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Commette reato il genitore che non paga l’assegno di mantenimento ma contribuisce solo alle spese sportive e sanitarie

Famiglia - -
Commette reato il genitore che non paga l’assegno di mantenimento ma contribuisce solo alle spese sportive e sanitarie
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13413 del 2016, è recentemente tornata sull’argomento dell’assegno di mantenimento a carico di un genitore nei confronti dell’altro.

Nel caso specifico, la Corte si è trovata ad esaminare un caso in cui il padre provvedeva a pagare le spese voluttuarie (quindi, non assolutamente indispensabili) del figlio residente presso la madre, ma non provvedeva alle sue primarie necessità di vita.

La madre, dunque, aveva chiesto al Tribunale la condanna dell’ex marito per il reato di “violazione degli obblighi di assistenza familiare”, di cui all'art. 570 del c.p., in base al quale “chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro”, proprio per il fatto di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore.

Mentre in primo grado il padre veniva condannato, in secondo grado la Corte d’Appello riformava la sentenza, in quanto, secondo la stessa, non poteva ritenersi provato che, dopo la cessazione del rapporto di convivenza con la madre, “non avesse corrisposto un serio e stabile contributo idoneo al mantenimento della figlia minore, adeguato a soddisfarne i bisogni primari”.
La Corte d’Appello, osservava, infatti, che il padre aveva versato somme di notevole entità e “aveva contribuito al pagamento di spese sanitarie (come quelle dentistiche) e di spese per la frequenza di attività sportive”.

Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione non ritiene di poter condividere le conclusioni a cui era giunta la Corte d’Appello e che avevano portato all’assoluzione dell’imputato.

Innanzitutto, la Corte di Cassazione precisa come l’art. 570 c.p. ha lo scopo di tutelare le “esigenze economiche dei familiari nell’ambito delle relazioni fra genitori e figli” e trova fondamento nella “nozione di stato di bisogno che, con riguardo ai figli minori, costituisce dato incontrovertibile e sussistente in re ipsa trattandosi di soggetti che, proprio perché tali, non sono in condizione di procacciarsi un reddito proprio”.
Ciò significa che il minore d’età, proprio in quanto tale, è considerato “soggetto in stato di bisogno”, dal momento che non può essere nelle condizioni di percepire un reddito.

Inoltre, secondo la Cassazione, è del tutto irrilevante che il padre abbia provveduto a pagare alcune spese sanitarie e sportive, dal momento che l’obbligo di assistenza familiare può dirsi correttamente adempiuto solo quando il genitore metta a disposizione del figlio minore imezzi di sussistenza nella qualità e nel valore fissato dal giudice.

Di conseguenza, se il giudice, in sede di separazione ha ritenuto opportuno imporre ad uno dei genitori di pagare una determinata somma per il mantenimento del figlio minore, il genitore stesso non può in alcun modo decidere autonomamente di sostituire “la somma di denaro, mensilmente dovuta a tale titolo, con "cose" o "beni" che, a suo avviso, meglio corrispondono alle esigenze del minore beneficiario”, in quanto “l’utilizzo in concreto della somma versata compete infatti al coniuge affidatario”.

Di conseguenza, il mancato rispetto di quanto previsto dal giudice al momento della separazione può essere sanzionato proprio ai sensi dell’art. 570 c.p.

Infatti, “il mancato versamento, protrattosi per anni, dell’assegno stabilito in favore della minore contraddice alla nozione stessa di adempimento dell’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza che non può che concretizzarsi con la messa a disposizione, continuativa, regolare e certa, che non lasci pause o inadeguatezze, dei mezzi economici in favore del genitore affidatario, responsabile immediato di una gestione ordinata delle quotidiane esigenze di sussistenza del minore o, quantomeno, in accordo, nei suoi contenuti, con il genitore affidatario”.

Il genitore, quindi, deve pagare l’assegno di mantenimento stabilito dal giudice al momento della separazione, mentre “il pagamento di spese voluttuarie, come quelle della piscina, o anche di spese sanitarie” è del tutto irrilevante, perché le stesse sono “inidonee all’adempimento dell’obbligo di assolvere, prioritariamente, a sollevare il minore dalle naturali e permanenti esigenze di sostentamento”.


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