Con l'
ordinanza n. 25495 del 17 settembre 2025, la
Prima Sezione civile della Su prema Corte ha, innanzitutto, chiarito una distinzione che spesso genera confusione anche tra gli addetti ai lavori. L'
assegno di mantenimento, quello che si riconosce durante la separazione, è fondato sulla persistenza del dovere di assistenza materiale e morale tra i coniugi. Questo tipo di assegno è
strettamente collegato al tenore di vita mantenuto durante il matrimonio e deve tendenzialmente garantirne la conservazione, anche se non può estendersi fino a comprendere ciò che il richiedente è effettivamente in grado di procurarsi autonomamente.
L'assegno di divorzio, invece, opera in un contesto completamente diverso. Esso presuppone lo scioglimento definitivo del vincolo e che gli ex coniugi intraprendano una vita completamente autonoma. In questo scenario, resiste soltanto un vincolo di solidarietà post-coniugale, caratterizzato da una più forte rilevanza dell'autoresponsabilità che, a causa del divorzio, diventa strettamente individuale. La conseguenza pratica è che entrambi gli ex coniugi sono tenuti a procurarsi i mezzi necessari per vivere autonomamente e con dignità, senza poter più fare affidamento sulle risorse dell'altro se non in casi specifici e limitati.
Quando scatta il diritto all'assegno: i criteri della Cassazione
La funzione assistenziale dell'assegno di divorzio è, quindi, sostanzialmente diversa da quella dell'assegno di separazione e non risponde all'esigenza di perequare sempre e in ogni caso la disparità economica tra le parti. Secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, di esigenza assistenziale può parlarsi esclusivamente quando l'ex coniuge si trovi in una situazione di effettiva indigenza: deve essere privo di risorse economiche sufficienti per soddisfare le normali esigenze di vita in maniera tale da vivere autonomamente e dignitosamente, e non deve poter concretamente procurarsele nonostante un ragionevole sforzo.
Il parametro di riferimento è, quindi, molto rigoroso: non basta una semplice disparità economica tra gli ex coniugi, ma occorre dimostrare che uno dei due non può affrontare autonomamente il percorso di vita successivo al divorzio, malgrado tutti i ragionevoli sforzi che gli si possono richiedere. Questa impostazione riflette l'evoluzione della società moderna, dove l'autoresponsabilità economica è considerata un principio fondamentale per tutti gli adulti, indipendentemente dal loro stato civile precedente.
L'estensione alle unioni civili
La novità rivoluzionaria dell'
ordinanza n. 25495 risiede nell'
estensione di questi principi alle unioni civili. La Cassazione ha, infatti, stabilito che tutti i criteri elaborati per l'assegno divorzile sono senz'altro validi anche per l'assegno richiesto dopo lo scioglimento dell'unione civile. La motivazione affonda le radici nei principi costituzionali più profondi: l'unione civile, quale "
specifica formazione sociale ai sensi degli articoli art. 2 Cost. e art. 3 Cost. della Costituzione", benché rappresenti un istituto diverso dall'archetipo del matrimonio e dal paradigma della
famiglia come
società naturale, è comunque espressione di una comunità degli affetti nel disegno pluralistico dei modelli familiari contemporanei.
La Suprema Corte ha sottolineato come la trama aperta del testo costituzionale elevi la
solidarietà a valore comune a tutte le formazioni sociali, manifestandosi precipuamente in quelle che nascono da una relazione affettiva stabile e proiettata verso il futuro, creando una piccola comunità di affetti e vita comune. Questa interpretazione estensiva tiene conto del fatto che
anche nelle unioni civili possono esserci figli, biologici o acquisiti attraverso la stepchild adoption (
adozione del figlio dell'altro partner), a maggior ragione quando l'unione è costituita da due donne o coinvolge soggetti anziani di cui prendersi cura.
Tali situazioni rendono ancora più facilmente applicabili i criteri compensativi già elaborati dalla giurisprudenza in relazione ai compiti svolti da ciascuno all'interno della formazione sociale e alle ragioni per le quali sono state operate scelte che hanno comportato rinunce professionali o di carriera per il bene comune della coppia.