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Diritto d'autore: diritto di opzione sulle opere future dell'autore

Diritto d'autore: diritto di opzione sulle opere future dell'autore
Può l'editore riservarsi i diritti sulle future opere dell'autore? Se si, in che modo?
È molto frequente nella pratica contrattuale l’ipotesi che un editore cerchi in qualche modo di assicurarsi anche le opere future dell’autore con cui conclude un contratto, e ciò in previsione della notorietà che, con quell’opera, lo stesso autore potrebbe conseguire.
Per perseguire tale finalità, gli editori sono soliti inserire nel documento contrattuale due diverse tipologie di clausole, e precisamente una clausola di opzione ovvero una clausola di prelazione.

Prima di affrontare il tema specifico della clausola di opzione, si ritiene opportuno precisare che elemento essenziale del contratto di edizione è la circostanza che la riproduzione e la diffusione dell'opera avvengano per conto e a spese dell'editore.
Qualora tale condizione dovesse mancare, si rende necessario, di volta in volta, individuare e qualificare il tipo di negozio voluto dalle parti nell'esercizio dei loro poteri di autonomia contrattuale.
Classico esempio che può farsi è quello del contratto con il quale l'autore di un'opera letteraria, assumendo su di sé ogni spesa necessaria, dia incarico ad uno stampatore di stampare, pubblicare e vendere l'opera.
Nel caso di specie, infatti, più che la disciplina del contratto di edizione, si ritiene applicabile la diversa disciplina del contratto di appalto, con l’evidente conseguenza che i diritti di autore sull'opera non si trasferiscono allo stampatore, ma rimangono di spettanza dell'autore (in tal senso, Pretura Verona 14 marzo 1985).

Il contratto di edizione, inteso nel senso sopra detto, trova esaustiva regolamentazione agli artt. 118 e ss. della Legge sulla protezione del diritto d'autore (Legge 22 aprile 1941 n. 633).
In particolare, tale contratto può essere stipulato " per edizione " ovvero “a termine ": con il primo tipo (contratto per edizione) si consegue il diritto di vedere pubblicata, per accordo tra le parti, una o più edizioni dell'opera, mentre col secondo tipo (contratto di edizione a termine) l’editore consegue una libera e, di regola, insindacabile scelta sul numero delle edizioni da pubblicare entro il termine convenuto.

È importante, a tal proposito, prestare attenzione a quanto disposto dall’art. 122 della legge d. autore, al fine di non incorrere in una nullità contrattuale.
Infatti, mentre nel caso del contratto per edizione se il numero di copie da pubblicare non viene fissato contrattualmente, è prevista una sua determinazione ex lege (che il quarto comma dell’art. 122 fissa in via presuntiva in un numero minimo di 2000 copie), nella seconda tipologia contrattuale (il contratto a termine), la mancanza di un numero minimo di esemplari dedotti nel contratto ne provoca la nullità, senza che sia consentito alle parti alcuna deroga a tale precetto rigorosamente imposto dal legislatore.

Detto questo, leggendo con attenzione la Sezione della legge sul diritto di autore dedicata al contratto di edizione, ci si accorge di quanto sia stato lungimirante il legislatore dell’epoca, in quanto, consapevole dell’estrema importanza e delicatezza dei diritti che formano oggetto di tale contratto (in particolare dal lato dell’autore), ha voluto e saputo anticipare con il precetto di cui al terzo comma dell’art. 119 della legge d. autore eventuali prevaricazioni ed abusi che l’editore potrebbe porre in essere a danno dell’autore dell’opera, disponendo espressamente che il consenso delle parti, anche se espresso formalmente, è inefficace quando comporti la disposizione ora per allora di diritti futuri, per i quali l’introduzione di leggi posteriori potrebbero prevedere una maggiore protezione del diritto di autore.
È facile intravedere in tale disposizione non soltanto una compressione dell’autonomia contrattuale, ma anche un particolare favor del legislatore nei confronti dell’autore dell’opera, probabilmente consapevole del fatto che costui rappresenta nella gran parte dei casi la parte debole di tale rapporto contrattuale.

Tuttavia, la compressione dell’autonomia contrattuale delle parti si riespande proprio quando la stessa legge sul diritto di autore permette la disponibilità di diritti che attengono alle opere che non sono state ancora create, così configurando una vera e propria aspettativa giuridica convenzionalmente pattuita.
Tale facoltà trova espressa disciplina all’art. 120 della Legge n. 633/1941, ed è proprio nell’ambito di essa che può inquadrarsi il diritto di opzione che gli editori impongono all’autore in sede di stipula del contratto di edizione.
La clausola attributiva di tale diritto, pertanto, non può che soggiacere ai limiti espressamente previsti dall’art. 120, e precisamente sarà da considerare nulla se pattuita senza la determinazione di alcun limite temporale (così il n. 1), mentre nell’ipotesi in cui dovesse essere convenuto un termine superiore ai dieci anni, tale termine si ridurrebbe ex lege a 10 anni per effetto di quel particolare meccanismo legale che si definisce di “inserzione automatica di clausole”, disciplinato dall’art. 1339 del c.c. (tale norma dispone che tutte le clausole imposte dalla legge devono intendersi di diritto inserite nel contratto anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti).


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