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Contratto di affitto non registrato 2025, l’inquilino ha diritto al rimborso dei canoni versati e il contratto è nullo

Contratto di affitto non registrato 2025, l’inquilino ha diritto al rimborso dei canoni versati e il contratto è nullo
In caso di affitto senza registrazione, il contratto è nullo. Scopriamo che cosa prevede la legge e quali sono le conseguenze per inquilini e locatori
Le norme vigenti - in particolare l'art. 1, comma 346 della legge finanziaria 2005, insieme all'art. 17 del D.P.R. 131/1986 - stabiliscono che ogni contratto di locazione a uso abitativo o commerciale, nel gergo comune detto contratto "di affitto", vada stipulato in forma scritta e registrato presso l'Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla firma. Fanno eccezione i contratti che non superano la durata di 30 giorni complessivi all'anno (locazione turistica).

La registrazione garantisce data certa, validità e piena efficacia del contratto nei confronti dei terzi, tutelando locatore e inquilino e rendendo noto il contenuto al Fisco, al fine di garantire che siano versate le imposte dovute.

Al di là delle conseguenze sanzionatorie previste per la mancata registrazione, l'art. 1 della legge 311/2004 dispone che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari oppure di loro porzioni, sono nulli se - ricorrendone i presupposti - non sono registrati. Dello stesso avviso la Corte di Cassazione che, già nel 2017, con la sentenza n. 23601, aveva rimarcato che la mancata registrazione della locazione di immobili espone le parti alla nullità del contratto.

Giuridicamente un contratto nullo è un contratto che viene considerato come se non fosse mai venuto ad esistenza, ossia privo di ogni effetto. Ecco perché l'inquilino potrà sia rifiutare legittimamente di pagare il canone di locazione che chiedere, entro sei mesi dal rilascio dell'immobile, il rimborso dei canoni versati in base a quanto pattuito nel contratto non registrato.

Infatti, in un'altra decisione della Suprema Corte, la n. 25503/2016, si è spiegato che - in tali circostanze - si applica l'art. 2033 del c.c. sull'indebito oggettivo, secondo cui colui che ha effettuato un pagamento non dovuto ha diritto di riavere indietro il valore economico di ciò che ha versato. In sostanza, la stessa nullità del contratto rende indebito il pagamento già eseguito.

Non solo. In caso di contratto nullo non vale la clausola legale della sua durata minima: conseguentemente, l'inquilino potrà abbandonare la casa e andarsene anche immediatamente, senza dover fornire un preavviso e senza necessità di una giusta causa. Parallelamente, il proprietario potrà chiedere in ogni tempo il rilascio dei locali, senza bisogno di aspettare che scada il termine di durata della locazione di cui al contratto non registrato.

Sul piano economico ci sono, però, le conseguenze più significative. Infatti la nullità del contratto comporterà, per il proprietario, l'impossibilità di sollecitare il versamento degli eventuali canoni non versati con la procedura per decreto ingiuntivo. Al contempo, il locatore non potrà neanche intraprendere l'iter di sfratto per liberare l'immobile, trovandosi costretto a ripiegare verso la causa ordinaria per occupazione abusiva. Tuttavia, il proprietario avrà diritto a essere indennizzato per il periodo di occupazione dell'immobile e per l'uso dei locali da parte dell'inquilino, perché altrimenti si configurerebbe un arricchimento ingiustificato.

Come affermato dall'ordinanza della Cassazione n. 36254/2021, la misura dell'indennizzo - valevole sia per le locazioni abitative che per quelle commerciali - sarà comunque minore di quella del canone originariamente pattuito. In sintesi, al giudice civile il locatore potrà chiedere il riconoscimento del diritto al pagamento dell'indennità di occupazione (dalla Corte Costituzionale definita un equo indennizzo nella sentenza 238/2017). Il suo importo sarà fissato dallo stesso magistrato e quantificato in base alla durata dell'occupazione e alla tipologia di immobile.

La possibile soluzione al problema della citata nullità - anche per regolarizzare la situazione sul fronte fiscale - è la registrazione tardiva del contratto, da parte del proprietario. Il rovescio della medaglia è, però, che quest'ultimo dovrà pagare le sanzioni dovute pur al contempo sanando il vizio del contratto, con effetto retroattivo ai fini civili. In termini pratici, ciò significa che l'inquilino sarà finalmente obbligato a rispettare le pattuizioni contrattuali di cui all'accordo originario, ora registrato alle Entrate, e - conseguentemente - dovrà pagare le quote di canone di cui al contratto registrato in ritardo. Tale registrazione, infatti, sana la nullità e quindi ne elimina gli effetti.

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