianto. I giovani sono stati accusati di aver disobbedito all'ordine di disperdersi arrivato dalla polizia, durante la protesta, per consentire lo sgombero della strada e il passaggio del camion di combustibili.

La sentenza non ha però fermato l’attivista né gli altri sei giovani manifestanti che, poche ore dopo il processo, sono tornati al porto di Malmo per innalzare un nuovo posto di blocco, per poi essere rimossi con la forza dalla polizia. "Non possiamo salvare il mondo rispettando le regole", ha detto la Thunberg ai giornalisti dopo aver ascoltato il verdetto, giurando che "sicuramente non" si tirerà indietro.

Cosa sarebbe accaduto a Greta in Italia?
Diversamente dal sistema svedese, in Italia l’atteggiamento passivo di Greta, colpevole di avere eseguito un sit-in dinanzi allo stabilimento petrolifero, disobbedendo all’ordine della polizia, non integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale previsto dall’art 337 del nostro codice penale. Ciò in quanto l’opposizione all’operato delle forze dell’ordine è avvenuta senza l’utilizzo di condotte violente o minacciose, che sono invece necessarie ai fini dell’integrazione del reato.
Tuttavia, secondo una recente giurisprudenza della V Sez. penale della Corte di Cassazione, sent. n. 16149/2022, la condotta della giovane integra il reato di violenza privata ex art. 610 c.p. in quanto, forte della presenza di più persone, ha ostacolato l’accesso e il transito verso lo stabilimento ai camion contenenti combustibile. In questo caso non c’è violenza fisica ma una “violenza psicologica” nei confronti dei trasportatori, che potrebbero sentirsi “psicologicamente pressati” ad interrompere la propria attività lavorativa, come conseguenza della manifestazione. In Italia, in casi simili, sono stati condannati per violenza privata i manifestati No Tav del 2014.

Quando protestare è illegale?
L’articolo 17 della Costituzione garantisce a tutti i cittadini il diritto di manifestare il proprio pensiero, pacificamente e senza armi, in un luogo pubblico (la piazza, la strada, i giardini comunali) o aperto al pubblico (bar, supermercati, cinema, ristoranti).
Tuttavia, mentre per le manifestazioni in luoghi aperti al pubblico non si riscontrano particolari problemi, in quanto tali luoghi possono contenere un numero abbastanza ristretto di persone, le cose cambiano per le manifestazioni in luoghi pubblici. Queste ultime non possono essere improvvisate, in quanto ciò comporterebbe grossi rischi per la sicurezza pubblica. Affinché il corteo sia legale, la Questura del luogo deve essere avvisata almeno 3 giorni prima della manifestazione. Inoltre, vanno specificati: luogo preciso, data, orario e motivo della manifestazione, oltre alle generalità degli organizzatori e di chi prenderà parola.
La mancata comunicazione della manifestazione alla Questura comporta la violazione dell’art. 18 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza). I promotori dell’iniziativa rischiano l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda da 103 a 413 euro.
Il corteo è, inoltre, illegale quando si rileva la presenza di armi. Le uniche manifestazioni autorizzate sono quelle pacifiche e senza armi.

Ancora, nel caso in cui i manifestanti blocchino le pubbliche strade o la corsa di un treno mettendosi tra i binari, costringendo i mezzi pubblici a fermarsi, con conseguenti disagi per i cittadini, può scattare il reato di interruzione di pubblico servizio ex art. 340 c.p..


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