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Il condomino può aprire un cancello che colleghi il proprio appartamento al cortile condominiale?

Il condomino può aprire un cancello che colleghi il proprio appartamento al cortile condominiale?
Il singolo condomino non può costituire sulla cosa comune una servitù a vantaggio della cosa propria, essendo richiesto il consenso di tutti i proprietari.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3345 del 12 febbraio 2018, si è occupata di un’interessante questione in materia condominiale.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista una condomina, la quale aveva agito in giudizio nei confronti della vicina di casa, al fine di veder accertato che la stessa non aveva diritto ad accedere al cortile condominiale tramite un cancello, che era stato dalla medesima aperto per collegare il suo appartamento al cortile.

La domande della condomina era stata accolte in primo grado ma rigettate in grado d’appello, in quanto il giudice riteneva che l’uso del cortile comune fosse compatibile con quanto stabilito dall’art. 1102 c.c., dal momento che il passaggio “attraverso il cancello pedonale dalla proprietà esclusiva sino al piazzale condominiale (ove la stessa è condomina), non intralcia(va) l'utilizzazione del cortile degli altri condomini”.

Ritenendo la decisione ingiusta, la condomina aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Osservava la ricorrente, in particolare, che il giudice d’appello non avrebbe dato corretta applicazione all’art. 1102 c.c.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle considerazioni svolte dalla condomina, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Precisava la Cassazione, in proposito, che il contestato cancello pedonale metteva in comunicazione tra loro una proprietà esclusiva della condomina con il cortile condominiale.

Di conseguenza, il cancello consentiva il collegamento “tra un'area condominiale ed una proprietà estranea al condominio stesso”, da non confondersi con un'altra unità immobiliare appartenente alla stessa condomina.

Ebbene, precisava la Corte che, ai sensi dell’art. 1059 c.c., “al singolo condomino non è consentito costituire sulla cosa comune una servitù a vantaggio della cosa propria, essendo richiesto per la costituzione della servitù il consenso (negoziale) di tutti i partecipanti”.

In sostanza, dunque, secondo la Corte, il condomino non può costituire un diritto di servitù sulla cosa comune, in quanto il relativo potere “rientra tra quelli inerenti al diritto di condominio”.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, il fatto che la condomina in questione partecipi al condominio, “e perciò abbia al pari degli altri condomini libero accesso al cortile condominiale, non le attribuisce il potere di asservire tale bene comune al diverso ed adiacente altro suo immobile, che di tale condominio non fa parte”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dalla condomina, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima procedesse ad un nuovo esame della questione.


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