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Il condomino non può occupare interamente i locali di proprietà comune

Il condomino non può occupare interamente i locali di proprietà comune
Il condomino può utilizzare i beni di proprietà comune, a condizione che ne venga rispettata la destinazione economica e che non venga impedito agli altri condomini di farne parimenti uso.
Se un condomino occupa integralmente un locale di proprietà comune, gli possiamo muovere un rimprovero giuridicamente fondato?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15705 del 23 giugno 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Trieste aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale di Udine aveva rigettato la domanda formulata da due condomini, volta ad ottenere la rimozione degli oggetti e/o delle attrezzature di proprietà di uno studio odontoiatrico - condomino del medesimo stabile – che erano state depositate nella centrale termica di proprietà condominiale. I condomini, inoltre, avevano chiesto la condanna dei titolari dello studio odontoiatrico per l’occupazione abusiva della centrale termica stessa.

Secondo la Corte d’appello, in particolare, i convenuti non potevano essere considerati responsabili, in quanto la centrale termica era un locale condominiale ma la stessa era rimasta di fatto inutilizzata, in quanto i condomini avevano optato per l’utilizzo di sistemi di riscaldamento autonomo.

Pertanto, secondo la Corte d’appello, l’occupazione del locale in questione “era conforme alla destinazione e alla natura tecnica di quel vano”.

Ritenendo la decisione ingiusta, i condomini attori avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Osservavano i ricorrenti, in particolare, che la consulenza tecnica effettuata in corso di causa aveva effettivamente accertato che la centrale termica comune era stata interamente occupata dai convenuti, mediante il deposito di “attrezzature ed impianti fissi utilizzati per il sovrastante studio odontoiatrico”.

Inoltre, secondo i ricorrenti, era stata provata “l’impossibilità di un qualsiasi uso alternativo” del locale oggetto di contestazione da parte degli altri condomini, “proprio per effetto della sua completa occupazione imputabile alle controparti”.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di poter aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

La Cassazione evidenziava, infatti, che, ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è sottoposto a “a due fondamentali limitazioni, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condomini”.
In altri termini, ciascun condomino può utilizzare i beni comuni, purchè ne rispetti la destinazione economica e purchè non venga impedito agli altri condomini di utilizzare, parimenti, il bene stesso.

Precisava la Cassazione, peraltro, che l’uso della cosa comune non può mai tradursi nell’occupazione pressoché integrale della stessa, com’era accaduto nel caso di specie.

Pertanto, in caso di “stabile ed esclusiva occupazione del bene comune” da parte di un singolo condomino, il Giudice dovrà valutare “se ne sia alterata la destinazione” e “se vi sia compatibilità con il pari diritto degli altri partecipanti”.

Ebbene, nel caso di specie, poiché era stato accertato che i condomini convenuti in giudizio avevano integralmente occupato il bene comune, alterandone la destinazione economica (infatti, la centrale termica era stata adibita a deposito) e impedendo agli altri condomini di utilizzarlo, la Corte di Cassazione riteneva di dover accogliere il ricorso proposto dai ricorrenti, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.


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