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Graffiti alla Galleria Vittorio Emanuele II a Milano: si tratta di street art? Cosa rischiano i writers che scrivono sui muri?

Graffiti alla Galleria Vittorio Emanuele II a Milano: si tratta di street art? Cosa rischiano i writers che scrivono sui muri?
In tre imbrattano la Galleria in Piazza Duomo, suscitando l'indignazione dei passanti. Ma i graffiti sono illegali? Scopriamolo insieme
Nella serata del 7 agosto, la celebre Galleria Vittorio Emanuele di Milano, costruita nel 1865 ed inaugurata nel 1877, è stata oggetto degli atti vandalici di tre writers. Dopo le 22 circa, tre ignoti, vestiti di nero, sono riusciti a salire sulla struttura, probabilmente attraverso un locale vicino, e hanno imbrattato il frontone con scritte e graffiti. Il tutto accadeva sotto lo sguardo stupito e indignato dei passanti e i video dell'accaduto non hanno tardato ad arrivare sui social.
Sul posto intervenivano i Vigili del Fuoco, che salivano in cima per verificare i danni, nonché la Polizia Locale e la Digos. Tuttavia, i responsabili dell'accaduto riuscivano a fuggire dai tetti, ma sono in corso le indagini per individuarli.
Allo sdegno dei cittadini si è unito quello dei politici, come il Ministro Salvini o il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che auspicano punizioni per gli autori dell'atto vandalico.

Ma cosa rischia, concretamente, chi fa i graffiti? Spesso, quelle degli street artist sono vere e proprie opere d'arte, eppure scrivere sui muri non è legale. Scopriamo cosa prevede il Codice Penale.
La norma di riferimento, anche in seguito all'intervento del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, che ha modificato l'art. 635 del Codice Penale, depenalizzando il "danneggiamento semplice", è l'art. 639 del Codice Penale
In particolare, ai sensi di tale norma, chi "deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 103".
Inoltre, ai sensi del secondo comma dell'art. 639 del Codice Penale, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 300 ad euro 1.000, se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati. In questi casi, il reato è procedibile d'ufficio, non occorrendo la querela della persona offesa dal reato.
Ancora, l'art. 639, comma 3 del Codice Penale prevede che, nelle ipotesi di cui al secondo comma, nel caso di recidiva, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro.
Con l'art. 16, comma 1, del D.L. 20 febbraio 2017, n. 14, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 aprile 2017, n. 48 è stato poi aggiunto all'art. 639 del Codice Penale un ultimo comma, che prevede che "con la sentenza di condanna per i reati di cui al secondo e terzo comma il giudice, ai fini di cui all’articolo 165, primo comma, può disporre l’obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi ovvero, qualora ciò non sia possibile, l’obbligo di sostenerne le spese o di rimborsare quelle a tal fine sostenute, ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate nella sentenza di condanna".

Relativamente al deturpamento e imbrattamento di cose altrui, occorre sapere che, sino al 2022, l'art. 639 del Codice Penale prevedeva, al secondo comma, la pena della reclusione da tre mesi a un anno e la multa da 1.000 a 3.000 euro, se il fatto era commesso su cose di interesse storico o artistico. Tale periodo è poi stato soppresso dal DDL Franceschini-Orlando, che ha inserito, nel libro II del Codice Penale, il titolo VIII-bis, dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale.
In particolare, tra i delitti inseriti dalla legge 9 marzo 2022, n. 22, vi è quello punito dall'art. 518 duodecies del Codice Penale. Tale norma prevede la reclusione da due a cinque anni e la multa da euro 2.500 a euro 15.000 per chi distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui.
Per chi, invece, "fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità", è prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 1.500 a euro 10.000.
Anche secondo tale norma, la sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi o all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

Questo è quanto previsto dal nostro Codice Penale per chi scrive sui muri o realizza graffiti. Secondo tale normativa, quindi, verranno puniti, una volta individuati, i responsabili degli atti vandalici ai danni della Galleria Vittorio Emanuele.
Se quindi vi stuzzica l'idea di scrivere una frase o fare un disegno su una parete, su un edificio o anche su un mezzo di trasporto non fatelo, onde evitare di essere perseguiti penalmente.


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